Quinto
ciclo
Anno
liturgico B (2014-2015)
Tempo
Ordinario
III Domenica
(25
gennaio 2015)
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Gio 3,1-5.10; Sal 24; 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20
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L’annuncio di Gesù ruota attorno a tre elementi: la
percezione di un certo tempo, la sensazione di una prossimità, la reazione che
provoca, cioè la conversione. Nel vangelo di Matteo le parole con le quali Gesù
si presenta nella sua predicazione in Galilea
ricalcano le parole di Giovanni Battista: “convertitevi,
perché il regno dei cieli è vicino” (Mt 3,2, per Giovanni Battista; Mt
4,17, per Gesù). E Gesù si decide a predicare dopo l’arresto di Giovanni
Battista. Marco riprende la circostanza, cioè che Gesù comincia a predicare in
Galilea dopo l’arresto del Battista, e presenta la sua predicazione con le
parole: “Il tempo è compiuto e il regno
di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15).
Come intendere il fatto che
‘il tempo è compiuto’? Non significa solo che ormai i tempi dell’attesa sono
compiuti e quello che Dio aveva promesso ora lo realizza. Allude anche a
qualcos’altro, che ha a che fare con l’esperienza che la sua predicazione ha
suscitato. Nella sua lettera ai Corinzi Paolo parla di un tempo breve: “il
tempo si è fatto breve” (1Cor 7,29). L’espressione è ripresa dal gergo
marinaresco quando i marinai imbrogliano le vele chiudendole rapidamente per
sottrarle all’azione del vento mediante la manovra dei cavi che si chiamano
imbrogli. Non si tratta di guardare al passato ma al futuro. Non si tratta di cogliere il fatto che le attese sono compiute, ma che le
uniche possibilità di vita sono l’accoglimento del tempo di Dio che entra nel
nostro presente, dell’eterno che entra nel temporale, del compimento che si fa
accessibile. E noi potremmo spiegare: è tale la gioia dell’amore salvatore di
Dio, sperimentato in Gesù, che tutto il resto passa in secondo piano. Tutto in
questo nostro mondo e in questa nostra storia ha valore, ma tutto va vissuto nell’ottica di quella verità, percepita come la grazia
lungamente attesa e finalmente godibile. La nostra cronaca, quello che facciamo
e ci succede, prende senso dalla storia di Dio che ci investe alimentando le
radici di vita. Il tempo breve è allora il tempo compiuto.
Non esiste allora nessun tempo della nostra vita che non possa essere raggiunto
dalla rivelazione dell’amore di Dio.
Gesù non prosegue semplicemente l’opera del Battista:
il Battista esorta, mentre Gesù mostra, ecco la differenza. Il Battista
presagiva la presenza del Regno e predispone a riceverlo; Gesù ne fa vedere la
prossimità, la presenza, ne svela la potenza da parte di Dio che viene in
soccorso degli uomini. Con Gesù la conversione, che costituisce la reazione
alla percezione della prossimità del Regno in Gesù, comporta il lasciarsi
invadere dalla fiducia nella promessa di Dio che in lui si compie per noi.
Credere al vangelo comporta il ritenere Dio sufficientemente potente per
compiere, in Gesù, la sua promessa per noi, capace quindi di soddisfare gli
aneliti del nostro cuore. Tutto questo dobbiamo
imparare a percepire nell’annuncio di Gesù.
Il brano di Giona illustra splendidamente che
l’annuncio di Gesù riguarda tutti, ebrei e gentili, ironizzando sull’ira del
profeta che, conoscendo la natura misericordiosa di Dio, non vuole sia
condivisa dai pagani. Il profeta, che sa come Dio sia “un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore”,
secondo la rivelazione a Mosè sul Sinai, testimonia controvoglia che le premure
di Dio sono estese a tutti, pagani compresi.
La conversione degli uomini resta fondata sulla natura compassionevole
di Dio. E quando il salmo responsoriale fa pregare: “Fammi conoscere, Signore, le tue vie”,
non si riferisce prima di tutto alle vie che l’uomo deve percorrere per piacere
a Dio, ma alla via di Dio che mostra compassione, intendendo: fa’, o Signore,
che sia toccato dalla tua compassione, possa ritornare a sentire il tuo amore
diventando solidale con tutti i miei fratelli, perché a tutti si rivolge la tua
compassione.
