Quinto
ciclo
Anno
liturgico B (2014-2015)
Tempo
di Natale
Battesimo del
Signore
(11
gennaio 2015)
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Is 55,1-11; Salmo: Is 12,2-6; 1 Gv 5,1-9; Mc 1,7-11
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La tradizione ha colto il mistero del battesimo di
Gesù nell’ottica della sua epifania, della sua manifestazione.
Nella celebrazione della festa dell’Epifania, con le antifone solenni del
Benedictus e del Magnificat, la chiesa cantava: “Oggi la Chiesa, lavata dalla
colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo, suo Sposo; accorrono i magi con
doni alle nozze regali e l’acqua cambiata in vino rallegra la mensa”. La festa
di oggi è stata iscritta nel calendario romano solo nel 1960 ed è stata fissata
alla data attuale nel 1969.
Appuntiamo lo sguardo su due particolari.
Primo particolare: Gesù viene al Giordano per farsi
battezzare. Marco usa la stessa espressione di Es
2,11, letta nel testo greco della LXX con l’annotazione di Mosè che, una volta
raggiunta l’età di quarant’anni, uscì dalla casa del faraone per fare visita al
suo popolo. Il riferimento è letto in rapporto alla profezia
di Mosè in Dt 18,15: “Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi
fratelli, un profeta pari a me.
A lui darete ascolto”.
Chi ascolta queste parole è Giosuè, in greco Gesù, colui che
traghetta il popolo nella terra di Israele attraversando il Giordano. La
deduzione è presto fatta: l’evangelista Marco vede realizzarsi le profezie e
l’attesa messianica in Gesù di Nazaret che viene a
farsi battezzare, lui, l’Innocente, l’Agnello che toglie i peccati del mondo.
Da notare che il Giordano è il fiume della terra che scorre più in basso,
raggiungendo circa i 500 m sotto il livello del mare.
Tutti particolari, questi, che descrivono la salvezza
operata da Dio secondo la cifra dell’abbassamento, della debolezza, della
stoltezza, che Paolo chiamerà più forte e più sapiente degli uomini, e che
Giovanni chiamerà gloria ed elevazione. Il primo gesto di Gesù, nel compiere la
sua missione, è quello di stare solidale con i peccatori. È in fila con i
peccatori per ricevere il battesimo di penitenza di Giovanni. Lui però non ha
bisogno del battesimo. Perché allora viene a farsi battezzare? Viene per
celebrare il suo sposalizio: nella
sua umanità oramai è lavata tutta l’umanità, che può
stare unita a lui e godere, come lui, di quello Spirito che come colomba si
posa sul suo capo, capo del suo corpo che siamo noi. Nessuno può ancora vedere
lo Spirito però; solo Gesù, uscendo dalle acque, lo può vedere perché ne è
ripieno ed anche Giovanni, che con quel battesimo dato a Gesù finisce la sua
opera di battezzatore per lasciare posto a lui, al suo nuovo battesimo, il battesimo nello Spirito. Si potrà vedere allorquando,
compiuta la sua missione, avendo patito per gli uomini, morto e risorto, lo
effonderà come lingue di fuoco sugli apostoli. Vedere lo Spirito Santo
significa poter penetrare nei cieli ormai aperti, significa aver sperimentato
in tutta la sua potenza quel compiacimento
che la voce proclama da parte di Dio su Gesù.
Il racconto di Marco è densissimo di allusioni. Se i
profeti (cf. Ml 3,22) motivavano l’invito a emendarsi
mirando al passato, richiamando cioè Mosè e la Legge, con il Battista oramai si
guarda al futuro, alla venuta di colui che battezzerà
in Spirito Santo. L’azione dello Spirito è di far sì che l’uomo appartenga a
Dio (cf. Ez 36,28; Is 44,5) e denominarlo Santo,
oltre che alludere alla natura divina, significa sottolinearne
l’azione specifica: introdurre l’uomo nella sfera divina, consacrarlo nella
fedeltà a Dio. Con il suo battesimo, a differenza di tutti coloro
che ricevono il battesimo di Giovanni, Gesù non confessa la sua complicità con
il male, ma manifesta la disposizione di offerta totale di sé: si impegna a
compiere la sua missione a favore degli uomini disposto a non risparmiare
nemmeno la sua vita. Si tratta di compiere l’esodo definitivo per il nuovo
popolo dell’alleanza.
Secondo particolare: i cieli si squarciano e la voce
lo proclama il Figlio amato. Il profeta Isaia aveva gridato al Signore: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!”
(Is 63,19). Ora avviene, con il richiamo al fatto che
con la crocifissione il velo del tempio si squarcia da cima a fondo (Mc 15,38).
