Quinto ciclo
Anno liturgico B (2014-2015)
Tempo Ordinario
XI
Domenica
(14 giugno 2015)
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Ez 17,22-24;
Sal 91; 2 Cor 5,6-10; Mc 4, 26-34
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Se paragoniamo il testo di Ezechiele
con le parabole di Gesù ci accorgiamo del cambiamento di prospettiva con cui
considerare il regno di Dio. Il profeta concepisce una restaurazione gloriosa
in continuità con il passato (vedi la talea dall’antico cedro), mentre Gesù parla
di un seme nuovo. Il regno di Dio non prolunga il passato né sposa la sua
grandezza agli occhi del mondo. La talea del testo profetico è presa da un
cedro, albero molto grande e piantata su un alto monte, mentre per Gesù il
regno di Dio nasce da un seme piccolissimo e piantato sulla terra, nel mondo
intero. La talea del cedro diventerà un albero magnifico (il cedro era
considerato il re degli alberi), mentre per Gesù il regno di Dio sarà un albero
molto modesto.
Se le descrizioni profetiche hanno
dato vita ad attese messianiche trionfali, con le sue parabole Gesù smonta
queste vane speranze: il regno di Dio avrà origini insignificanti e anche nel
suo prodigioso sviluppo mancherà di splendore mondano. Ecco quanto risultava
indigesto agli ascoltatori di Gesù e quanto risulta indigesto anche a noi, per
le attese fasulle di una gloria di imperio di Dio che saranno sempre disattese.
Il racconto delle due parabole è la
ripresa dell’invito iniziale del vangelo di Marco: “Credete al vangelo” (Mc 1,15), che, per essere percepito nella sua
reale novità, potremmo tradurre: ‘abbiate fede in questa buona notizia’, ‘date
fiducia a questa buona notizia’. In una duplice direzione, come sottolineano le
due parabole del seme gettato nella terra e del granello di senape: ciascun
cuore è invitato ad accogliere il seme della parola di Gesù, che, crescendo,
costruisce una nuova fraternità dallo spirito evangelico; questa nuova comunità
agisce nel mondo crescendo e attirando al Signore Gesù gli uomini di ogni dove,
sempre custodendo la modestia dell’opera di Dio che non si impone, ma che
affascina e attira.
Le parabole in effetti sono
costruite sul contrasto tra il seme e il frutto, tra il seme piccolissimo e la
pianta grande. Sottolineano la potenza
del seme e l'esito certo finale. La parabola del seme non insiste tanto sulla
sua piccolezza, ma sulla potenza che possiede nonostante la sua piccolezza. Il
paragone del seme vale anche per la fede: “se
aveste fede quanto un granellino di senapa ...” (Lc 17,6). Non da
intendere: basta che abbiate almeno un pochino di fede. Piuttosto: aveste fede
autentica, grande come un minutissimo seme di senape. I semi di senapa sono
così minuti che se si mettono sul palmo della mano e si capovolge la mano come
per rovesciarli per terra, nemmeno cadono giù. Era proverbiale l’immagine della
piccolezza del seme di senapa. Il paragone è basato sulla potenza che il seme
racchiude. E quando questa potenza si dispiega cresce a dismisura e diventa un
albero e tutti gli uccelli del cielo (intesi dalla tradizione: i popoli pagani,
i pensieri malvagi, tutti i pensieri dell’uomo) vengono a nidificare sui suoi
rami, cioè sono attratti e lì trovano riposo. Tale potenza appartiene al seme,
non a noi: questo è il motivo profondo della fiducia del cuore rispetto al peso
della vita, al peso dei malvagi nella vita. Non importa se abbiamo una fede
grande o piccola, basta che sia genuina e questa ha la potenza di fare
miracoli, cioè di trasformare tutto il nostro cuore fino a che ogni desiderio e
pensiero che vi si trova si riunisca e trovi riposo e compimento nel Signore
Gesù.
