Quinto ciclo
Anno
liturgico B (2014-2015)
Solennità
e feste
Sacro Cuore di Gesù
(12 giugno
2015)
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Os
11,1.3-4.8c-9; Is 12,2-6; Ef 3,8-12.14-19; Gv 19,31-37
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Il simbolo più eloquente dell’amore di Dio per l’uomo,
almeno nella liturgia latina, è il ‘sacratissimo cuore di Gesù’ che la lancia
del soldato apre sul mondo, spalancando sull’universo il segreto di Dio.
L’antifona d’ingresso della festa del S. Cuore canta: “Di generazione in
generazione durano i pensieri del suo cuore, per salvare dalla morte i suoi
figli e nutrirli in tempo di fame”, eco del salmo 32 là dove proclama: “Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli. Ma il piano del Signore sussiste per sempre,
i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni”. Il piano del Signore è
la sua determinazione all’amore per l’uomo, una determinazione che non si
lascia vincere da nessuna diffidenza e cattiveria. Dio resta solidale con
l’uomo comunque. Il Cuore di Gesù svela questo piano e lo rende noto a tutti, a
chiunque, per sempre.
Lo ripete s. Paolo nella sua lettera agli Efesini
quando descrive l’annuncio evangelico del mistero nascosto da secoli in Dio e
ora rivelato al mondo dicendo: “…secondo
il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore …”.
Con lo straordinario invito finale: “Che
il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e
fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia
l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di
Cristo che supera ogni conoscenza …” (Ef 3,11.17-19).
Esperienza certamente fascinosa ma per nulla scontata.
Se interrogo il mio cuore, nella sua fatica del vivere, non posso non
domandarmi: ma perché resto così insensibile davanti al suo cuore spalancato? Perché non mi faccio toccare? I comandamenti
del Signore, rispetto alla sapienza del mondo che pervade la nostra carne, non
hanno spesso quella risonanza per la quale non ci sentiamo attirati, ma come
impauriti, respinti? Eppure, come dice
misteriosamente il profeta Zaccaria: “Riverserò
sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di
grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto” (Zc
12,10). Profezia, che il vangelo di Giovanni interpreta come figura della morte
in croce di Gesù (cfr Gv 19,37). È proprio Dio che si lascia trafiggere e la
salvezza viene dal fatto di guardare a lui trafitto con altri occhi. Non c’è
altra strada per convertirsi, per credere. Non è sdegnandosi con se stessi o
sognando una giustizia superiore che il cuore attinge al mistero di Dio, ma
solo commuovendosi davanti ad un amore così toccante che ti rende prezioso
nonostante la tua indegnità.
Acquistano una risonanza insospettata le parole di
Giovanni nella sua prima lettera se le riferiamo direttamente al Cuore di Gesù:
“… davanti a lui rassicureremo il nostro
cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e
conosce ogni cosa” (1Gv 3,19-20). È Dio a sovrastare il nostro peccato con
la sua bontà. Il riconoscimento del peccato richiama in primo luogo la bontà di
Dio, non la nostra condanna. La bontà crea sempre uno spazio nuovo al cuore
dell'altro permettendogli di entrare nuovamente nella vita, apre un tempo nuovo
senza bloccare il cuore al passato. Il Suo amore è più grande del nostro
peccato. E proprio questa esperienza è la garanzia più solida della nostra
speranza che ci apre alla comunione con Dio e con i fratelli, pacificando noi
stessi.
Giovanni è testimone oculare: “uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì
sangue e acqua” (Gv 19,34).
Evidentemente, non allude solo al fatto visto, ma al significato che ne
ha dedotto, significato che corrisponde a quanto aveva scritto all’inizio del
suo vangelo: “ e noi abbiamo contemplato
la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di
grazia e di verità … Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è
Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,14.18). Il
cuore squarciato illustra quella gloria
e il fatto viene narrato perché anche chi legge possa ritrovarsi nella stessa
esperienza del discepolo prediletto. Non si tratta di una informazione di
cronaca, ma dello svelamento di un segreto capace di rinnovare tutta la vita.
Quella gloria appare a chi guarderà verso quel trafitto sentendosi trafitto dalla intensità del suo amore e dal
dolore di non averlo compreso prima. Vedremo allora, come dice il profeta Osea,
l’opera di Dio per noi: “A Efraim io
insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura
di loro” (Os 11,3). Così prega la colletta: “Padre di infinita bontà e
tenerezza… donaci di attingere dal Cuore di Cristo trafitto sulla croce la
sublime conoscenza del tuo amore …”.
