Quinto ciclo
Anno
liturgico B (2014-2015)
Tempo
Ordinario
XVIII Domenica
(12 luglio
2015)
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Es
16,2-4.12-15; Sal 77; Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35
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Questa domenica e le successive viene letto ciò che
segue al racconto della moltiplicazione dei pani. Gesù, a più riprese, in un
colloquio serrato ed esigente con la folla che aveva assistito al miracolo,
tenta di dar conto del mistero della sua persona. È tipico di Giovanni
formulare la verità su Gesù attraverso un dialogo che collega la storia
dell’alleanza di Dio con Israele con gli aneliti e i sogni dei cuori. Il
colloquio al pozzo di Giacobbe con la donna samaritana l’aveva già mostrato.
Al centro del brano di oggi sta una grande questione:
come decifrare i segni di Dio. Tutti avevano visto il miracolo, si erano
entusiasmati di quel profeta straordinario e taumaturgo, ma alla fine tutti
l’abbandonano. Perché? Perché non sono riusciti a vedere? Che cosa è mancato
loro?
La colletta sembra rispondervi: “O Dio … risveglia in
noi il desiderio della tua parola, perché possiamo saziare la fame di verità
che hai posto nel nostro cuore”. Sì, è molto facile dimenticare, come dice il
salmo responsoriale “Dimenticarono le sue
opere, le meraviglie che aveva loro mostrato … non ebbero fede in Dio e non
confidarono nella sua salvezza” (Sal 77/78, 11.22). Dimenticarono proprio
quello che lo stesso salmo proclama: “Ciò
che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato non lo
terremo nascosto ai nostri figli …” (v. 3). In sostanza il salmo vuol
definire l’esperienza di Israele nel deserto così: hanno visto, sì, certi fatti
straordinari (la manna), ma l’oggetto del loro racconto è altro; loro vogliono
raccontare le meraviglie del Signore. Dicono la storia, ma raccontano Dio. Non
si sono solo sfamati mangiando la manna, ne hanno colto il valore di segno: Dio
li guidava, adempiva le sue promesse, restava fedele al suo amore per loro.
Così per noi: dal fatto si passa ad una storia, ad una relazione che mi ha
costituito in essere e dà senso alle mie fatiche e ai miei drammi, che fa la
mia storia.
Con questo riferimento, ogni dettaglio della
narrazione evangelica ha una densità insospettata. All’inizio vediamo una folla
smarrita: non trova più Gesù, che si è ritirato in solitudine sul monte. La
ragione è da ricercarsi nel fatto che i discepoli avevano abbandonato il
maestro e se ne erano andati senza di lui. La gente non sa più dove trovare il
Signore quando la sua comunità l’abbandona. Ritorna allora a Cafarnao, da dove
era partita. Cercano Gesù perché sentono che quel profeta ha qualche cosa da
dire da parte di Dio, dentro la storia di alleanza con Dio che tutti
condividono. Gesù li rincalza nelle loro domande per portarli a vedere il dono
di Dio che sta avvenendo e di cui essi non si avvedono. Sembra che
continuamente si aprano porte per poi richiudersi di nuovo. Sono indicati tutta
una serie di passaggi.
Primo passaggio. Gesù sposta l’attenzione dal cibo
come alimento di vita alla vita che il cuore desidera. Dichiara subito che
quella vita la darà lui, sul quale il Padre ha posto il suo sigillo. Ma il
sigillo è lo Spirito Santo che su di lui riposa in pienezza e che lo rende
capace di dare la sua vita perché si manifesti quanto è grande l’amore di Dio
per gli uomini e perché gli uomini tornino capaci a loro volta di dare la vita
nella stessa sua dinamica di amore.
Secondo passaggio. Dalle opere all’unica opera. La
gente capisce che Gesù si attribuisce un compito che viene da Dio e chiede di
venire istruita su ciò che è gradito a Dio. La singolarità della risposta di
Gesù sta nel fatto che Gesù non indica alcuna nuova legge o comandamento da
attuare. Come a dire: il cuore non troverà il compimento dei suoi desideri
nelle opere. Un’opera sola ricerca Dio: credere in Colui che egli ha mandato.
Ma credere a Dio significa accogliere il suo amore per l’uomo, manifestato nel
Figlio, al punto da non poter vivere che di quell’amore, che dentro
quell’amore, che dà senso a tutte le opere che si possono intraprendere. Non
sono però le opere a precedere, ma l’amore di cui queste si nutrono. E senza
questa esperienza le opere non porteranno gioia e non si risolveranno in
conoscenza amorosa di Dio.