L’allusione si deduce dai termini
che il vangelo di Marco usa, inusuali per una semplice descrizione. Ad esempio,
non usa il verbo ‘nidificare’ ma ‘accamparsi’; per dire che il frutto matura
dice: il frutto si consegna (allusione alla consegna di Gesù agli uomini, alla
consegna dei discepoli a Gesù!); per la mietitura che è arrivata usa
l’espressione di Gioele 4,13 in cui si parla del raccolto che è presente, vale
a dire che il messaggio di Gesù è destinato a tutti i popoli e tutti lo
riconosceranno. Così la piccolezza del seme non è solo allusiva dell’inizio
insignificante, ma dell’irrilevanza sociale della comunità dei credenti.
Come viene cantato al vangelo: “Il
seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo: chiunque trova lui, ha la vita
eterna”, la parola del Signore ha così potenza che basta accoglierne una in
verità da essere capace di riunificare tutto di noi attorno, su e dentro di
essa. Così, davanti al dramma del male che ci accompagna, resta la fiducia
ancora più grande della potenza della parola di Dio, di quel Verbo, fatto uomo,
accolto in cuore e capace di portare tutto a Lui e in Lui, come s. Paolo nella
sua lettera ai Corinzi proclama: “sempre
pieni di fiducia … siamo pieni di fiducia”.
L’aspetto singolare dell’immagine
della pianta che cresce fino a permettere agli uccelli di nidificare è il
capovolgimento di prospettiva rispetto al suo uso profetico tradizionale. Se,
nel brano di Ezechiele, l’immagine indicava l’umiliazione dei due potenti regni
antagonisti del Medio Oriente antico, Egitto e Assiria, nell’intelligenza
evangelica l’immagine perde tutto il sapore di potenza mondana e si applica al
regno di Dio che cresce a tal punto da attirare tutte le nazioni. L’inizio è
insignificante, la modalità di crescita nascosta, ma l’esito fecondo.
Aggiungo ancora che Luca,
all’immagine del seme, unisce quella del lievito, per mostrare come l’evidenza
del Regno non riguardi una cosa o l’altra. Del regno non si può dire: eccolo qui, eccolo là. Riguarda l’insieme
del mondo, della vita, dei rapporti, dell’agire e del sentire, dell’essere e
del fare. Girolamo spiega come il lievito sia la conoscenza del mistero del
Figlio di Dio fatto uomo per noi, la gioia della scoperta del Figlio di Dio
come tesoro e perla preziosa tanto da investire tutte le proprie energie in
quel cammino di scoperta e da cedere ogni altro bene in vista di ottenere e di
condividere con tutti quel tesoro. Quel Verbo, seminato nella terra del nostro
cuore, cresce e attira tutto a sé.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle
letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la
riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]
Prima
Lettura Ez 17, 22-24
Dal libro
del profeta Ezechiele
Così dice il Signore Dio: «Un
ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo
coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte
alto d’Israele.
Metterà rami e farà frutti e
diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni
volatile all’ombra dei suoi rami riposerà.
Sapranno tutti gli alberi della
foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero
basso, faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il
Signore, ho parlato e lo farò».
Salmo
Responsoriale dal Salmo 91
È bello rendere grazie al Signore.
È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte.
I1 giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro
Dio.
Nella vecchiaia daranno ancora
frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
per annunciare quanto è retto il
Signore,
mia roccia: in lui non c’è
malvagità.
Seconda
Lettura 2 Cor 5, 6-10
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, sempre pieni di fiducia e
sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo -
camminiamo infatti nella fede e non nella visione - siamo pieni di fiducia e
preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore.
Perciò, sia abitando nel corpo sia
andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo
comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa
delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.
Vangelo Mc 4, 26-34
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù diceva [alla
folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno;
dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli
stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la
spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito
egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo
paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un
granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di
tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa
più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli
del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso
genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non
parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.