Quinto ciclo
Anno
liturgico B (2014-2015)
Tempo
di Pasqua
Pentecoste
(24 maggio
2015)
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At
2,1-11; Sal 103; Gal 5,16-25;
Gv 15,26.27; 16,12-15
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O fuoco la
cui venuta è parola, il cui silenzio è luce! Fuoco che fissi i cuori
nell’azione di grazie” canta s. Efrem e la liturgia di oggi, con il canto al
vangelo, proclama: “Vieni, santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e
accendi in essi il fuoco del tuo amore”.
Con la festa
di Pentecoste si chiude il tempo pasquale. Il mistero pasquale si celebra nella
sua interezza proprio con l'invio dello Spirito Santo, il quale ci inserisce e
ci fa vivere nel Signore Gesù Cristo, morto e risorto per noi.
Gesù,
durante la festa delle Capanne, annunciatrice delle benedizioni messianiche,
aveva fatto una promessa: “Nell’ultimo
giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno
ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo
grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». Questo egli disse dello Spirito che
avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito,
perché Gesù non era ancora stato glorificato” (Gv 7,37-39). Aveva promesso
di inviarci il suo Spirito come fonte zampillante di vita eterna da dentro il
nostro cuore.
La promessa
si realizza nel giorno di Pentecoste con la discesa dello Spirito Santo
descritta con la doppia immagine delle lingue e del fuoco: “Apparvero loro lingue come di fuoco, che si
dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di
Spirito Santo” (At 2,3-4). E Gesù aveva anticipato: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la
verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito”
(Gv 16,13) e “Lo Spirito vi insegnerà
ogni cosa; vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26).
L’azione
dello Spirito è un’azione di memoria. Non però semplicemente di far venire alla
mente, di riportare alla mente. La memoria è collegata al fuoco, perché la
verità che costituisce la natura dello Spirito è la verità dello splendore
dell’amore del Padre e di Gesù per noi. E se Gesù dice che lo Spirito ci
guiderà a tutta la verità (nel testo greco, propriamente, è detto che ci guida
nella verità, stato in luogo e non alla verità, moto a luogo) vuol dire che la
guida dello Spirito non è tesa a farci raggiungere la verità, ma ad aprire ogni
evento della vita alla manifestazione della verità. In altre parole, in gioco è
la possibilità di vivere la nostra vita, dentro tutti gli eventi che la
caratterizzano, esteriori e interiori, nella logica dell’esperienza dell’amore
di Dio per noi, che nell’umanità di Gesù ha la sua manifestazione più totale.
Ogni evento può essere vissuto nell’esperienza dell’amore di Dio che ci
trascina nella sua dinamica di comunione con Lui e tra di noi. La guida dello
Spirito è tesa proprio a far sì che nessun evento ci impedisca l’esperienza di
questo amore; a far sì che ogni evento ci richiami a vivere la potenza di
quell’amore, che nulla può mortificare.
E quando si
sottolinea che lo Spirito dirà tutto ciò che ha udito, non si fa riferimento
alle semplici parole di Gesù che noi troviamo nei vangeli, ma al colloquio
eterno di Dio in se stesso a proposito della creazione e della salvezza
dell’uomo, scopo di tutta la creazione. Quel colloquio riguarda il destino di
comunione dell’uomo nella gioia dell’amore con il suo Dio, destino che si gioca
sull’immolazione dell’Agnello prima della fondazione del mondo (Ap 13,8). Lo
Spirito ha udito tutto quello che il Padre e il Figlio si dicono dall’eternità
nella condivisione del loro amore folle per l’uomo. Quella memoria incendierà nel nostro cuore, del contenuto di quella memoria incendierà il nostro cuore. Il fuoco
esprime appunto la cifra di quel colloquio, la condivisione di un segreto
capace di far ardere il cuore. Significa poter conoscere il mistero del Signore
Gesù in tutta la potenza di rivelazione dell’amore di Dio per l’uomo, nella
condivisione del suo segreto.
Oltre al
fuoco, l’immagine caratteristica della Pentecoste è quella delle lingue. Il
miracolo di pentecoste possiamo esprimerlo così: i vari idiomi si unificano in
un’unica lingua, la diversità si apre alla comunione e tutti comprendono la
stessa cosa. Ciò che accomuna, comunque, è solo l’opera di Dio riconosciuto nel
suo amore per gli uomini. Tutti mantengono la proprietà dei rispettivi
linguaggi, ma tutti esprimono l’identica cosa: i cuori parlano oramai un’unica
lingua, a differenza dell’esperimento della torre di Babele, quando gli uomini
parlavano l’unica lingua del dominatore di turno in ordine al sogno di
grandezza di qualche potente, ma i cuori erano schiavizzati, zittiti nella loro
lingua. É il miracolo operato nei cuori dallo Spirito quando li convince a
muoversi nella carità, aprendo la diversità alla comunione e facendo esperienza
che così viene proclamato l’amore di Dio che riempie i cuori. Riconoscere,
assecondare, favorire tale dinamica, significa aver ricevuto e agire nella
potenza dello Spirito Santo. E lo Spirito Santo non può che condurre alla
conoscenza del mistero del Signore Gesù che dell’amore di Dio per gli uomini è
il testimone per eccellenza.
