Quinto ciclo
Anno liturgico B (2014-2015)
Tempo Ordinario
XXXIV Domenica
Nostro Signore Gesù
Cristo Re dell'universo
(22 novembre 2015)
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Dn 7,13-14; Sal
92; Ap 1,5-8; Gv 18,33b-37
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Il ciclo liturgico si chiude
sull’immagine del Cristo Re. È l’ultima domenica del tempo ordinario; domenica
prossima inizia l’Avvento. L’immagine del re richiama la signoria universale di
Gesù, il suo ruolo di Giudice alla fine dei tempi, l’ammissione alla gioia di
quel Regno che non avrà mai fine. Eppure la liturgia sceglie come icona della
regalità il brano del processo davanti a Ponzio Pilato e ai capi dei giudei
dove il potere religioso e il potere politico rivelano la loro inconsistenza
rispetto alla verità.
Il re messianico, colui che avrebbe
inaugurato l’era messianica, era designato con l’espressione ‘colui che viene’,
espressione che era risuonata festosa, pochi giorni prima, sulla bocca dei
discepoli all’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, ripresa dal canto al
vangelo: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno
che viene, del nostro padre Davide!” (Mc 11,9-10). Per mettere maggiormente in
risalto il valore dell’espressione sarebbe bene tradurre: ‘Benedetto nel nome
del Signore colui che viene!’. Se teniamo presente che quell’espressione
risuona come definizione di Dio: “Io sono
l’Alfa e l’Omega, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente” (Ap 1,8) e che l’ultima parola della Bibbia si raccoglie in
un doppio grido da e per Colui che viene: “Sì,
vengo presto! Amen. Vieni, Signore Gesù” (Ap
22,20), allora se ne può intuire la densità di significato. Colui che da sempre
è stato atteso, colui che da sempre si attende, Colui che riassume tutte le
nostre attese è proprio Lui, il re dei giudei, sotto processo, condannato,
giustiziato. Perché a questo è destinato colui che proclama la verità, colui il
cui regno non è e non appartiene a questo mondo, ma di cui il senso è noto e
svelato soltanto da Lui.
Quando dice che il suo regno non è
di questo mondo, non vuol dire che non riguarda questo mondo, ma più
semplicemente e più potentemente che proprio perché non è di questo mondo, può
essere in questo mondo, può riprenderne le minime cose senza sciuparle, può
riprendere ciò che è rotto e farne un canale. Lo proclamerà dall’alto della
croce quando si svelerà la profezia messianica: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). È la verità dell’amore del Padre per tutti i suoi
figli che in lui splende.
È d’altronde caratteristico che il
re promesso sia crocifisso: crocifisso in quanto re, re in quanto crocifisso.
Non vale più alcun titolo di prestigio o potere, solo lo splendore dell’amore!
Mi sembra che nel corso del processo si richiamino a vicenda, nella loro
profondità di verità, le due espressioni sarcastiche, una proferita e l’altra
pensata: ‘Ecco l’uomo’; ‘Ecco il vostro Dio’. Fin sotto la croce arriva l’eco
di questo sarcasmo. Ma il sarcasmo non toglie la verità: Gesù è davvero l’uomo
pieno, libero, sovrano nell’amore e nella dedizione ed è davvero il vero volto
di Dio, il volto di compassione e misericordia, capace di salvare.
Credo sia questo il senso per cui
Gesù abbina il titolo di re alla verità: “Per
questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza
alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. La regalità di
Gesù ha a che fare con la verità, che è amore. É la proclamazione ferma,
sovrana, del brano dell’Apocalisse: “A Colui
che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto
di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre…”. A Lui, all’Agnello
immolato fin dalla fondazione del mondo, a colui che costituisce l’inizio e la
fine, a lui tutti volgeranno gli sguardi perché tutti vanno in cerca della
verità che acquieta solo quando si rivela come amore, amore per noi.
Così l’espressione ‘chiunque è dalla verità ascolta la mia voce’
acquista il significato: chiunque vuol compiere in verità i desideri del suo
cuore ascolta la mia voce, vale a dire regna con me, serve come me. Servire e
regnare si richiamano a vicenda perché ambedue sono in funzione dell’amore che
risplende in verità: nel servire è allusa la fedeltà all’alleanza con Dio,
mentre nel regnare è allusa la libertà dei cuori liberata da odio e tristezza e perciò sovrana. L’alleanza si
traduce in desiderio di fraternità, dove ormai non si tratta più di attirare a
me le simpatie del Re, che è già tutto dalla mia parte, ma di condividere con
lui i suoi sentimenti verso l’umanità intera. Posso così chiamare mio il mio
Re, quando rispetto a tutti sono soltanto servo perché condivido ormai il suo
segreto, che è il suo desiderio di comunione con gli uomini che diventa lo
scopo supremo dell’agire umano.
Quando, nell’orazione dopo la
comunione, preghiamo: “Fa’ che obbediamo con gioia a Cristo, Re dell’universo,
per vivere senza fine con lui, nel suo regno glorioso”, domandiamo di imparare
ad assumere il servizio all’umanità come condivisione del segreto di Dio perché
si manifesti lo splendore di verità del suo amore per noi, in mezzo a noi. E
come viverlo senza che i nostri sguardi si volgano con tenerezza a quel ‘re,
crocifisso’ per tutti?
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
[I testi delle
letture sono protetti dal © Libreria Editrice Vaticana e ne è vietata la
riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]
Prima Lettura Dn 7, 13-14
Dal libro del profeta Daniele
Guardando
nelle visioni notturne,
ecco venire
con le nubi del cielo
uno simile a
un figlio d'uomo;
giunse fino
al vegliardo e fu presentato a lui.
Gli furono
dati potere, gloria e regno;
tutti i
popoli, nazioni e lingue lo servivano:
il suo
potere è un potere eterno,
che non
finirà mai,
e il suo
regno non sarà mai distrutto.
Salmo Responsoriale
dal Salmo 92
Il Signore regna, si riveste di
splendore.
Il Signore
regna, si riveste di maestà:
si riveste
il Signore, si cinge di forza.
È stabile il
mondo, non potrà vacillare.
Stabile è il
tuo trono da sempre, dall'eternità tu sei.
Davvero
degni di fede i tuoi insegnamenti!
La santità
si addice alla tua casa
per la
durata dei giorni, Signore.
Seconda Lettura
Ap 1, 5-8
Dal libro dell'Apocalisse di san
Giovanni apostolo
Gesù Cristo
è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della
terra.
A Colui che
ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di
noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza
nei secoli dei secoli. Amen.
Ecco, viene
con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui
tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Sì, Amen!
Dice il
Signore Dio: Io sono l'Alfa e l'Omèga, Colui che è,
che era e che viene, l'Onnipotente!
Vangelo Gv 18, 33b-37
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici
questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse
io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che
cosa hai fatto?».
Rispose
Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo
mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai
Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora
Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re.
Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare
testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».