Quinto
ciclo
Anno
liturgico B (2014-2015)
Tempo
di Natale
II Domenica
(4 gennaio
2015)
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Sir
24,1-4.8-12; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18
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Nelle
liturgie natalizie non manca mai il riferimento alla benedizione divina che in
Gesù scende sull’uomo e che dall’uomo sale copiosa a
Dio. Gesù è il Dono fatto da Dio all’umanità e contemporaneamente il frutto
dell’umanità che nella Vergine raggiunge il suo esito
esemplare. Nelle sue poesie sul mistero del Natale s. Efrem
lo sottolinea acutamente: “Maria è il giardino sul
quale discese dal Padre la pioggia della benedizione; di quella effusione lei
asperse il volto di Adamo”. O ancora, facendo parlare la stessa Madre di Dio, vede nel
riferimento a Cristo lo scopo supremo della vita, capace di una visione nuova,
trasformante: “Se una madre ha un bambino, questo diventa fratello del mio
diletto. Se ha una figlia o una congiunta, questa diventa la sposa del
mio Signore. Colui che ha un servo, gli conceda la
libertà, affinché venga per servire il suo Signore [...] A causa tua una serva
diventa libera. Se una ti ama, c’è nel suo seno una invisibile
liberazione”.
Se davvero
crediamo, come dice il ritornello del salmo responsoriale, che “il Verbo si è
fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi”, allora l’augurio più
bello e convincente, dal punto di vista della fede, non può essere che quello
di Paolo agli Efesini: “…il Dio del
Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di
sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli
occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati,
quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi”. Conoscenza,
qui, allude all’esperienza degli apostoli che, davanti al mistero del Figlio di
Dio fatto uomo, con il quale hanno vissuto, che hanno
sentito parlare, che hanno visto all’opera, dal quale sono rimasti folgorati e
affascinati, dicono: “e noi abbiamo
contemplato la sua gloria” (Gv 1,14). Come prega
la colletta: “Padre di eterna gloria, che nel tuo unico Figlio ci hai scelti e amati prima della creazione del mondo e in lui,
sapienza incarnata, sei venuto a piantare in mezzo a noi la tua tenda,
illuminaci con il tuo Spirito perché accogliendo il mistero del tuo amore,
pregustiamo la gioia che ci attende, come figli ed eredi del regno”. Da dentro
quell’esperienza, testimoniata dagli apostoli e con noi condivisa, la
percezione del mistero dell’amore di Dio per gli
uomini, della benevolenza di Dio che tocca le radici dei cuori con il dono di
quel Figlio, dato per noi, diventa chiarissima, prepotente: la benedizione non
si allontanerà mai più dall’umanità.
Se vogliamo
indagare la ragione profonda di quella percezione, non possiamo che
riconoscerla espressa nell’affermazione: “Dio
nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è
Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv
1,18). Qui risiede tutta la fierezza e l’umiltà del
cristiano di fronte ai suoi fratelli, in cammino e alla ricerca della verità
che riguarda tutti allo stesso titolo. Se tutto il creato rimanda al Cristo
Signore, a maggior ragione l’uomo, fatto ad immagine
di Lui, che è l’Immagine, lo splendore del Volto stesso di Dio. Ma se questo è vero, allora tutti i nostri pensieri
rimandano a lui, tutte le nostre aspirazioni, tutti i nostri desideri, tutti i
nostri ideali. Secondo i nostri Padri, la preghiera non è che
il luogo di riconoscimento del Cristo come fondamento dei nostri pensieri.
Tutta la bontà, tutte le virtù che possiamo ottenere non sono
che partecipazione ai suoi sentimenti, alla sua vita, che è vita stessa
di Dio.
Le nostre
così frequenti ‘lamentele’ nella vita, certamente fondate in buone ragioni, non
ci fanno cogliere però la ragione essenziale per la vita del cuore, che subisce
come una mancata rivelazione, come un’impossibilità di accedere a quel certo
orizzonte dove tutto è bagnato dalla luce della benedizione. Se davvero i
nostri occhi stanno aperti a riconoscere la venuta tra noi di Colui che custodisce quella benedizione, perché smarrirci
allora nelle paure e nelle angosce, come se qualcosa di essenziale ci mancasse
ancora?
