Quinto ciclo

Anno liturgico B (2014-2015)

Tempo di Pasqua

 

Ascensione

(17 maggio 2015)

 

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At 1,1-11;  Sal 46;  Ef 4,1-13;  Mc 16,15-20

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La tradizione comune della Chiesa ha sempre collegato l’ascensione di Gesù con la visione della nostra futura assunzione nella gloria, come proclama la colletta: “Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria”. Afferma Leone Magno: “l`Ascensione di Cristo è quindi la nostra stessa elevazione e là dove ci ha preceduti la gloria del capo, è chiamata altresì la speranza del corpo”.

La liturgia di oggi, come salmo responsoriale, canta il salmo 46, salmo che profetizza l’ascensione di Gesù. Ma quando si vuol descrivere l’evento nella sua drammatizzazione liturgica si fa uso del salmo 23 dove, incalzanti, si susseguono le grida dei custodi delle porte celesti: “Chi è questo re della gloria? … Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antichi ed entri il re della gloria”. Gli angeli si chiedono – è Gregorio Nazianzeno a spiegare -: Egli non appartiene alla carne e al sangue: come mai le sue vesti sono rosse, simili a quelle di uno che pigia un tino traboccante? Allora tu mostrerai loro la veste del suo corpo, abbellita dagli ornamenti della passione e della divinità, che non ha mai brillato di tanto amore e di tanta bellezza.

E Ambrogio commenta: “Angeli e arcangeli lo precedevano, ammirando il bottino fatto sulla morte. Sapevano che niente di corporeo può accedere a Dio e tuttavia vedevano il trofeo della croce sulla sua spalla: era come se le porte del cielo, che l’avevano visto uscire, non fossero più abbastanza grandi per riaccoglierlo. Non erano mai state a misura della sua grandezza, ma per il suo ingresso di vincitore occorreva una via più trionfale: davvero non aveva perso nulla ad annientarsi!”

Ecco: il senso dell’ascensione sta tutto in questo riportare l’umanità nella gloria di Dio. È la nostra storia che è assunta in Dio; Dio parla alla nostra storia e la nostra storia parla di Dio. Sarà direttamente a partire da questa percezione che gli apostoli, come termina il vangelo di Marco, “Allora essi partirono e predicarono dappertutto”. A tutti è dovuta la storia dell’amore del nostro Dio, perché tutti sono stati creati a partire da quell’amore e tutti sono chiamati a godere di quell’amore.

Nella presentazione dell’evento secondo la narrazione degli Atti degli apostoli, è caratteristico che i discepoli, ad arco terreno di vita di Gesù ormai concluso, chiedano ancora: “Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?”. E si sentono rispondere: “Non spetta a voi conoscere … ma riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni …”. Il tempo della nostra vita, il tempo della Chiesa, non è il tempo per stare a vedere gli esiti promessi, non è il tempo per spiare come si realizzano le promesse; è il tempo della testimonianza, vale a dire è il tempo in cui far vedere la grandezza dell’amore di Dio, manifestato in Gesù, che tutti riguarda. Non solo nel senso che riguarda tutti singolarmente, ma che riguarda tutti nel modo di stare insieme, nel modo di vivere quella comunione d’amore che renda presente e percepibile la grandezza dell’amore di Dio.

Per questo, s. Paolo può dichiarare: “Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose”. L’affermazione però non ha un sapore di un dato di fatto semplicemente, ma costituisce l’indicazione del movimento di rivelazione di Gesù, proprio come commentava s. Ambrogio: “ … davvero non aveva perso nulla ad annientarsi”. Scendere comporta il non preferire nulla all’amore, il non vincolarsi a nulla per non perdere la grazia dell’amore e gustare la comunione con Dio che ci vuole tutti alla sua mensa. Solo chi scende può ascendere.

In questa ‘discesa’ va collocato il contesto della missione alle genti con  l'assicurazione della presenza costante del Signore. Quando Gesù, nell'ultima cena, aveva ricordato il suo ritorno al Padre, aveva causato negli apostoli una grande tristezza. Ora che gli apostoli lo vedono sparire in cielo senza poterlo più rivedere provano una grande gioia. Evidentemente il mistero vissuto dagli apostoli era d’altra natura rispetto a quello che immaginiamo. I discepoli hanno visto il fatto materiale dell’ascendere di Gesù al cielo (il testo usa il verbo greco βλέπω, vedere) ma hanno anche intravisto la portata mistica del fenomeno (il testo usa il verbo θεάομαι, contemplare). Ciò significa che lo sparire di Gesù dalla loro vista permetteva di coglierlo presente nei loro cuori. Nella percezione degli apostoli l’ascensione è colta come un dono di presenza, come un’interiorizzazione di rapporto, che non solo non perde nulla della sua realtà con la sottrazione della fisicità di Gesù, ma acquista profondità e intensità insospettate.

Nel racconto di Marco ciò che colpisce è una specie di forza potente che muove tutto: il cuore degli apostoli come l’insieme del mondo e lo stesso desiderio di Dio per l’uomo. In quel correre alla predicazione non va visto solo lo zelo degli apostoli, ma anche l’attesa degli uomini e il desiderio di Dio. Così la presenza potente di Gesù accanto ai suoi non va vista nella capacità di fare miracoli, come farebbe supporre l’annotazione dell’evangelista nel finale del suo vangelo; va vista piuttosto in riferimento alla predicazione, vale a dire alla capacità che ha di riempire il cuore, che parla a tutti della sua presenza viva, senza che il mondo lo possa soffocare. La molla segreta di tale capacità è lo stesso desiderio di salvezza che Dio nutre nei riguardi degli uomini e che si comunica ai discepoli per raggiungere tutto il mondo.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]

 

Prima Lettura  At 1, 1-11

Dagli Atti degli Apostoli

 

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.

Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».

Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».

Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 46

Ascende il Signore tra canti di gioia.

Popoli tutti, battete le mani!

Acclamate Dio con grida di gioia,

perché terribile è il Signore, l’Altissimo,

grande re su tutta la terra.

 

Ascende Dio tra le acclamazioni,

il Signore al suono di tromba.

Cantate inni a Dio, cantate inni,

cantate inni al nostro re, cantate inni.

 

Perché Dio è re di tutta la terra,

cantate inni con arte.

Dio regna sulle genti,

Dio siede sul suo trono santo.

 

Seconda Lettura  Ef 4, 1-13

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni.

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.

Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini». Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra?

Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.

 

Vangelo  Mc 16, 15-20

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, [ Gesù apparve agli Undici ] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.

Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.