Quinto
ciclo
Anno
liturgico B (2014-2015)
Tempo
di Avvento
III Domenica
(14 dicembre
2014)
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Is
61,1-2.10-11; Lc 1,46-54; 1Ts
5,16-24; Gv
1,6-8.19-28
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Come Marco e
a differenza di Matteo e Luca, Giovanni non narra l’evento della nascita di
Gesù a Betlemme. Il suo sguardo si spinge oltre, fino ai confini della storia,
oltre la storia. Giovanni risale
alla storia eterna dell’amore di Dio per gli uomini: “In principio era il Verbo…” per arrivare ad annunciare: “E il Verbo si fece carne ... e noi abbiamo
contemplato la sua gloria” (Gv 1,1.14). Il
Battista è il primo testimone di quella gloria che via via
apparirà anche agli apostoli, a tutti i discepoli e ai seguaci loro, fino a
noi, fino alla fine del mondo.
La chiesa,
convinta dalla testimonianza del Battista, intravede già l’azione del Messia di
cui a breve celebrerà il natale e la riassume in un
unico movimento, quello della letizia. Tutta la liturgia di oggi è un assaggio
di quello che sarà rivelato al mondo con la nascita dell’Emmanuele, il Dio con noi. L’antifona di ingresso risuona gioiosa: “Rallegratevi sempre nel Signore”. L’antica colletta fa pregare:
“Guarda, o Padre, il tuo popolo, che attende con fede il Natale del Signore e
fa’ che giunga a celebrare con rinnovata esultanza il grande mistero della
salvezza”. Il brano di Isaia descrive ‘il lieto annunzio’ di cui è portatore l’Inviato di Dio. Il salmo
responsoriale fa gridare: “la mia anima esulta
nel mio Dio”. Paolo esorta: “State
sempre lieti”.
La solenne
proclamazione del profeta sull’Unto del Signore, sull’Inviato a rivelare la grazia del Signore: “Lo
Spirito del Signore è su di me …” esprime tutta la volontà di bene di Dio
nei confronti dei suoi figli. Proprio quell’Inviato è la dimostrazione più
evidente di quanto la volontà di Dio è amore per noi, un amore
salvatore, un amore redentore, un amore liberante e sovrabbondante,
instancabile.
Quell’Inviato
è sì in mezzo a noi ma non è conosciuto. Ha bisogno di testimoni che lo
segnalino. Giovanni Battista è uno di questi, il più grande. La sua risposta alla
domanda che gli viene rivolta: “Tu chi sei?” rivela
come si percepisce: sono soltanto uno che addita qualcun altro e sono in quanto
addito, perché questa è la volontà del Signore su di me. Tutta la mia vita sta
racchiusa in questo riferirmi a Colui che deve venire,
che è già qui e che vi addito come l’Inviato da seguire. Lui vi mostrerà quel
regno che io ho solo intravisto e atteso.
Sul finire
della vita, la stessa domanda è lui a rivolgerla a Colui che
aveva additato: “Sei tu colui che deve
venire o dobbiamo aspettare un altro?”. E Gesù risponde al Battista (cfr.
Mt 11,3sgg), che conosceva le Scritture ed era tutto teso all’adorazione del
suo Dio, proprio con le parole del profeta Isaia della prima lettura, combinate
con altri due passi (Is 35,5-6 e 42,7). L’immagine di
riferimento è quella del solenne inizio del giubileo (Lev
25), di cui non si ha notizia che sia mai stato
celebrato nella storia di Israele, che comportava la liberazione degli schiavi
e il ritorno alla propria terra secondo l’antica assegnazione dei territori
alle singole tribù da parte di Mosè e di Giosuè. La terra, dono di Dio al suo
popolo, ritornava ad essere dono di Dio oltre le
brutture e i calpestamenti della storia. La domanda del Battista svela la fine di ogni immaginazione sul Regno per aprirsi alla venuta di
quel Regno in verità come a Dio è piaciuto manifestarlo. Il regno mostrato da
Gesù è davvero il compimento delle attese dei cuori e inspiegabilmente diverso,
proprio per la sua semplicità, da come i cuori si immaginano
che debba essere. Con Gesù finisce questo faticoso riferirsi a qualcosa come
deve essere per aprirsi a quello che è: amore pieno di compassione per noi.
