Quinto ciclo
Anno
liturgico B (2014-2015)
Tempo
Ordinario
XVI Domenica
(19 luglio
2015)
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Ger
23,1-6; Sal 22; Ef 2,13-18; Mc 6,30-34
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L’immagine che fa da sfondo a tutta la liturgia di
oggi è quella del pastore. Nel brano di Geremia Dio rimprovera i cattivi
pastori perché non hanno cura delle sue pecore e promette che lui stesso si
incaricherà di pascere le sue pecore. Il salmo responsoriale riprende quella
promessa di Dio e la mostra compiuta nell’anima: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla”. Il brano di
vangelo, a sua volta, mostra in Gesù colui che adempie quel desiderio di Dio
tanto che diventa lui stesso il ‘buon pastore’.
Il vangelo annota che Gesù davanti alla moltitudine ‘ebbe compassione di loro, perché erano come
pecore che non hanno pastore’. Il brano fa parte del racconto della
missione degli apostoli, racconto che era iniziato proprio con l’annotazione
che Gesù ‘sentì compassione’ (cfr. Mt
9,36) e si chiude con l’annuncio eucaristico, simboleggiato dal miracolo della
moltiplicazione dei pani, introdotto con la commozione di Gesù davanti alle
folle. La compassione di Gesù per l’umanità è alla radice della sua missione
sia come rivelatore del Padre che come salvatore. In essa prendono senso e
valore tutti i suoi gesti e le sue parole, come anche tutte le parole e le
opere di Dio lungo la storia sacra.
Per il nostro cuore è estremamente importante riuscire
a percepire almeno gli echi di quella compassione. E se Gesù prova compassione
è perché sa che può dire: “Venite a me,
voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28). E
ancora perché sa che il cuore dell'uomo cerca il ristoro e se non lo trova è
perché si illude di trovarlo fuori di Lui. Così quando, mosso dalla sua
compassione, Gesù invita i discepoli a pregare perché il Padre mandi operai
nella sua messe, fa pregare non solo perché mandi tanti operai, ma soprattutto
perché ne mandi di quelli che si muoveranno spinti dalla stessa sua
compassione. Gli operai che lavorassero in questa messe immensa, senza essere
il riflesso di questo amore e di questa compassione, non favorirebbero il
ristoro del cuore degli uomini. Ma come diventare il riflesso dell’amore e della
compassione di Dio per gli uomini senza la preghiera? Per questo Gesù fa
pregare, trattiene in disparte gli apostoli, li tiene in sua compagnia.
Un particolare del brano apre orizzonti insospettati.
Quando Gesù invita in disparte gli apostoli, lo fa perché si riposino un poco.
L’accenno al riposarsi è misterioso. Si tratta dello stesso termine che ricorre
nell’affermazione di Gesù: “Venite a me …
e io vi darò ristoro... e troverete ristoro”. Quel ‘ristoro/riposo’
corrisponde al movimento della sua compassione che viene incontro all’uomo
perché l’uomo, agitato, tormentato, sfinito, finalmente si riposi. Ma esso
pesca nel riposo di Dio il settimo giorno della creazione, riposo che viene
ripreso dal salmo responsoriale. Gli antichi rabbini hanno pensato che vi fu un
atto di creazione anche il settimo giorno: “Che cosa è stato creato il settimo
giorno? La ‘menuchà’, la
tranquillità, la serenità, la pace e il riposo” (Cfr. Gen Rabbà, 10, 9). È lo
stato in cui non vi è contesa né lotta, né paura né diffidenza; è felicità,
pace e armonia; vita nel mondo futuro, vita eterna. Quando nel salmo si
proclama: “Il Signore è il mio pastore,
non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi
conduce” (Sal 23,1-2) si allude proprio alle acque di ‘menuchoth’. Stessa allusione che troviamo nelle parole del Signore
Gesù quando dice ai suoi discepoli: “Venite
a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il
mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e
troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio
peso leggero” (Mt 11,28-31). Vi darò ristoro = vi farò riposare; sarò la
vostra felicità, pace, riposo. L’umiltà/mitezza che lo definisce costituisce la
cifra della luce della santità di Dio che si riversa sul mondo e che abilita a
quello sguardo capace di cogliere il mondo nel suo insieme.
