Quinto ciclo
Anno
liturgico B (2014-2015)
Solennità
Assunzione della
Beata Vergine Maria
(15 agosto 2015)
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Ap 11,19a;
12,1-6a.10ab; Sal 44; 1 Cor 15,20-27a; Lc 1, 39-56
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La
glorificazione della Madre di Dio è la conseguenza più diretta
dell’abbassamento volontario del Figlio: il Figlio di Dio si è fatto uomo nel
seno della Vergine Maria ed è diventato ‘Figlio dell’uomo’, capace di morire,
mentre Maria, Madre di Dio, riceve la gloria che appartiene a Dio ed è la prima
creatura umana a partecipare alla deificazione finale delle creature. Dio si è
fatto uomo, dicono i Padri, perché l’uomo potesse diventare dio: in Maria l’assunto
si realizza in pienezza, si fa assolutamente concreto. Partecipa alla gloria
del secolo futuro in tutta pienezza, immagine di quello che tutti siamo
chiamati a diventare.
Tutta la
liturgia di oggi parla di compimento. Il brano dell’Apocalisse, con il suono
della settima tromba che segnala il compimento del mistero di Dio, mette in
scena l’apertura del tempio di Dio e la discesa dell’arca dell’alleanza con la
Donna che deve partorire il Messia, tutti segni interpretati dalla voce
celeste: “Ora si è compiuta la salvezza,
la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo”. Paolo
ricorda che l’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte. Il prefazio,
nella celebrazione della Madre di Dio assunta in cielo, parla del ‘compimento
del mistero di salvezza’. Tutto visto contemplando la gloria di questa ‘figlia
di Sion’, la cui suprema intercessione per noi, come Regina del cielo, si
risolve nel chiedere a Dio per noi ciò che ha costituito l’anelito supremo
della sua anima, come prega la Chiesa con l’orazione sui doni: “ .. per sua
intercessione i nostri cuori, ardenti del tuo amore, aspirino continuamente a
te”.
Da dove
deriva alla Vergine tutta la sua gloria? L’elogio alla madre da parte della
donna che ascoltava affascinata Gesù: “Beato
il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato [letteralmente: i
seni che hai succhiato]!” è trasformato da Gesù nell’elogio ai discepoli: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la
parola di Dio e la osservano!” (Lc 11,27-28). Gesù definisce esattamente in
che cosa consiste la beatitudine di sua madre. Come i Padri sottolineano
spesso: prima di essere madre fisicamente di Gesù, Maria lo è spiritualmente,
perché il suo cuore ascolta e osserva la Parola, l'ha sempre ascoltata e
osservata. Ascoltare e osservare la parola di Dio comporta sempre il fatto di
generare il Verbo di Dio, di vivere della felicità di Dio di farsi uno di noi
perché noi si possa essere tutti di Dio; significa dare spazio e voce a
quell’anelito che Gesù ha detto essere il suo ‘tormento’, il tormento della sua
umanità, che è anche la nostra: “Sono
venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso”
(Lc 12,49).
D’altra
parte, se colleghiamo l’espressione di Gesù a quella pronunciata da Elisabetta
nel saluto alla Vergine: “Beata colei che
ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” [altra
possibile traduzione: ‘beata colei che ha
creduto che ci sarà compimento rispetto a ciò che le è stato detto dal Signore’],
ci viene svelato un altro aspetto fondamentale. Ascoltare e osservare la Parola
non è semplicemente un mettere in pratica quello che Dio dice. È assai di più.
Significa permettere alla promessa di Dio racchiusa nella sua parola di
compiersi, di rivelarsi finalmente al cuore e al mondo. Significa acconsentire
al desiderio di Dio di compiersi, significa fare in modo che il desiderio che
Dio ha di incontrare l'uomo finalmente trovi compimento. Ora, da dove deriva la
vita all'uomo se non da un incontro d'amore? Sia in senso fisico, un figlio,
sia nel senso di procurare vitalità, gioia di vivere, visione di speranza,
forza ed energia. Più questo consenso da parte dell'uomo è totale, più la vita
che deriva da Dio è fluente e incontenibile. Vince la morte. Per sempre.
