Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
di Quaresima
V Domenica
(6 aprile
2014)
_________________________________________________
Ez 37,
12-14; Sal 129; Rm 8,8-11; Gv 11,1-45
_________________________________________________
Gesù, che ha
appena saputo della malattia mortale del suo amico Lazzaro, non si muove
subito: “Questa malattia non è per la
morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga
glorificato”. Quando Marta, davanti al sepolcro del fratello, ricorda a
Gesù il fetore dei morti, si sente dire: “Non
ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?”. Sembra che la domanda
di fondo che serpeggia per tutto il brano non sia: perché la morte?, ma: perché
Dio ritarda? Perché Dio non impedisce la morte? Gli amici della famiglia di
Lazzaro così pensano. Per noi invece la domanda che rimbalza può essere
formulata così: sarà mai possibile vedere la gloria di Dio nella nostra vita?
È la stessa
domanda della fede di Marta, che inaspettatamente risponde a Gesù, non di credere
a quello che gli ha detto, ma: “Sì,
Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel
mondo”. Non dice: io credo che tu hai il potere di far risorgere i morti,
ma piuttosto: io credo che tu sei il Figlio di Dio. Afferma la verità del suo
incontro con lui, del suo amore; ha piena fiducia in lui. Per questo potrà vedere la gloria di Dio. E sarà per
questo che potrà seguire il suo Gesù, con sua sorella Maria, fino alla fine,
fino a che la sua glorificazione appaia al mondo. Il vedere Gesù che fa
ritornare in vita Lazzaro non induce ad una esaltazione della sua persona, ma
fa presagire come e perché Gesù abbia tale potere e quindi mette in risalto la
sua disponibilità a morire per
manifestare in tutta la sua potenza l'amore del Padre, da cui scaturisce la sua
glorificazione e la vita per noi.
La fede apre
ad una vita che consiste nel vedere la gloria di Dio. Ma di quale gloria si
tratta? È sempre questo il punto misterioso del discorso e dell’agire di Gesù.
Quando il seguito del vangelo confermerà che effettivamente Gesù viene
condannato alla morte di croce, l’evangelista parla proprio di glorificazione.
E non allude semplicemente alla glorificazione che seguirà la morte in croce
quando risorgerà, ma al mistero di quella gloria che consiste nella rivelazione
di quanto Dio ami gli uomini. È nell’amore di Dio che arriva agli uomini che va
cercato il senso della gloria di Gesù. Gloria che si fa rivelazione e dono di
una vita ormai definitivamente segnata da quell’amore, di cui lo Spirito ci fa
partecipi. Di questo è segno il miracolo della risurrezione di Lazzaro.
La colletta
fa pregare: “Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso, perché possiamo
vivere e agire sempre in quella carità che spinse il tuo Figlio a dare la vita
per noi”. Quella carità è il frutto della sua glorificazione che ci viene
elargito dallo Spirito Santo. Il combattimento spirituale, la lotta contro il
male, l’osservanza dei comandamenti altro non è che una partecipazione alla
potenza della risurrezione, allorché la vita viene vissuta nella carità del
Cristo che niente e nessuno può mortificare. È il principio della vita eterna,
quello di una vita che non abbia altra consistenza se non come carità.
L’incontro con Gesù apre a questa dimensione. Se lui è ‘datore di vita’ lo è
perché, facendo vivere nella sua carità, impedisce alla morte di tenere
prigioniero il nostro cuore.
