Quinto
ciclo
Anno
liturgico B (2014-2015)
Tempo
Ordinario
XXV Domenica
(20 settembre
2015)
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Sap
2,12.17-20; Sal 53, Gc 3,16-4,3, Mc 9,30-37
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Il brano evangelico concatena tre contesti: il secondo
annuncio della passione, la discussione tra i discepoli su chi sia il più
grande, l’esortazione di Gesù di accogliere i bambini. Partiamo dalla
discussione dei discepoli. In effetti, non si tratta semplicemente di un
parlarsi, ma della contesa della discussione, come esprime il verbo che usa
Gesù quando fa loro la domanda: “Di che
cosa stavate discutendo per la strada? .... Per la via infatti avevano discusso
tra loro chi fosse il più grande”.
La liturgia ci introduce nei sentimenti di Gesù e dei
discepoli con la lettura del libro della Sapienza. Il brano non va letto solo
come un annuncio profetico della passione di Gesù, ma per la prospettiva nella
quale la profezia dona la sua luce. Il brano riporta il discorso degli empi
introducendolo con le parole: “Dicono fra loro sragionando…” e concludendolo:
“Non conoscono i segreti di Dio”. Ecco, la rivelazione di Gesù consiste
nell’essere messi a parte dei segreti di Dio, che sono appunto i misteri del
regno dei cieli. E l’annuncio della passione rivela quanto i segreti di Dio
siano lontani dalla mente degli uomini, eppur così essenziali alla vita dei
loro cuori.
La ricerca della grandezza è tema sensibile per il
cuore dell'uomo. Gesù non condanna i discepoli; accetta che l’uomo desideri
essere grande. La sfida è appunto: quale grandezza cercare? Così al desiderio
di grandezza dell’uomo segue l’indicazione della sapienza dall’alto che indica
la strada e la natura della grandezza secondo Dio, come fa pregare la colletta:
“ O Dio, Padre di tutti gli uomini…donaci la sapienza dall’alto, perché
accogliamo la parola del tuo Figlio e comprendiamo che davanti a te il più
grande è colui che serve”. La qualità della grandezza gradita a Dio è
nell’ordine della comunione, della gioia per l’altro, della gioia condivisa con
il Maestro: questo è il senso del servizio.
Quando Gesù dice: “Se
uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”, pone
se stesso a modello della grandezza. Di sé dice: “Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27). Dopo
aver lavato i piedi agli apostoli dice: “Se
dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete
lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche
voi facciate come io ho fatto a voi. In verità, in verità io vi dico: un servo
non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha
mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica” (Gv 13,13-17).
Voler essere il servo di tutti significa allora voler
essere trovato in Cristo. Voler essere il primo significa voler essere
ritrovato in colui che è il Primo e che si è fatto servo di tutti. Qui si scopre la grandezza che Dio gradisce.
Lo dice l’annuncio della passione: quel Figlio, che sarà esaltato, dovrà
patire. Da intendere: non certo che il ‘soffrire’ abbia qualche titolo di
merito per ottenere grandezza, ma che è preferibile custodire l’amore per
l’altro comunque; non certo che occorra rassegnarsi al male, ma che si accetti
il fatto che il bene sia comunque preferibile e quindi si attraversi il male
senza perdere il bene.
E perché è necessario percorrere questa via? L’esempio
dei bambini ce lo illustra. Per comprendere il riferimento ai bambini bisogna
rifarsi al passo parallelo di Mt 18,1-5, dove Gesù, prima di invitare ad
accogliere i bambini, fissa la condizione interiore di conversione che permette
di coglierne il mistero: “Perciò chiunque
si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli”.
Ma la traduzione ‘si farà piccolo’ è fuorviante rispetto al contesto di
rivelazione dell’annuncio della passione. In effetti, il testo comporta il
verbo ‘umiliare’ e la traduzione sarebbe: ‘chi umilierà se stesso come un
bambino’. Il significato è più diretto rispetto all’annuncio della passione,
perché Gesù è proprio colui che ha umiliato se stesso, facendo risplendere,
nella sua umiliazione, tutta la potenza dell’amore di Dio per gli uomini e
questo è motivo della sua grandezza. Allora il riferimento al bambino può
essere compreso sia nel senso della confidenza verso il Padre sia nel senso
della debolezza estrema patita e diventata luogo di gloria. A tal punto, che
Gesù si confonde con ogni ‘bambino’, cioè con ogni uomo nella sua debolezza,
tanto che chi onora un uomo nella sua debolezza onora lo stesso Signore Gesù e
chi onora il Signore Gesù onora il Padre. I segreti di Dio sono ravvisabili in
questa ‘equazione’, svelata nella sua bellezza dal Signore che per noi ha
patito, è morto ed è risuscitato.