Il Padre ci
ha donato il suo Figlio ed il Figlio, per mezzo dello
Spirito Santo, ci fa dono del potere di diventare figli a nostra volta: “A quanti però lo hanno accolto ha dato
potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali,
non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati
generati” (Gv 1,12-13). Il dono è aperto a tutti,
perché non si nasce cristiani, ma lo si diventa. È il
superamento più radicale di ogni distinzione fra gli uomini basata su etnia,
nazione, cultura, censo, ecc. Ricevere il potere di diventare figli di Dio significa partecipare alla vita stessa del Figlio di Dio;
significa rivestirsi dei suoi sentimenti, nei quali fondare le radici di
un’umanità nuova, trasfigurata, che non si presenta più temibile in nulla per
nessuno. Usassimo questo semplice criterio di discernimento per giudicare la
bontà del nostro agire!
La letizia
del Natale rimanda a tale possibilità,
a tale potere e qui si radica la
speranza per il mondo: la gloria di Dio può ancora risplendere in mezzo a noi,
la vita nel mondo può ancora tornare amabile, nonostante i drammi e le
tragedie, le violenze e gli egoismi. Siamo sicuri – anche questo è un
corollario della nostra fede nel Signore Gesù – che
sempre ci sarà qualcuno che, discepolo del Signore, farà risplendere l’umanità
in questo mondo. E sempre ci sarà qualcuno che, affascinato da quello
splendore, riconoscerà il Signore e tornerà a far desiderare la conoscenza di lui, come si augura l’apostolo.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Sir 24, 1-4. 8-12
Dal libro del Siràcide
La sapienza
fa il proprio elogio,
in Dio trova il proprio vanto,
in mezzo al
suo popolo proclama la sua gloria.
Nell'assemblea
dell'Altissimo apre la bocca,
dinanzi alle
sue schiere proclama la sua gloria,
in mezzo al
suo popolo viene esaltata,
nella santa assemblea viene ammirata,
nella moltitudine degli eletti trova la
sua lode
e tra i benedetti è benedetta, mentre
dice:
«Allora il
creatore dell'universo mi diede un ordine,
colui che mi ha creato mi fece piantare
la tenda e mi disse:
"Fissa
la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele,
affonda le tue radici tra i miei
eletti" .
Prima dei
secoli, fin dal principio,
egli mi ha creato, per tutta l'eternità
non verrò meno.
Nella tenda
santa davanti a lui ho officiato
e così mi sono stabilita in Sion.
Nella città
che egli ama mi ha fatto abitare
e in Gerusalemme è il mio potere.
Ho posto le
radici in mezzo a un popolo glorioso,
nella porzione del Signore è la mia
eredità,
nell'assemblea dei santi ho preso
dimora».
Salmo Responsoriale dal Salmo 147
Il Verbo si è fatto carne e ha posto
la sua dimora in mezzo a noi.
Celebra il
Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue
porte,
in mezzo a
te ha benedetto i tuoi figli.
Egli mette
pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla
terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.
Annuncia a
Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a
Israele.
Così non ha
fatto con nessun'altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi
giudizi.
Seconda Lettura Ef 1, 3-6.
15-18
Dalla lettera di san Paolo apostolo
agli Efesini.
Benedetto
Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti
con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e
immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli
adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d'amore della sua volontà, a
lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio
amato.
Perciò anch'io
[Paolo], avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore
Gesù e dell'amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per
voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù
Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione
per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per
farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria
racchiude la sua eredità fra i santi.
Vangelo Gv 1,1-18
Dal vangelo secondo Giovanni
[ In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in
principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di
ciò che esiste.
In lui era
la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno vinta. ]
Venne un
uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne
come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui
la luce,
ma doveva dare testimonianza alla
luce.
[ Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel
mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di
lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i
suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti
però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di
Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo
si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua
gloria,
gloria come del Figlio unigenito che viene
dal Padre,
pieno di grazia e di verità. ]
Giovanni gli
dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua
pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la
Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per
mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno
lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.