Quinto ciclo
Anno
liturgico B (2014-2015)
Tempo
di Pasqua
VI Domenica
(10 maggio
2015)
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At 10, 25-27.
34-35. 44-48; Sal 97; 1Gv 4, 7-10; Gv 15, 9-17
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Continuando
nella meditazione sul mistero della nostra vita in Cristo, al paragone della
vite e dei tralci Gesù aggiunge una nota personale : "Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi... come io ho
osservato i comandamenti del Padre mio … questo è il mio comandamento: che vi
amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati".
A dire il
vero, le frasi di Gesù suonano piuttosto strane. Non ha molto senso infatti
dire che uno è amico se fa ciò che gli comanda l’altro oppure unire l’amare al
fatto di essere comandati. In questo intensissimo brano, dagli accenti
estremamente confidenziali, si aprono continuamente nuovi livelli di
comprensione a seconda di come le varie espressioni sono tenute insieme. La
complessità è intenzionale perché la densità di ciò che viene rivelato è tale
da doverla accostare da più punti e l’ascoltatore o il lettore è condotto, per
accostamenti successivi, a entrare sempre più nel profondo.
Ho osservato
una particolarità che a me sembra oltremodo significativa. Gesù parla di amore,
gioia e comandamento, ma nei versetti 9,10 e 11, si legge una specificazione
singolare. “Rimanete nel mio amore”, in greco: nell’amore quello mio; “perché
la mia gioia sia in voi”, la gioia quella mia; “questo è il mio comandamento”,
il comandamento quello mio. È come se il testo volesse insistere sulla natura,
sulla qualità di quell’amore, di quella gioia e di quel comandamento. Se Gesù
intesse il suo discorso su tre come,
è perché allude a ciò che lo caratterizza in proprio. Evidentemente il come non ha valore di paragone, quasi
Gesù volesse additarci lui come esempio in modo da raggiungere l’uguaglianza di
intensità con lui nell’amore. Sarebbe oltremodo presuntuoso per noi uomini. Non
esprime uguaglianza, ma ragion d’essere, identità di movimento, natura del
movimento. Gesù riferisce tutto al Padre, come se dicesse: tutta la compiacenza
che il Padre ha posto su di me (si pensi al battesimo e alla trasfigurazione),
io l’ho posta su di voi. Voi, in me, siete chiamati a entrare sotto questa
compiacenza e a goderne i benefici. Tale compiacenza dura dall’eternità e lungo
tutta la storia.
Lo
proclamiamo con il salmo 97/98, salmo che fa parte dei cinque salmi con cui gli
ebrei ricevono liturgicamente il Sabato (salmi 95-99), con l’espressione: “Il Signore ha fatto conoscere la sua
salvezza”, ragion per cui si è invitati a cantare in modo nuovo: “cantate al Signore un canto nuovo”. Se
il cuore si apre al mistero del Figlio, inviato a mostrare la grandezza
dell’amore del Padre e a riunire i figli di Dio dispersi, allora non può non
sentire compiersi la promessa di Gesù: “Vi
ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia
piena”, gioia che qualche versetto più avanti verrà definita: “Così anche voi,
ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e
nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16,22).
La gioia è
collegata all’esperienza dell’amore, amore che lascia sgorgare fluente la vita.
È caratteristico il legame dell'amore con la vita. L’amore rende la vita degna
di essere vissuta perché l'amore dà vita, porta vita. Ma perché questo sia
effettivo e duraturo, deve valere anche l'aggiunta: l'amore fa dare la propria
vita, come è stato per Gesù. "Nessuno
ha un amore più grande di questo: dare la propria vita per i propri amici".