Quando accogliamo un uomo senza altra qualificazione
se non quella della sua ‘umanità’, senza altro titolo di importanza o di merito
o di demerito, allora accogliamo Gesù. E lo possiamo fare perché già abbiamo
imparato a godere dell’intimità con il Padre, che in quella ‘umanità’ ha posto
la sua compiacenza e di cui abbiamo potuto fare esperienza credendo al Figlio
dell’Uomo dato per noi. Così diventare come bambini comporta l’esperienza di
una umanità che non ha bisogno di altri titoli di gloria, proprio come davanti
ai bambini non si guarda ad altro se non che sono bambini. Ma diventare come
bambini significa entrare nel Regno di Dio perché siamo messi in presenza del
mistero stesso di quel Figlio dell’Uomo che rivela l’amore di Dio per gli
uomini. E sarà solo a partire da quell’amore che potremo accogliere tutti come
fratelli, destinati allo stesso Regno.
Gesù parla appunto della grandezza per il regno dei
cieli, che è grandezza di rivelazione dell’amore di Dio per gli uomini. Essere
ultimo non significa essere dietro a tutti gli altri, ma solo servo di tutti perché l’amore di Dio risplenda e
questo comporta che non ci sia cosa o persona più significative per il nostro
cuore da indurlo a preferirle contro l’amore di Dio. Con il corollario
evidente, anche se assolutamente mai scontato: non c’è grandezza vera se non
nel preferire tutti a noi stessi perché solo così l’amore di Dio splende. E ciò
significa che la nostra umanità vivrà della gloria del Signore.
Se Giacomo, nella sua lettera, parla di una sapienza
che viene dall’alto, indicandola come “pura, pacifica, mite, arrendevole, piena
di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia”, allude
proprio a quella rivelazione che ha conquistato il cuore e che lo muove con la
potenza del suo dinamismo. E quando, nella preghiera dopo la comunione,
domandiamo che ‘la redenzione operata da questi misteri trasformi tutta la
nostra vita’, in realtà preghiamo perché il nostro cuore si apra a quella
rivelazione e ne sia conquistato.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria
Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con
qualsiasi mezzo]
Prima Lettura Sap 2, 12.17-20
Dal libro della Sapienza
[Dissero gli
empi:]
«Tendiamo
insidie al giusto, che per noi è d'incomodo
e si oppone
alle nostre azioni;
ci
rimprovera le colpe contro la legge
e ci
rinfaccia le trasgressioni contro l'educazione ricevuta.
Vediamo se
le sue parole sono vere,
consideriamo
ciò che gli accadrà alla fine.
Se infatti
il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto
e lo
libererà dalle mani dei suoi avversari.
Mettiamolo
alla prova con violenze e tormenti,
per
conoscere la sua mitezza
e saggiare
il suo spirito di sopportazione.
Condanniamolo
a una morte infamante,
perché,
secondo le sue parole, il soccorso gli verrà».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 53
Il Signore sostiene la mia vita.
Dio, per il
tuo nome salvami,
per la tua
potenza rendimi giustizia.
Dio, ascolta
la mia preghiera,
porgi
l'orecchio alle parole della mia bocca.
Poiché
stranieri contro di me sono insorti
e prepotenti
insidiano la mia vita;
non pongono
Dio davanti ai loro occhi.
Ecco, Dio è
il mio aiuto,
il Signore
sostiene la mia vita.
Ti offrirò
un sacrificio spontaneo,
loderò il
tuo nome, Signore, perché è buono.
Seconda Lettura
Gc 3,16-4,3
Dalla lettera di san Giacomo
apostolo
Fratelli
miei, dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di
cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall'alto anzitutto è pura, poi
pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti,
imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella
pace un frutto di giustizia.
Da dove
vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle
vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e
non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere;
combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non
ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni.
Vangelo Mc 9,
30-37
Dal vangelo secondo Marco
In quel
tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva
che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il
Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma,
una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste
parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnào. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa
stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti
avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e
disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore
di tutti».
E, preso un
bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie
uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non
accoglie me, ma colui che mi ha mandato».