Caratteristica
l’immagine che usa il profeta Isaia nel definire l’opera del Messia che libera
dal carcere i prigionieri. Di per sé il profeta annuncia la percezione del
bagliore di luce dei prigionieri che tornano a vedere
la luce del sole dopo essere stati tirati fuori dalle tenebrose segrete in cui
erano racchiusi. Del resto, anche il Battista è presentato da Giovanni come
testimone della luce, testimone della luce vera che
viene nel mondo, luce che è vita per gli uomini, luce nella quale tutto era
stato creato e che il cammino del pentimento torna a far splendere nel cuore.
Quando Paolo
esorta i credenti: “State sempre lieti,
pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie”, illustra
esattamente le disposizioni che caratterizzano i cuori aperti al regno così come è. Il lieto annunzio che Gesù è per il mondo, una volta
accolto per come è, innesca proprio queste tre
disposizioni che si richiamano a vicenda. Chi ha percepito l’amore di
benevolenza di Dio sul mondo, di cui Gesù è il testimone e il rivelatore, può
vivere nella letizia (non è più corroso dalla tristezza, nonostante le ragioni
più che plausibili che la alimentano), diventa capace di accogliere il suo Dio
nella preghiera (non resta più chiuso all’avventura con il suo Dio) e non ha
più bisogno di rivendicare nulla perché rende grazie in ogni cosa. Il legame
tra queste tre cose è tanto forte che ognuna, praticata in sincerità, fa
ottenere anche le altre due: chi vuole rendere grazie in ogni cosa si ritroverà
presto guarito e liberato da ogni forma di pretesa e potrà godere
dell’intimità che sogna e della gioia a cui anela. Chi prega in
sincerità ritroverà la libertà interiore per stare lieto e vivere la vita in
eucaristia, in rendimento di grazie. Ma la letizia che fa vivere è quella che
germoglia, come dice il profeta Isaia, dall’incontro con colui
che scopro essere il mio Salvatore, col quale attraversare dolori e
fatiche della vita.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Is 61,
1-2.10-11
Dal libro del profeta Isaia
Lo spirito
del Signore Dio è su di me,
perché il Signore mi ha consacrato con
l’unzione;
mi ha mandato a portare il lieto
annuncio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori
spezzati,
a proclamare la libertà degli
schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
a promulgare l’anno di grazia del
Signore.
Io gioisco
pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti della
salvezza,
mi ha avvolto con il mantello della
giustizia,
come uno sposo si mette il diadema
e come una sposa si adorna di
gioielli.
Poiché, come
la terra produce i suoi germogli
e come un giardino fa germogliare i
suoi semi,
così il Signore Dio farà germogliare la
giustizia
e la lode davanti a tutte le genti.
Salmo Responsoriale da Luca 1, 46-54
La mia anima esulta nel mio Dio.
L’anima mia
magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio
salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua
serva.
D’ora in poi
tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di
generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha ricolmato
di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso
Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.
Seconda Lettura 1 Ts 5,
16-24
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Tessalonicesi.
Fratelli,
siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie:
questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso
di voi.
Non spegnete
lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è
buono. Astenetevi da ogni specie di male.
Il Dio della
pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra
persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del
Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che
vi chiama: egli farà tutto questo!
Vangelo Gv 1, 6-8.
19-28
Dal vangelo secondo Giovanni
Venne un
uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne
come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui
la luce,
ma doveva dare testimonianza alla
luce.
Questa è la
testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme
sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?».
Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli
chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No»,
rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo
dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida
nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che
erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero:
«Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?».
Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In
mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che
viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo
avvenne in Betània, al di là del
Giordano, dove Giovanni stava battezzando.