L’unità
dell’opera di Dio si manifesta in quei frutti di cui Paolo attribuisce l’azione
allo Spirito: “Il frutto dello Spirito,
invece, è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà,
mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge” (Gal 5,22). Quei
frutti si possono interpretare così: i primi tre rivelano la partecipazione
all’umanità di Gesù perché di essi Gesù dice che sono suoi: ‘rimanete nel mio
amore, vi do la mia gioia, vi do la mia pace’; gli altri tre rivelano la radice
del cuore dove pescano i sentimenti: larghezza, senso e capacità di bene; gli
ultimi tre rivelano la modalità con cui tenere aperto il proprio vissuto
rispetto alla grazia dell’amore: fede, mitezza e vigilanza. Possiamo però
domandarci: perché quei frutti parlano dello Spirito, se lo Spirito è dato in
ordine alla missione nel mondo? Lo Spirito investe l’universo irradiando dal
centro delle persone; opera nel mondo a partire dalla trasfigurazione delle
persone. I frutti alludono alla realizzazione della vocazione all’umanità che
scaturisce dalla comunione con Dio, di cui Gesù ci fa partecipi nel suo Spirito
e che si riversa, in solidarietà con i suoi sentimenti, su tutti gli uomini,
destinatari come noi del suo amore misericordioso. La funzione perciò dello
Spirito è quella di farci ritrovare in Gesù, di renderci appartenenti a Gesù (“Io sono
la vite, voi i tralci” ... “rimanete
in me”) in quella umanità ormai aperta alla comunione con Dio, solidale con
lui e con gli uomini. Appena il cuore viene liberato dalle sue illusioni di
potenza o presunzioni di potere, torna a godere della sua umanità compiendone
gli aneliti e ritrovandosi solidale con tutti, in Gesù. E questo fa vivere ‘un
cuore solo e un’anima sola’ con i nostri fratelli, proprio come invochiamo
nella liturgia eucaristica: “dona la pienezza dello Spirito Santo perché
diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito” (Canone III).
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria
Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con
qualsiasi mezzo]
Prima Lettura At
2, 1-11
Dagli Atti degli Apostoli
Mentre stava
compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso
luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte
impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di
fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono
colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in
cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano
allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A
quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva
parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia,
dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai
ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi,
Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto
e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della
Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e
Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 103
Manda il tuo Spirito, Signore, a
rinnovare la terra.
Benedici il
Signore, anima mia!
Sei tanto
grande, Signore, mio Dio!
Quante sono
le tue opere, Signore!
Le hai fatte
tutte con saggezza;
la terra è
piena delle tue creature.
Togli loro
il respiro: muoiono,
e ritornano
nella loro polvere.
Mandi il tuo
spirito, sono creati,
e rinnovi la
faccia della terra.
Sia per
sempre la gloria del Signore;
gioisca il
Signore delle sue opere.
A lui sia
gradito il mio canto,
io gioirò
nel Signore.
Seconda Lettura
Gal 5, 16-25
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Gàlati
Fratelli,
camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio
della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha
desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi
non fate quello che vorreste.
Ma se vi
lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben
note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria,
stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni,
invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi
preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio.
Il frutto
dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà,
fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è Legge. Quelli che
sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi
desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.
Sequenza
Vieni, Santo
Spirito,
manda a noi
dal cielo
un raggio della
tua luce.
Veni, Sancte
Spíritus,
et emítte
cǽlitus
lucis tuæ rádium.
Vieni, padre
dei poveri,
vieni,
datore dei doni,
vieni, luce
dei cuori.
Veni, pater páuperum,
veni, dator múnerum,
veni, lumen córdium.
Consolatore
perfetto,
ospite dolce
dell'anima,
dolcissimo
sollievo.
Consolátor óptime,
dulcis hospes ánimæ,
dulce refrigérium.
Nella
fatica, riposo,
nella
calura, riparo,
nel pianto,
conforto.
In labóre
réquies,
in æstu
tempéries,
in fletu solácium.
O luce
beatissima,
invadi
nell'intimo
il cuore dei
tuoi fedeli.
O lux beatíssima,
reple cordis íntima
tuórum fidélium.
Senza la tua
forza,
nulla è
nell'uomo,
nulla senza
colpa.
Sine tuo
númine,
nihil est in
hómine
nihil est innóxium.
Lava ciò che
è sordido,
bagna ciò
che è arido,
sana ciò che
sanguina.
Lava quod est sórdidum,
riga quod est áridum,
sana quod est sáucium.
Piega ciò
che è rigido,
scalda ciò
che è gelido,
drizza ciò
ch'è sviato.
Flecte quod est rígidum,
fove quod est frígidum,
rege quod est dévium.
Dona ai tuoi
fedeli
che solo in
te confidano
i tuoi santi
doni.
Da tuis fidélibus,
in te confidéntibus,
sacrum septenárium.
Dona virtù e
premio,
dona morte
santa,
dona gioia
eterna.
Da virtútis méritum,
da salútis éxitum,
da perénne gáudium.
Vangelo Gv 15,
26-27; 16, 12-15
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi
manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà
testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin
dal principio.
Molte cose
ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché
non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le
cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo
annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che
prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».