Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
di Quaresima
IV Domenica
(30 marzo
2014)
_________________________________________________
1 Sam 16,
1b.4a. 6-7. 10-13a; Sal 22; Ef 5, 8-14; Gv 9, 1-41
_________________________________________________
I vangeli
della terza, quarta e quinta domenica di quaresima sono letti in chiave
battesimale dalla Chiesa. In particolare, i tratti che avevano definito la
venuta del Cristo nel prologo del vangelo di Giovanni (“in lui era la vita e la vita
era la luce degli uomini ... Veniva
nel mondo la luce vera, quella che
illumina ogni uomo”), con il vangelo del cieco nato e della resurrezione di
Lazzaro si impongono alla coscienza dei fedeli.
Il fatto che
i ciechi vedranno appartiene all’immaginario messianico. Si veda Is 29,18; 35,5; 42,6-7; 49,9. Sempre Isaia prospetta la
rivelazione di Dio al popolo in termini di luce: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del
Signore brilla su di te …” (Is 60,1-2). E se
teniamo conto della prima lettura con l’episodio della consacrazione regale di
Davide da parte del profeta Samuele, allora possiamo comprendere l’immagine
della luce in termini molto concreti, come avverrà per il cieco guarito. La
luce, sempre allusiva del battesimo, è l’irradiazione della santità di Dio
nelle nostre persone rese re-sacerdote-profeta,
secondo l’umanità di Gesù. E potremmo spiegare così: chi non serve nessun idolo
non è schiavo di niente (re); chi sa benedire per ogni cosa il suo Dio celebra
il culto a lui gradito (sacerdote); chi si fa illuminare dalla Parola di Dio
non può che annunciare al mondo il mistero di Dio che si è fatto prossimo
all’uomo (profeta).
E proprio
perché Gesù è questa luce di santità di Dio che irradia dalla sua umanità, può
rimodellare la nostra umanità e schiuderla al Regno, alla Presenza.
Nel brano
evangelico odierno ci sono molti particolari che vanno raccordati tra loro per
cogliere il segreto del racconto. Il capitolo 8 di Giovanni si era concluso con
l’annotazione che Gesù deve nascondersi e uscire dal tempio perché lo vogliono
lapidare. E proprio nell’uscire dal tempio vede il cieco. Non lo guarisce
subito, ma gli ordina di andare a lavarsi alla piscina di Siloe
dopo aver impastato del fango con la sua saliva e averglielo spalmato sugli
occhi. Va notato che impastare fango e applicarlo agli occhi in funzione
terapeutica era espressamente proibito di sabato secondo l’interpretazione
rigorista della Legge. La piscina di Siloe si trova
ai piedi dello sperone meridionale della collina su cui sorgeva il tempio e
quindi era fuori dalle mura della città. Il nome, Siloe,
di per sé significa ‘canale inviante’ o ‘acqua inviata’, acqua che veniva
portata al tempio per le abluzioni per la liturgia della festa delle Capanne.
Alla fine nessuno crede a partire dal miracolo, che anzi viene messo in sordina
per sottolineare l’ostilità crescente verso il profeta che l’ha compiuto.
Quando Gesù
dice “Io sono la luce del mondo” non
si può non risalire al racconto della creazione in Genesi 1,3, quando fu creata
la luce. Non è semplicemente la luce fisica, quella che deriva dal sole, creato
solo nel quarto giorno. È la luce della santità amorevole di Dio che attraversa
il mondo, luce che è stata nascosta. È la luce che fa intuire il mondo dentro
uno sguardo unico. È la luce che il messia rivelerà. È la luce che Gesù ha
fatto risplendere liberando gli uomini succubi del serpente che li ha privati
della gloria di Dio. Come fa pregare la preghiera dopo la comunione: “O Dio, che
illumini ogni uomo che viene in questo mondo, fa risplendere su di noi la luce
del tuo volto [il Signore nostro Gesù Cristo], perché i nostri pensieri siano
sempre conformi alla tua sapienza e possiamo amarti con cuore sincero”.
Il brano non
è costruito sul fatto in sé, sul miracolo, ma su chi lo compie. Così, le
domande più pertinenti a cogliere il senso del brano sono le domande attorno a
quel profeta che ha compiuto quel gesto: “Dov’è
costui?... Che cosa dici di lui? … E
chi è, Signore, perché io creda in lui?”. Sotto quelle domande ce ne sta
un’altra: “Come può un peccatore compiere
segni di questo genere?”, espressa dai farisei e ripresa dallo stesso cieco
guarito, eco della interrogazione degli apostoli con la quale si apre il
racconto. Passando davanti al cieco dalla nascita gli apostoli domandano: “Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi
genitori, perché sia nato cieco?”.