Mi piace riportare un aneddoto delle fonti
francescane. Vi si narra di un sogno rivelatore di due eretici, poi convertiti.
Avevano visto il Signore Gesù chinarsi sul petto di Giovanni e questi a sua
volta su quello di Gesù. Ad un certo punto, Gesù aprì con le sue stesse mani la
ferita del costato e vi apparve perfettamente visibile san Francesco,
all’interno del petto di nostro Signore; poi Gesù chiuse la sua ferita e vi
rinchiuse san Francesco (FF 2547). Ma di Francesco si dice che avesse
costantemente davanti agli occhi il suo dolce Gesù, crocifisso: “I frati che
vissero con lui, inoltre sanno molto bene come ogni giorno, anzi ogni momento
affiorasse sulle sue labbra il ricordo di Cristo; con quanta soavità e dolcezza
gli parlava, con quale tenero amore discorreva con Lui. Era davvero molto
occupato con Gesù. Gesù portava sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle
orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra (FF
522).
L’invito alla fede da parte di Giovanni evangelista
nel riportare l’episodio della lancia che squarcia il costato di Cristo allude
all’esperienza di visione dell’amore
di Dio per noi che proietta la vita in spazi assolutamente nuovi, fino ad
allora impensabili. Non è che l’uomo abbia motivi così evidenti per amare Dio;
ma se sosta in preghiera quei motivi incominciano ad apparire al cuore e tutti
alla fine si riducono all’esperienza del venir come rinchiusi nel fianco aperto di Cristo, spalancato sul mondo, resi
ormai suoi compagni di testimonianza dello splendore dell’amore di Dio per l’uomo.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria
Editrice Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con
qualsiasi mezzo]
Prima Lettura Os
11, 1. 3-4. 8-9
Dal libro del profeta Osea
Quando
Israele era fanciullo, io l'ho amato
e
dall'Egitto ho chiamato mio figlio.
A Èfraim io
insegnavo a camminare tenendolo per mano,
ma essi non
compresero che avevo cura di loro.
Io li traevo
con legami di bontà, con vincoli d'amore,
ero per loro
come chi solleva un bimbo alla sua guancia,
mi chinavo
su di lui per dargli da mangiare.
Il mio cuore
si commuove dentro di me,
il mio
intimo freme di compassione.
Non darò
sfogo all'ardore della mia ira,
non tornerò
a distruggere Èfraim,
perché sono
Dio e non uomo;
sono il
Santo in mezzo a te
e non verrò
da te nella mia ira.
Salmo Responsoriale
Is 12,2-6
Attingeremo con gioia alle sorgenti
della salvezza.
Ecco, Dio è
la mia salvezza;
io avrò
fiducia, non avrò timore,
perché mia
forza e mio canto è il Signore:
egli è stato
la mia salvezza.
Attingerete
acqua con gioia
alle
sorgenti della salvezza.
Rendete
grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate
fra i popoli le sue opere,
fate
ricordare che il suo nome è sublime.
Cantate inni
al Signore, perché ha fatto cose eccelse,
le conosca tutta
la terra.
Canta ed
esulta, tu che abiti in Sion,
perché
grande in mezzo a te è il Santo d'Israele.
Seconda Lettura
Ef 3, 8-12. 14-19
Dalla lettera di san Paolo apostolo
agli Efesìni
Fratelli, a
me, che sono l'ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare
alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla
attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell'universo,
affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle
Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che
egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di
accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui. Per questo io piego le
ginocchia davanti al Padre, dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e
sulla terra, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di
essere potentemente rafforzati nell'uomo interiore mediante il suo Spirito.
Che il
Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati
nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia
l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e di conoscere l'amore di
Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di
Dio.
Vangelo Gv 19,
31-37
Dal vangelo secondo Giovanni
Era il
giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce
durante il sabato - era infatti un giorno solenne quel sabato -, chiesero a
Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via.
Vennero
dunque i soldati e spezzarono le gambe all'uno e all'altro che erano stati
crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non
gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco,
e subito ne uscì sangue e acqua.
Chi ha visto
ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero,
perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la
Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura
dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».