Quinto ciclo
Anno liturgico B (2014-2015)
Tempo Ordinario
V Domenica
(8 febbraio 2015)
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Gb 7,1-4.
6-7; Sal 146; 1Cor 9,16-19.22-23; Mc 1,29-39
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La liturgia proclama il brano di
vangelo di oggi da un’angolatura particolare. Considerando la figura di Gesù
che guarisce e scaccia i demoni, ne vuole mostrare la radice di autorità con il
canto al vangelo, l’urgenza dell’opera con il brano di Giobbe e scava nei cuori
lo spazio adatto alla supplica con la colletta. Se il potere del male atterra
gli uomini, il potere di Gesù atterra il male e rende gli uomini liberi in
solidarietà con lui e fra di loro.
Il canto al vangelo “Cristo ha preso
le nostre infermità e si è caricato delle nostre malattie” è ripreso da Mt 8,17
e costituisce la traduzione letterale dall’ebraico di Is
53,4, passo che appartiene al quarto canto del Servo. Matteo fa una rilettura
dell’operato di Gesù a partire da una theologia crucis e
fonda l’autorità di Gesù nello scacciare i demoni proprio sulla vittoria contro
di loro sulla croce. Introdurre il brano di Marco con questa rivelazione
profetica significa sottolineare da dove viene la potenza di Gesù, significa
invitare a leggere la sua opera, i suoi miracoli, in funzione di quella
rivelazione. Dietro l’agire di Gesù, sta un segreto da cogliere. Il miracolo
delle guarigioni e la cacciata dei demoni non sottolineano tanto il potere
divino di Gesù, ma l’accondiscendenza di Dio, la prossimità di Dio in Gesù
all’uomo. E questa dimostrazione è in funzione dello svelamento del segreto di
Dio per l’uomo, della rivelazione del suo immenso amore al mondo tramite il
Figlio, che ci riporta alla comunione con lui strappandoci dal male.
L’urgenza di questa rivelazione è
accentuata dal fatto che l’uomo versa in condizioni di oppressione e di
angoscia, di cui il brano di Giobbe mostra tutta la drammaticità. Giobbe non ha
accettato la devota spiegazione del dolore che i suoi amici gli hanno dato
prendendo le difese di Dio. Giobbe protesta la sua innocenza e si sfoga con il
suo Dio. Potremmo riassumere il suo intervento così: non si può comprendere la
vita dell’uomo a partire da leggi supreme, ma solo da dentro un rapporto. Non è
vero che il tormento dell’uomo rispecchi la giustizia di Dio, come sostengono i
suoi amici, ricusati però da Dio stesso alla fine del libro; è vero invece che
la giustizia di Dio rimane imperscrutabile ma che lui è accessibile all’uomo e
suo salvatore.
Nel dramma, la cosa non è affatto scontata
e proprio per rispondere all’angoscia dell’uomo viene descritta l’ansia di Gesù
di raggiungere tutti, particolare che imprime una forte accelerazione di
movimento a ciò che viene raccontato nel vangelo di oggi. Si tratta di un
doppio movimento: una tensione verso tutti, ma anche una tensione per arrivare
a Gerusalemme; una tensione per l’allargamento della sua predicazione, ma
contemporaneamente la tensione per lo svelamento del suo segreto. In
quell’ansia di Gesù, nel suo doppio significato di raggiungere tutti e che
tutto il suo segreto si sveli, sta racchiusa l’urgenza della missione della
chiesa in tutti i tempi.
Marco sottolinea anche la ricerca di
solitudine da parte di Gesù ed è caratteristico che l’evangelista collochi la
preghiera di Gesù in rapporto alla sua ansia di raggiungere tutti e di svelare
tutto il suo segreto. La preghiera non ha forse a che fare con il desiderio di
comunione con gli uomini da parte di Dio prima ancora che essere espressione
del desiderio degli uomini di stare in compagnia di Dio? Se gli uomini non
percepissero l’eco di quel desiderio di Dio, potrebbero mai pregare davvero?
Potrebbero mai essere solidali con i loro fratelli e farsi raggiungere dal Suo
amore tanto da essere rinnovati totalmente? Il fatto poi che Gesù si ritiri da
solo a pregare esprime proprio l’immensità del desiderio di Dio per l'uomo e
quando i discepoli gli annunciano che lo cercano, non torna ma va altrove
perché tutti deve raggiungere. E si può leggere anche così: Gesù deve
percorrere tutta la terra del nostro cuore; se in qualche parte siamo stati
guariti, altre parti attendono la guarigione, fino a che tutto in noi possa
risplendere del suo amore salvatore.
La colletta mostra che in Gesù Dio
si appressa all’uomo, gli uomini sono liberati dalle loro oppressioni e
imparano a vivere solidali, abitati dalla speranza: “ ... rendici puri e forti
nelle prove, perché sull'esempio di Cristo impariamo a condividere con i
fratelli il mistero del dolore, illuminati dalla speranza che ci salva”. La
potenza della supplica deriva dall’intensità della coscienza del male che ci
ferisce insieme al desiderio di guarigione che ci attrae al Signore Gesù,
solidali in umanità con tutti. La preghiera si risolve nel desiderio di
sperimentare l’amore salvatore di Dio, non però nel senso di essere preservati
dagli effetti dell’azione dei demoni (il male non scompare e non scomparirà
dalla scena del mondo) ma nel senso di non essere più asserviti ai loro scopi
perversi. A tal punto che, proprio quando il male sembrerà prevalere, come con
il Signore Gesù in croce, esso sarà definitivamente vinto perché svuotato del
suo scopo perverso, cioè quello di dividere gli uomini da Dio e tra di loro.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
Prima Lettura Gb 7, 1-4. 6-7
Dal libro di Giobbe
Giobbe parlò
e disse:
«L'uomo non
compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi
giorni non sono come quelli d'un mercenario?
Come lo
schiavo sospira l'ombra
e come il
mercenario aspetta il suo salario,
così a me
sono toccati mesi d'illusione
e notti di
affanno mi sono state assegnate.
Se mi corico
dico: "Quando mi alzerò?".
La notte si
fa lunga
e sono
stanco di rigirarmi fino all'alba.
I miei
giorni scorrono più veloci d'una spola,
svaniscono
senza un filo di speranza.
Ricòrdati che un soffio è la mia vita:
il mio
occhio non rivedrà più il bene».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 146
Risanaci, Signore, Dio della vita.
È bello
cantare inni al nostro Dio,
è dolce
innalzare la lode.
Il Signore
ricostruisce Gerusalemme,
raduna i
dispersi d'Israele.
Risana i
cuori affranti
e fascia le
loro ferite.
Egli conta
il numero delle stelle
e chiama
ciascuna per nome.
Grande è il
Signore nostro,
grande nella
sua potenza;
la sua
sapienza non si può calcolare.
Il Signore
sostiene i poveri,
ma abbassa
fino a terra i malvagi.
Seconda Lettura
1 Cor 9, 16-19.22-23
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Fratelli,
annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si
impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!
Se lo faccio
di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia
iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia
ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il
diritto conferitomi dal Vangelo.
Infatti, pur
essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il
maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi
sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io
faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch'io.
Vangelo Mc 1, 29-39
Dal vangelo secondo Marco
In quel
tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea,
in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la
febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare
prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera,
dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati.
Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da
varie malattie e scacciò molti demòni; ma non
permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino
presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto,
e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce.
Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene
altrove, nei villaggi vicini. perché io predichi anche là; per questo infatti
sono venuto!».
E andò per
tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.