È singolare che Gesù inviti i discepoli a starsene in
disparte, a cercare un luogo solitario per riposare e che contemporaneamente si
trovino davanti una folla numerosa della quale Gesù ha compassione. Quando i
discepoli annunceranno il regno di Dio non faranno che far arrivare ai cuori
l'eco di quella 'compassione', di quella 'profonda commozione' di Gesù, buon
pastore, mandato a riunire i figli di Dio dispersi. L'annuncio che non provenga
dalla condivisione, dalla solidarietà con quella 'compassione' sarà piatto e
ripetitivo e non toccherà i cuori. D'altra parte, se i discepoli non
impareranno a starsene in disparte con il loro Signore, non sentiranno la
profondità di quella 'compassione' e non potranno annunciare 'con potenza' il
regno di Dio. La vivacità, la vitalità, nel senso che porta vita, della parola
di Dio trova qui le sue radici. D’altronde è la stessa dinamica dei doni di Dio,
della stessa elezione del popolo, dei discepoli, dei ministri nella chiesa.
Essere scelti dal Signore non è in funzione di un privilegio, ma di una
intimità per farsi eco presso tutti di quella 'compassione' che tutti
raggiunge, perché non si dà pace finché uno solo resti escluso.
Inviando gli apostoli in missione, Gesù li aveva
forniti delle stesse sue prerogative: ‘scacciare i demoni, guarire ogni
malattia e infermità’. Nessuno può proclamare la verità della vita a titolo
proprio, come nessuno può procurare ristoro al cuore degli uomini a titolo
proprio. La verità e il ristoro che essa procura procedono dall'alto, esprimono
la compassione di Dio che raggiunge il cuore degli uomini, in Cristo. E se il
discepolo non lascia intravedere chiaramente tale rimando, non è un 'chiamato',
un 'inviato', lavora per la sua gloria e non potrà sanare nessuno. Così avverrà
quando dirà agli apostoli di dare da mangiare a una folla sterminata, tema
della liturgia di domenica prossima.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria
Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con
qualsiasi mezzo]
Prima Lettura Ger
23, 1-6
Dal libro del profeta Geremìa
Dice il
Signore:
«Guai ai
pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del
Signore.
Perciò dice
il Signore, Dio d’Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo:
Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete
preoccupati; ecco io vi punirò per la malvagità delle vostre opere. Oracolo del
Signore.
Radunerò io
stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le
farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò
sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più
temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una. Oracolo del Signore.
Ecco,
verranno giorni – oracolo del Signore –
nei quali
susciterò a Davide un germoglio giusto,
che regnerà
da vero re e sarà saggio
ed
eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra.
Nei suoi
giorni Giuda sarà salvato
e Israele
vivrà tranquillo,
e lo
chiameranno con questo nome:
Signore-nostra-giustizia».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 22
Il Signore è il mio pastore: non
manco di nulla.
Il Signore è
il mio pastore:
non manco di
nulla.
Su pascoli
erbosi mi fa riposare,
ad acque
tranquille mi conduce.
Rinfranca
l’anima mia.
Mi guida per
il giusto cammino
a motivo del
suo nome.
Anche se
vado per una valle oscura,
non temo
alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo
bastone e il tuo vincastro
mi danno
sicurezza.
Davanti a me
tu prepari una mensa
sotto gli
occhi dei miei nemici.
Ungi di olio
il mio capo;
il mio
calice trabocca.
Sì, bontà e
fedeltà mi saranno compagne
tutti i
giorni della mia vita,
abiterò
ancora nella casa del Signore
per lunghi
giorni.
Seconda Lettura
Ef 2, 13-18
Dalla lettera di san Paolo apostolo
agli Efesìni
Fratelli,
ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini,
grazie al sangue di Cristo.
Egli infatti
è la nostra pace,
colui che di
due ha fatto una cosa sola,
abbattendo
il muro di separazione che li divideva,
cioè
l’inimicizia, per mezzo della sua carne.
Così egli ha
abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti,
per creare in
se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la
pace,
e per
riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo
della croce,
eliminando
in se stesso l’inimicizia.
Egli è
venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani,
e pace a
coloro che erano vicini.
Per mezzo di
lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri,
al Padre in
un solo Spirito.
Vangelo Mc 6, 30-34
Dal vangelo secondo Marco
In quel
tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello
che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite
in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti
molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di
mangiare.
Allora
andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro
partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla
barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come
pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.