Il che non comporta solo il morire per l'altro, ma il mettere a disposizione la
propria vita per l'altro di modo che la propria vita diventi per l'altro
alimento, calore, rifugio, riposo, senza alcun limite. Mi sembra risieda
proprio in questo particolare aspetto la promessa di Dio all'uomo: "se uno mi ama, osserverà la mia parola e il
Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui"
(Gv 14,23), ripreso dal canto al vangelo. Come a dire: il venire di Dio ed il
suo dimorare nel cuore dell'uomo che osserva la parola di Gesù comporta il
renderlo partecipe della sua stessa vita, comporta il metterlo a parte dei suoi
segreti e della sua sapienza di vita. E questo Gesù chiama: "perché la mia gioia sia in voi e la vostra
gioia sia piena". La gioia è il frutto più autentico non semplicemente
dell'amore, ma dell'amore che si è trasformato in vita piena, donata,
consegnata. I passaggi sarebbero così compresi: Dio dà il suo Figlio per amore
dell'uomo, ma Dio ama tutti coloro che si trovano nel Figlio, cioè coloro che,
guidati dal suo stesso Spirito, perdonati e pacificati, si dispongono a far
splendere l’amore del Signore comunque. Per quanto dobbiamo aggiungere che
l'amore e la gioia sono gli ultimi due passaggi di una serie di quattro, come
lucidamente nota Isacco Siro: "A misura della tua umiltà, ti sarà data la
capacità di sopportare le tue difficoltà; a misura della tua capacità di
sopportare, si alleggerisce il peso della tua anima ed essa è consolata nelle
sue afflizioni; a misura della sua consolazione, si accresce il tuo amore per
Dio; e a misura del tuo amore, si accresce la tua gioia nello Spirito". E
il movimento continua: a misura della tua gioia si accresce l’umiltà, ecc. (…)
Sono
delineati come tre livelli concentrici di realtà: tra il Padre e Gesù, tra Gesù
e noi, tra di noi. Il comandamento dell’amore vicendevole pesca nell’intimità
di amore del Padre per il Figlio e del Figlio per noi. Fa da perno la persona
del Figlio, inviato dal Padre, che si dà a noi nel suo amore salvatore. I
comandamenti del Padre sono la salvezza dell’uomo, veicolano la partecipazione
alla sua compiacenza in funzione di una comunione nell’amore e questo è il
senso della nostra storia. Chi non coglie questa dimensione troverà senza senso
o troppo dura la vita perché non riposa in un’intimità (è la sfumatura di
significato del termine ‘rimanere’). La dinamica dell’amore è tale che o si
estende a tutti o si perde, nel senso che non è possibile limitare a qualcuno
l’amore e negarlo ad altri. Non sarebbe più un amore come quello di Gesù. E
l’estensione a tutti ha una concretezza che ne qualifica la verità: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate
gli uni gli altri, come io vi ho amati”. L’amore a tutti comporta il
trascinare tutti dentro quell’amore vicendevole che è tipico dell’esperienza di
comunione con Gesù, rivelatore dell’amore del Padre. Tanto che Gesù può
riassumere i comandamenti in uno solo: l’amore vicendevole, che deriva
dall’intimità di vita con il proprio Dio Salvatore. Se alla fine non si parla
più di comandamenti, ma di un solo comandamento, vuol dire che quel
comandamento non solo riassume tutti gli altri, ma di tutti mostra lo scopo
unico, il sigillo di autenticità e di vigore. L’amore vicendevole è
direttamente dipendente dall’esperienza dell’amore salvatore del Signore. Non
si accede all’amore per entusiasmo, ma per intima compassione, goduta e condivisa.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria
Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con
qualsiasi mezzo]
Prima Lettura At
10, 25-27. 34-35. 44-48
Dagli Atti degli Apostoli
Avvenne che,
mentre Pietro stava per entrare [nella casa di Cornelio], questi gli andò
incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò,
dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!».
Poi prese la
parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di
persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione
appartenga».
Pietro stava
ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro
che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro,
si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo;
li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio.
Allora
Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che
hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati
nel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.
Salmo Responsoriale
dal Salmo 97
Il Signore ha rivelato ai popoli la
sua giustizia.
Cantate al
Signore un canto nuovo,
perché ha
compiuto meraviglie.
Gli ha dato
vittoria la sua destra
e il suo
braccio santo.
Il Signore
ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi
delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è
ricordato del suo amore,
della sua
fedeltà alla casa d’Israele.
Tutti i
confini della terra hanno veduto
la vittoria
del nostro Dio.
Acclami il
Signore tutta la terra,
gridate,
esultate, cantate inni!
Seconda Lettura
1 Gv 4, 7-10
Dalla prima lettera di san Giovanni
apostolo
Carissimi,
amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato
generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è
amore.
In questo si
è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio
unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo
sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha
mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Vangelo Gv 15, 9-17
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho
amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti,
rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e
rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e
la vostra gioia sia piena.
Questo è il
mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno
ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi
siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi,
perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché
tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi
avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e
portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete
al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni
gli altri».