Quinto ciclo
Anno
liturgico B (2014-2015)
Tempo
di Pasqua
III Domenica
(19 aprile
2015)
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At
3,13-15.17-19; Sal 4; 1Gv 2,1-5a; Lc 24,35-48
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La proclamazione della liturgia di oggi fa sentire ai
cuori la benedizione caratteristica di Gesù Risorto: “Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture” (Lc 24,45),
secondo l’esperienza dei due discepoli di Emmaus, sempre nella descrizione di
Luca: “Allora si aprirono loro gli occhi
e lo riconobbero” (Lc 24,31). In effetti, i racconti evangelici della
risurrezione non mirano tanto a mostrare la verità della risurrezione di Gesù,
verità che non apparteneva all’orizzonte mentale dei discepoli, quanto ad
aprire l’intelligenza delle Scritture, che con la risurrezione di Gesù acquista
tutt’altra densità e definitività.
Il canto al vangelo di questa domenica esprime bene la
condizione interiore che prelude al riconoscimento del Risorto sia per gli
apostoli che per noi: “Signore Gesù, facci comprendere le Scritture; arde il
nostro cuore mentre ci parli” (cf. Lc 24, 32). É la confessione dei due
discepoli di Emmaus che, dopo aver riconosciuto il Risorto nello spezzare il
pane, si confidano i sentimenti profondi del cuore.
Nella prima lettura, Pietro proclama l’evento della
risurrezione in questo modo: “Dio ha così
compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il
suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano
cancellati i vostri peccati” (At 3,18-19). E poco prima aveva spiegato: “Il Dio dei vostri padri ha glorificato il
suo servo Gesù” (At 3,13). Servo, in greco, sta per figlio e richiama
l’invio del Figlio che si fa servo obbediente fino alla morte di croce per
mostrare in tutto il suo splendore l’amore del Padre per noi. È dalla
testimonianza del Suo amore che scaturisce per noi la vita abbondante, quella
vita eterna non più mortificabile nella tensione dell’amore che la origina e la
muove.
La conversione, come richiama la colletta: “O Padre,
che nella gloriosa morte del tuo Figlio, vittima di espiazione per i nostri
peccati, hai posto il fondamento della riconciliazione e della pace, apri il
nostro cuore alla conversione e fa di noi i testimoni dell’umanità nuova,
pacificata nel tuo amore”, nelle esortazioni degli apostoli, è sembra abbinata
al perdono dei peccati. Pietro, invitando a convertirsi, in realtà richiama
l’invito che percorre tutte le Scritture: ritornate a Me, ritornate a godere la
Mia promessa di vita piena, la Mia alleanza con voi! L’espressione italiana
‘cambiate vita’ significa in realtà: ritornate a Dio. Quel ritorno allude al
fatto di fissare lo sguardo su ciò che Dio ha compiuto, vale a dire al Cristo
che doveva soffrire e il terzo giorno risorgere dai morti. Come misteriosamente
aveva preannunciato il profeta Zaccaria: “Riverserò
sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di
grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto” (Zc
12,10). È proprio Dio che si lascia trafiggere e la salvezza viene dal fatto di
guardare a lui trafitto. Non c’è altra strada per convertirsi, per credere. Non
è sdegnandosi con se stessi o sognando una giustizia superiore che il cuore
attinge al mistero di Dio, ma solo commuovendosi davanti ad un amore così
toccante che ti rende prezioso nonostante la tua indegnità. Mi piace ricordare
un antico detto talmudico: prima di creare il mondo, Dio ha creato il ritorno a
Lui, la teshuvah. Il senso del mondo
sta nell’amore preveniente di Dio, sempre, comunque.
È qui che si innesta la questione dell’intelligenza
delle Scritture. Ce lo richiama ancora l’apostolo Pietro nel suo discorso alla
folla dopo la guarigione miracolosa del paralitico alla porta Bella del tempio.
Il punto essenziale del suo discorso non è costituito dal fatto di ricordare
che il miracolo è avvenuto nel nome di Gesù risorto, di cui lui e gli altri
apostoli sono testimoni, ma nel fatto di legare il pentimento e la conversione
al riconoscimento dell’agire di Dio in quell’Uomo che è stato rinnegato,
condannato, messo a morte e ora glorificato. Nel riconoscere che Gesù è stato
condannato e messo a morte c’è tutta l’ammissione di colpevolezza nei confronti
di Dio di cui si è disprezzato l’amore e perciò il cuore si addolora
profondamente (si avverte compiuta la profezia di Zaccaria: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno
trafitto”, Gv 19,37), ma per aprirsi al riconoscimento che l’amore di Dio è
davvero grande e poter dire, davanti al ‘crocifisso’: questi è davvero il re
della gloria, il testimone dello splendore dell’amore di Dio che salva e nella
cui energia anche noi possiamo ora vivere. Guardando con dolore e tenerezza a
Colui che è stato trafitto possiamo specchiarci e ritrovare la nostra verità:
di uomini peccatori, che non hanno voluto tener in conto l’alleanza di Dio, che
hanno disprezzato il suo amore e contemporaneamente di uomini redenti, che
finalmente vedono l’amore di Dio riversarsi su di loro e fornire loro nuove
coordinate di esistenza. In funzione di tale intima percezione, per provocarla
e per convalidarla, la chiesa legge le Scritture, le proclama in tutte le sue
liturgie, le vive come guida alla partecipazione della potenza della
risurrezione.
Quando, nella preghiera dopo la comunione, la chiesa
fa pregare: “Guarda con bontà, o Signore, il tuo popolo, che hai rinnovato con
i sacramenti pasquali, e guidalo alla gloria incorruttibile della
risurrezione”, non intende fare professione di fede nella risurrezione della
carne, come la proclamiamo nel Credo, ma più specificamente allude alla
possibilità di vivere in compagnia di Gesù Risorto (“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”, Mt
28,20).
E tutte le preghiere della liturgia di oggi (colletta,
offerte, dopo comunione) sottolineano la tensione all’eternità, tipica della
risurrezione. È l’eterno che aspira il temporale, è l’apertura all’eterno che
lascia intravedere il senso della nostra storia, letta nell’ottica della
rivelazione delle Scritture, con lo sguardo fisso al Cristo, nell’annuncio per
il mondo che in lui la pace è ormai godibile.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura At
3, 13-15. 17-19
Dagli Atti degli Apostoli
In quei
giorni, Pietro disse al popolo: «Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di
Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi
avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di
liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che
vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha
risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni.
Ora,
fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma
Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti,
che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita,
perché siano cancellati i vostri peccati».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 4
Risplenda su di noi, Signore, la
luce del tuo volto.
Quando
t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia!
Nell’angoscia
mi hai dato sollievo;
pietà di me,
ascolta la mia preghiera.
Sappiatelo:
il Signore fa prodigi per il suo fedele;
il Signore
mi ascolta quando lo invoco.
Molti
dicono: «Chi ci farà vedere il bene,
se da noi,
Signore, è fuggita la luce del tuo volto?».
In pace mi
corico e subito mi addormento,
perché tu
solo, Signore, fiducioso mi fai riposare.
Seconda Lettura
1 Gv 2, 1-5
Dalla prima lettera di san Giovanni
apostolo
Figlioli
miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato,
abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima
di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per
quelli di tutto il mondo.
Da questo
sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo
conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la
verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
Vangelo Lc 24,
35-48
Dal vangelo secondo Luca
In quel
tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e
a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano
riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi
parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace
a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli
disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?
Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un
fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò
loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano
pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono
una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse:
«Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che
si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e
nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse
loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo
giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il
perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete
testimoni».