La domanda
esprimeva il tentativo di sfuggire all’angoscia del male da parte di una
coscienza religiosa. Noi non formuleremmo più la domanda in quei termini, ma
non per questo l’interrogativo di fronte al male ha perso la sua angoscia
lancinante. Gesù non dà risposta in termini ‘ragionevoli’. Invita più
semplicemente, ma più potentemente, a distogliere lo sguardo dal passato e volgerlo
al futuro: “è perché in lui siano
manifestate le opere di Dio”. Cosa significa? Vuol solo dire che si
appresta a fare il miracolo? Gesù fa capire che sarebbe inutile cercare la
causa indietro; ci inchioda al non-senso e alla rabbia della frustrazione. La
motivazione va cercata in avanti, rispetto a un qualcosa che per noi deve
ancora farsi, deve ancora rivelarsi. La vita scaturisce dalla fede nel senso
che la si può vivere fidandoci del Bene di Colui che ci è venuto incontro e ci
ha mostrato il suo Volto. Del resto, il mistero dell'amore umano trova qui le
radici del suo insopprimibile fascino, nonostante le ferite e le delusioni alle
quali così spesso ci condanna.
Non stare
inchiodati al passato significa percepire che Qualcuno si è mosso per venirci
incontro. Nel caso del cieco, non è lui a chiedere la guarigione: l’iniziativa
è di Gesù. Lui ha fiducia e va a lavarsi alla piscina di Siloe.
I vari personaggi che entrano in gioco nella scena del racconto tendono a
inchiodare il cieco alla sua storia. I discepoli di Gesù lo vedono sotto il
peso del castigo di Dio; i farisei si tengono a distanza per paura di dover
trarre le conseguenze dall’evidenza di un miracolo del genere e gli rinfacciano
perciò la sua ‘nascita nei peccati’ (in questo, dimostrandosi ‘veri ciechi’,
come dirà Gesù alla fine); i suoi genitori se ne stanno da parte per timore.
Lui, invece, forte della gioia della sua guarigione, sa tener testa a tutti e
proprio perché nessuno gli sta attorno amichevolmente, quando Gesù si fa vedere
da lui, è pronto a riconoscerlo non semplicemente come il suo guaritore, ma
come colui che gli ha aperto la visione della vita: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12), ripreso
nel canto al vangelo.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura 1
Sam 16, 1b.4a. 6-7. 10-13a
Dal primo libro di Samuele
In quei
giorni, il Signore disse a Samuele: «Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti
mando da Iesse il Betlemmita,
perché mi sono scelto tra i suoi figli un re». Samuele fece quello che il
Signore gli aveva comandato.
Quando fu
entrato, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al
Signore sta il suo consacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al
suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel
che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore».
Iesse fece passare davanti a Samuele i
suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il
Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese a Iesse:
«Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane
ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuele disse a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola
prima che egli sia venuto qui». Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era
fulvo, con begli occhi e bello di aspetto.
Disse il
Signore: «Àlzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il
corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore
irruppe su Davide da quel giorno in poi.
Salmo Responsoriale
dal Salmo 22
Il Signore è il mio pastore: non
manco di nulla.
Il Signore è
il mio pastore:
non manco di
nulla.
Su pascoli
erbosi mi fa riposare,
ad acque
tranquille mi conduce.
Rinfranca
l’anima mia.
Mi guida per
il giusto cammino
a motivo del
suo nome.
Anche se
vado per una valle oscura,
non temo
alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo
bastone e il tuo vincastro
mi danno
sicurezza.
Davanti a me
tu prepari una mensa
sotto gli
occhi dei miei nemici.
Ungi di olio
il mio capo;
il mio
calice trabocca.
Sì, bontà e
fedeltà mi saranno compagne
tutti i
giorni della mia vita,
abiterò
ancora nella casa del Signore
per lunghi
giorni.
Seconda Lettura
Ef 5, 8-14
Dalla lettera di san Paolo apostolo
agli Efesini
Fratelli, un
tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come
figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e
verità.
Cercate di
capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre,
che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene
fatto in segreto da [coloro che disobbediscono a Dio] è vergognoso perfino
parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce:
tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto:
«Svégliati,
tu che dormi,
risorgi dai
morti
e Cristo ti
illuminerà».
Vangelo Gv 9, 1-41
Dal vangelo secondo Giovanni
[ In quel
tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita ] e i suoi discepoli lo
interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi
genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi
genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi
compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la
notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del
mondo».
Detto
questo, [ sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli
occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e
tornò che ci vedeva.
Allora i
vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano:
«Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano:
«È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva:
«Sono io!». ] Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli
occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha
spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la
vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
Condussero
dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù
aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli
chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha
messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei
farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato».
Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo
genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che
cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un
profeta!». ] Ma i Giudei non credettero di lui che
fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i
genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo
il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I
genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato
cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi,
noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo
dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei
avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo,
venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età:
chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono
di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi
sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore,
non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che
cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già
detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse
diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo
sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma
costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo
stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi.
Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua
volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che
uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non
avrebbe potuto far nulla». [ Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e
insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe
che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio
dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli
disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo,
Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. ] Gesù allora disse: «È per un giudizio
che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e
quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui
udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose
loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi
vediamo”, il vostro peccato rimane».