L’annotazione segnala l’irreversibilità del movimento: non c’è più chiusura tra
cielo e terra, tra Dio e uomo e lo Spirito scende su Gesù come nel suo luogo
desiderato. Come a dire: colui che si consegna per
amore degli uomini è il luogo naturale dello Spirito di Dio. Con l’allusione,
nell’immagine della colomba, allo Spirito Creatore di Gen
1,2, il quale in Gesù porta a compimento la creazione dell’uomo, portandola
alla pienezza umana, ricolma di Spirito. Se con l’ultimo profeta, Malachia, la tradizione ha visto ritirarsi lo Spirito nel
santuario celeste perché nessun nuovo profeta era sorto da allora, ora, con la
discesa dello Spirito su Gesù, il santuario celeste è lui. Nell’Antico
Testamento, lo Spirito Santo è indicato come lo Spirito del santuario, essendo
il Tempio, al suo centro, nel Santo dei Santi, a contenere la Shekhinah, la Presenza, l’Inabitazione.
Ora la Shekhinah, la Presenza, è in
quel profeta di Nazaret, che la voce proclama: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho
posto il mio compiacimento”.
In quel ‘Figlio mio, l’amato’
risuona l’eco dell’esperienza di Abramo al quale viene chiesto di sacrificare
Isacco, il figlio unico, che amava (cf. Gen 22,2). O ancora, l’eco della parabola dei vignaioli
assassini, in Mc 12,6, quando il padrone della vigna pensa al suo figlio
prediletto da mandare ai vignaioli che non vogliono consegnare il raccolto e
che poi lo mettono a morte. Se quell’aggettivo ‘prediletto’ rivela la
radicalità della fede di Abramo, che davanti al suo Dio
accetta di sacrificare il suo cuore, a maggior ragione rivela la
radicalità dell’amore di Dio per l’umanità essendo disposto a mandare il suo
Figlio a coloro che ne faranno scempio. L’aggiunta “in te ho posto il mio
compiacimento” rivela tutta la profondità del mistero. ‘In te’, non è più solo rivolto al Figlio
nella sua divinità, ma al Figlio, Dio fatto uomo. In quel Figlio, Dio-uomo, l’Amore del Padre è perfetto perché in lui si può
contemplare tutta l’estensione e la profondità di quell’Amore che realizza
compiutamente il suo sogno sulla creazione e sull’umanità.
Chiamare Gesù ‘il Figlio mio’
non esprime solo la qualità di essere di Gesù per cui Dio, oramai, è il Padre
di Gesù, ma anche la sottolineatura che il Figlio agisce e si comporta come
Dio, il Padre. La dedizione di Gesù in favore degli uomini, per cui il
battesimo è simbolo della morte volontariamente accettata, come riporta il
canto al vangelo: “Ecco l’agnello di Dio, colui che
toglie il peccato del mondo”, è la rivelazione dell’amore di Dio per l’umanità.
Il Padre rivela che il suo atteggiamento verso gli uomini è lo stesso
manifestato da Gesù. In Gesù possiamo vedere chi è Dio. Tutto il vangelo sarà
lì a mostrarlo, nelle parole come nelle azioni di Gesù.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Is 55, 1-11
Dal libro del profeta Isaia
Così dice il
Signore:
«O voi tutti assetati, venite
all'acqua,
voi che non avete denaro, venite;
comprate e mangiate; venite, comprate senza
denaro,
senza pagare, vino e latte.
Perché
spendete denaro per ciò che non è pane,
il vostro guadagno per ciò che non
sazia?
Su,
ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti.
Porgete
l'orecchio e venite a me,
ascoltate e vivrete.
Io stabilirò
per voi un'alleanza eterna,
i favori assicurati a Davide.
Ecco, l'ho
costituito testimone fra i popoli,
principe e sovrano sulle nazioni.
Ecco, tu
chiamerai gente che non conoscevi;
accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano
a causa del
Signore, tuo Dio,
del Santo d'Israele, che ti onora.
Cercate il
Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino.
L'empio
abbandoni la sua via
e l'uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di
lui
e al nostro Dio che largamente perdona.
Perché i
miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie.
Oracolo del
Signore.
Quanto il
cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre
vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri
pensieri.
Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere
irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta
germogliare,
perché dia il seme a chi semina e il pane
a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla
mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto
ciò per cui l'ho mandata».
Salmo Responsoriale
Is 12,2-6
Attingeremo con gioia alle sorgenti
della salvezza.
Ecco, Dio è
la mia salvezza;
io avrò fiducia, non avrò timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.
Rendete
grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere,
fate ricordare che il suo nome è
sublime.
Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose
eccelse,
le conosca tutta la terra.
Canta ed
esulta, tu che abiti in Sion,
perché grande in mezzo a te è il Santo
d'Israele.
Seconda Lettura 1 Gv 5, 1-9
Dalla prima lettera di san Giovanni
apostolo
Carissimi,
chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato
da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato.
In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo
Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti
consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi
comandamenti non sono gravosi. Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo;
e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince
il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?
Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo;
non con l'acqua soltanto, ma con l'acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che
dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che
danno testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre sono
concordi. Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza
di Dio è superiore: e questa è la testimonianza di Dio, che egli ha dato
riguardo al proprio Figlio.
Vangelo Mc 1, 7-11
Dal vangelo secondo Marco
In quel
tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui
che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei
suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà
in Spirito Santo».
Ed ecco, in
quei giorni, Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu
battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall'acqua, vide
squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te
ho posto il mio compiacimento».