Il convertirsi comporta essenzialmente il fidarsi del
dono di Dio che è Gesù per noi e si traduce essenzialmente nella sequela di
Gesù. Quello, appunto, che Marco sottolinea con la
chiamata dei discepoli, figura di ogni vocazione al seguito di Gesù. Seguire il
Signore fidandosi della sua promessa e lasciandosi alle spalle tutto il resto è
una grande avventura che una vita intera non basta ad
esaurire. Lo è stato per Pietro ed Andrea, per Giacomo
e Giovanni, per gli apostoli, per i discepoli, come lo è per tutti i credenti
in Cristo, di tutti i tempi.
Del resto è assai caratteristico che nel vangelo la
conversione sia espressa dall’immagine del seguire Gesù. A dire il vero, spesso
il testo evangelico non parla di seguire,
ma più direttamente di andare dietro,
di stare dietro, di mettersi dietro a Gesù. In questo, si
può ancora ascoltare l’eco delle parole di Dio a Mosè: mi si può vedere solo di
spalle (cfr Es 33,20). Quando Pietro, spaventato della predizione della
passione da parte di Gesù, cercherà di distoglierlo da
quella strada, si sentirà dire: stai dietro, poniti dietro, non volere starmi
davanti! (cf. Mc 8,33-34). Alla fine del vangelo di
Giovanni, dopo che Gesù gli ha predetto che avrebbe sofferto il martirio per
lui, Pietro si sente ancora dire: vienimi dietro. In quel venire dietro a, in quel camminare
dietro a sta il godimento della promessa di Dio
che ha raggiunto l’uomo. Non sta tanto lo sforzo di seguire il Signore, ma la
percezione di una rivelazione che si dispiega al cuore dell’uomo. A quella
percezione tende la conversione, se vogliamo che si traduca in speranza di
vita, come ci indica la preghiera dopo la comunione: “fa
che ci rallegriamo sempre del tuo dono, sorgente inesauribile di vita nuova”.
Nuova, non nel senso di cambiata, ma pescante in quella novità di vita che ci
viene dal Signore Gesù, che ci ha fatto conoscere
l’amore di Dio per i suoi figli.
Se il compito degli apostoli sarà quello
di annunciare al mondo il vangelo di Dio, dire di Gesù che annuncia il
vangelo di Dio significa voler collocare i discepoli nella continuità con Gesù.
Così, cantare con il salmo responsoriale: “Fammi
conoscere, Signore, le tue vie”, significa prima di tutto domandare che
anche al nostro cuore si sveli la possibilità di conoscere l’amore salvatore di
Dio in Gesù; significa domandare di cogliere la rivelazione di Gesù e indurci a
seguirlo come gli apostoli in modo da godere della
potenza di salvezza del suo vangelo, potenza che non concerne soltanto noi, ma
tutto il mondo. Gli apostoli non sono stati chiamati semplicemente alla sequela
di Gesù, ma alla sequela di Gesù che è inviato a
portare a tutti la salvezza e la consolazione. Sarebbe questo il senso di: vi farò pescatori
di uomini. Per gli apostoli come per noi, seguire Gesù dice soprattutto l’intimità
di vita con lui che ci ha conquistati, intimità così
incontenibile che non può ripiegarsi su se stessa ma continuamente si traduce
in condivisione della misericordia di Dio per l'umanità.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Gio 3, 1-5. 10
Dal libro del profeta Giona
Fu rivolta a
Giona questa parola del Signore: «Alzati, va' a
Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò
a Nìnive secondo la parola del Signore.
Nìnive era
una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a
percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta
giorni e Nìnive sarà distrutta».
I cittadini
di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide
riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.
Salmo Responsoriale dal Salmo 24
Fammi conoscere,
Signore, le tue vie.
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami
nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.
Ricòrdati,
Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di
me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.
Buono e
retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.
Seconda Lettura 1 Cor 7, 29-31
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Questo vi
dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno
moglie, vivano come se non l'avessero; quelli che piangono, come se non
piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano,
come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li
usassero pienamente: passa infatti la figura di questo
mondo!
Vangelo Mc 1, 14-20
Dal vangelo secondo Marco
Dopo che
Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio,
e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e
credete nel Vangelo».
Passando
lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre
gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.
Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò
diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un
poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre
anch'essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi
lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.