Terzo passaggio. Dio aveva dato la manna al popolo
confermandosi così il loro Dio, secondo il racconto dell’Esodo, ripreso anche
dalla prima lettura. E Gesù cosa dà?, questo chiede la gente. La risposta di
Gesù introduce al suo mistero, che è il mistero dell’amore di Dio per il mondo.
Ogni dettaglio acquista qui una risonanza particolarissima: gli aggettivi, i
verbi, le espressioni. Gesù sottolinea il dono attuale di Dio: “è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo,
quello vero”; “il pane di Dio è colui
che discende dal cielo e dà la vita al mondo”, cioè la sua, quella piena di
Spirito Santo, di cui fa dono facendo dono di se stesso. Accogliere il Figlio
come l’Inviato significa accogliere la storia dell’amore di Dio per l’uomo;
significa radicare in quell’amore l’intelligibilità della nostra vita e avere
la vita, quella che dura per la vita eterna, cioè quella che, custodita dalla
potenza dell’amore di Dio per noi, risulta insopprimibile e inattaccabile.
Quarto passaggio. Come non volere questo pane? Ma il
pane non è più qualcosa, non si riferisce più a un prodigio: riguarda la sua
persona, riguarda il prodigio dell’amore di Dio che nel Figlio fa grazia di sé
agli uomini perché gli uomini possano, nel Figlio, fare grazia di loro a tutti
e così far splendere la signoria di Dio nel mondo, ormai trasfigurato nello
Spirito. A questo punto si intravede tutta la rischiosità e la radicalità del
passaggio: dare fiducia al Signore, all’amore del Signore, consegnandosi a quel
Figlio che promette libertà, verità e vita. Qui i cuori comprendono di essere
sull’orlo dell’abisso: o ti trattieni nelle tue sicurezze di un tempo o ti
abbandoni ad una fiducia che senti nascere ma di cui non sei per nulla padrone.
Difatti l’esito non è scontato. Alcuni rinunciano,
alcuni accettano; di quelli che rinunciano, alcuni accetteranno poi; di quelli
che accettano, alcuni lasceranno dopo. Resta comunque sempre l’offerta del
Signore che non si stanca dei suoi figli e di cui ricerca sempre l’adesione del
cuore. Nel racconto di Giovanni, la folla rivela molto bene i desideri che
portiamo in cuore, senza però alla fine trovare soddisfazione perché incagliata
nel suo passato piuttosto che affascinata per il futuro di Dio: l’urgenza etica
per una qualità di vita accettabile, l’apertura al mistero di Dio che si
manifesta, la fame del pane della vita. Gesù però si darà premura di illustrare
sempre più precisamente il senso del mistero della sua persona come risposta a
quei desideri.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria
Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con
qualsiasi mezzo]
Prima Lettura Es
16,2-4.12-15
Dal libro dell'Esodo
In quei
giorni, nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mose e
contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore
nella terra d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne,
mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per
far morire di fame tutta questa moltitudine».
Allora il
Signore disse a Mose: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il
popolo uscirà à raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo
metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. Ho inteso la
mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: "Al tramonto mangerete
carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore,
vostro Dio"».
La sera le
quaglie salirono e coprirono l'accampamento; al mattino c'era uno strato di
rugiada intorno all'accampamento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco,
sulla superficie del deserto c'era una cosa fine e granulosa, minuta come è la
brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l'un l'altro: «Che
cos'è?», perché non sapevano che cosa fosse. Mose disse loro: «E il pane che il
Signore vi ha dato in cibo».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 77
Donaci, Signore, il pane del cielo.
Ciò che
abbiamo udito e conosciuto
e i nostri
padri ci hanno raccontato
non lo
terremo nascosto ai nostri figli,
raccontando
alla generazione futura
le azioni
gloriose e potenti del Signore
e le
meraviglie che egli ha compiuto.
Diede ordine
alle nubi dall'alto
e aprì le
porte del cielo;
fece piovere
su di loro la manna per cibo
e diede loro
pane del cielo.
L'uomo
mangiò il pane dei forti;
diede loro
cibo in abbondanza.
Li fece
entrare nei confini del suo santuario,
questo monte
che la sua destra si è acquistato.
Seconda Lettura
Ef 4, 17. 20-24
Dalla lettera di san Paolo apostolo
agli Efesìni
Fratelli, vi
dico e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro
vani pensieri.
Voi non così
avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in
lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la
sua condotta di prima, l'uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni
ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l'uomo
nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità.
Vangelo Gv 6,
24-35
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli,
salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo
trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbi, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose
loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto
dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da
fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna
e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il
suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere
di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui
che egli ha mandato».
Allora gli
dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I
nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: "Diede
loro da mangiare un pane dal cielo"». Rispose loro Gesù: «In verità, in
verità io vi dico: non è Mose che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre
mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui
che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli
dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il
pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete,
mai!».