In quel “ha
creduto” è indicata tutta la disponibilità della Vergine all’azione di Dio (“Ecco la serva del Signore: avvenga per me
secondo la tua parola”, Lc 1,38) dove il proprio essere è vissuto come
risposta al desiderio di Dio, come spazio di compimento all’agire di Dio. Nell’“adempimento” è adombrata la generazione
del Verbo che in lei prende forma. Accogliere il Verbo nella propria umanità
significa ritrovarsi nel mistero di Dio Trinità, che è amore comunicato;
significa far risplendere l’amore di Dio nel mondo e compiere la propria umanità
permettendole di far trasparire la divina Presenza. La grazia di questa
'maternità' spirituale è estesa a tutti i credenti: tutti possono ereditare la
beatitudine che deriva dall'ascoltare e osservare la Parola. Nella dinamica
dell’obbedienza della fede, l’ascolto della Parola equivale alla fin fine ad
accogliere e generare in noi il Verbo, di cui risplendono tutte le parole della
Scrittura.
Ora, la vera meraviglia di Dio per gli
uomini è proprio il dono del Figlio, che di quell’umanità che ci costituisce
svela i confini e le sorgenti divine. Chi, più della Vergine, ha goduto tutta
la potenza di splendore di questo dono per l’umanità? Così l’intercessione
della Vergine va nella direzione dell’invocazione della preghiera del Padre
nostro: ‘sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra’. Interpretando:
‘si sveli il tuo amore finché la terra diventi tutta cielo’. Nulla rimanga
inaccessibile all’amore di Dio che si dispiega potente. Lei, la serva del
Signore, terra come noi, ma totalmente disponibile all’agire di Dio, è
diventata tutta cielo. Intercede perché anche la nostra umanità, in ciascuno e
in tutti, si allarghi agli spazi e alle profondità della sua stessa umanità,
nella comunione con il suo Dio.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
[I testi delle letture sono protetti dal © Libreria Editrice
Vaticana e ne è vietata la riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo]
Prima Lettura Ap
11, 19a; 12, 1-6a.10ab
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo
Si aprì il
tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno
grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i
suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per
le doglie e il travaglio del parto.
Allora
apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e
dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle
stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si
pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il
bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì
un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro,
e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì
nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii
una voce potente nel cielo che diceva:
«Ora si è
compiuta
la salvezza,
la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza
del suo Cristo».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 44
Risplende la Regina, Signore, alla
tua destra.
Figlie di re
fra le tue predilette;
alla tua
destra sta la regina, in ori di Ofir.
Ascolta,
figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il
tuo popolo e la casa di tuo padre.
Il re è
invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo
signore: rendigli omaggio.
Dietro a lei
le vergini, sue compagne,
condotte in
gioia ed esultanza,
sono
presentate nel palazzo del re.
Seconda Lettura
1 Cor 15, 20-27a
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Fratelli,
Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per
mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la
risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo
tutti riceveranno la vita.
Ognuno però
al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che
sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre,
dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza.
È necessario
infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi
piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha
posto sotto i suoi piedi.
Vangelo Lc 1,
39-56
Dal vangelo secondo Luca
In quei
giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città
di Giuda.
Entrata
nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il
saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta
fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne
e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio
Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il
bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto
nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria
disse:
«L’anima mia
magnifica il Signore
e il mio
spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha
guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi
tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose
ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il
suo nome;
di
generazione in generazione la sua misericordia
per quelli
che lo temono.
Ha spiegato
la potenza del suo braccio,
ha disperso
i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha
rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato
gli umili;
ha ricolmato
di beni gli affamati,
ha rimandato
i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso
Israele, suo servo,
ricordandosi
della sua misericordia,
come aveva
detto ai nostri padri,
per Abramo e
la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase
con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.