Il nostro
gridare, nel salmo responsoriale, a commento del passo di Ezechiele che riporta
la promessa di Dio di aprire le nostre tombe in riferimento alla liberazione
del popolo da Babilonia: “Dal profondo
[secondo la versione greca: Dalle profondità] a te grido, o Signore; Signore,
ascolta la mia voce”, deriva dalla coscienza della nostra mortalità, non semplicemente come
termine della vita biologica, ma come abisso della mortificazione della vita
che stenta ad accedere alla carità di Dio. Quella ‘mortificazione della vita’
il Signore vince. È interessante osservare che l’episodio della risurrezione di
Lazzaro si chiude non con il riconoscimento o l’incontro affettuoso di Lazzaro
con Gesù, ma con il comando: “Scioglietelo
e lasciatelo andare”. Corrisponde all’invito di Gesù, dopo i miracoli di
guarigione: ‘va’, la tua fede ti ha salvato’. Venire a Gesù (questo potrebbe
anche voler significare il grido di Gesù: Lazzaro, vieni fuori!) comporta
vivere della sua vita, della vita che lui può dare e lo spazio di espressione
di questa vita è ormai dato dalla fraternità che si vive nel mondo. A questa
Gesù rimanda.
Un’ultima
annotazione. Con il miracolo della risurrezione di Lazzaro Gesù scatena la sua
ora, come la finale del capitolo sottolinea espressamente: “Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo
sacerdote in quell'anno, disse loro: "Voi non capite nulla e non
considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca
la nazione intera". Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo
sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la
nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi”
(Gv 11,49-52). Lo scopo e la ragione del suo agire, sottolineato dal potere di
fare miracoli, di cui questo della risurrezione di Lazzaro è il settimo nel
racconto di Giovanni, si manifesteranno chiaramente con la sua stessa morte e
risurrezione.
Se Gesù non
ha voluto risparmiare la prova ai suoi amici e viene a condividerla, tanto da
restarne intimamente e profondamente scosso, la ragione è da ricercare nel
fatto che così facendo si espone alla sua prova, anzi la provoca con
l'arresto e la morte imminenti. Ma la sua non è una semplice condivisione della
sofferenza umana. Il suo rendere grazie l'attraversa, la porta fino in fondo. È
però più forte della morte e se esulta, non è per aver impedito il suo corso,
ma per aver trionfato su di essa dopo averle lasciato esprimere tutto il suo
potere.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Ez
37, 12-14
Dal libro del profeta Ezechièle
Così dice il
Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre
tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele.
Riconoscerete
che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai
vostri sepolcri, o popolo mio.
Farò entrare
in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete
che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio.
Salmo Responsoriale
dal Salmo 129
Il Signore è bontà e misericordia.
Dal profondo
a te grido, o Signore;
Signore,
ascolta la mia voce.
Siano i tuoi
orecchi attenti
alla voce
della mia supplica.
Se consideri
le colpe, Signore,
Signore, chi
ti può resistere?
Ma con te è
il perdono:
così avremo
il tuo timore.
Io spero,
Signore.
Spera
l’anima mia,
attendo la
sua parola.
L’anima mia
è rivolta al Signore
più che le
sentinelle all’aurora.
Più che le
sentinelle l’aurora,
Israele
attenda il Signore,
perché con
il Signore è la misericordia
e grande è
con lui la redenzione.
Egli
redimerà Israele
da tutte le
sue colpe.
Seconda Lettura
Rm 8, 8-11
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Romani.
Fratelli,
quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio.
Voi però non
siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo
Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli
appartiene.
Ora, se
Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita
per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti,
abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri
corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Vangelo Gv 11,
1-45
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua
sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli
asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. [ Le
sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è
malato».
All’udire
questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria
di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù
amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per
due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo
in Giudea!». ] I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di
lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore
del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di
questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Disse queste
cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io
vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è
addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece
pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro
apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato
là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato
Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
[ Quando
Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. ]
Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano
venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì
che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta
disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!
Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà».
Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà
nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione
e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me,
non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che
tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». ]
Dette queste
parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro
è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non
era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata
incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo
Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere
al sepolcro.
Quando Maria
giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli:
«Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora,
quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, [
si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?».
Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora
i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha
aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù,
ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e
contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli
rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da
quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la
gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse:
«Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre
ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu
mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il
morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un
sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei
Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto,
credettero in lui. ]