Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
di Quaresima
III Domenica
(23 marzo
2014)
_________________________________________________
Es 17,3-7; Sal 94; Rm 5,1-2,5-8; Gv 4,5-42
_________________________________________________
Delle
catechesi battesimali che accompagnano i fedeli che si preparano al battesimo
che verrà celebrato nella veglia pasquale, quella di oggi è la prima. Nel
colloquio con la samaritana al pozzo di Giacobbe Gesù si definisce Acqua viva, sorgente d’acqua che
zampilla per la vita eterna. Nella prossima, con la vicenda del cieco nato,
Gesù è definito Luce; nella terza,
con la risurrezione di Lazzaro, Gesù si presenta come Vita.
Del resto,
le liturgie quaresimali sanno indicarci i percorsi della conversione del cuore
con le domande di fondo essenziali. Una di queste domande, forse non sempre
espressa, ma continuamente serpeggiante nel cuore, è quella del popolo di
Israele, esasperato nel deserto dalla fame e dalla sete: “Il Signore è in mezzo
a noi sì o no?”. La domanda del popolo non è provocatoria o irriverente;
semplicemente, è angosciante: il Signore è con noi? Ogni prova fa emergere il
dubbio: ma Dio vuole davvero il nostro bene? L’insinuazione dell’antico
serpente disturba i sogni di felicità dell’uomo.
Proprio a
questa domanda risponde il brano del vangelo. Il cuore dell’uomo non ha bisogno
di qualche miracolo, ogni tanto, da parte di Dio; ha bisogno di Dio, sempre, ma
percepito, scoperto vicino, toccato, sentito, visto, amato e cercato con
ardore. L’acqua che Gesù promette alla samaritana è l’acqua di una sorgente
zampillante che continuamente butta, e da dentro il proprio cuore.
La
difficoltà per noi deriva dal fatto di sentirci stranieri a casa nostra,
perfino nel nostro cuore. Il brano dell'incontro di Gesù con la samaritana è
uno di quei brani di cui ci sfuggono continuamente le allusioni dandoci netta
l’impressione di sentirci davvero stranieri in casa nostra. Il brano acquista
ben altre risonanze se teniamo presenti le reminiscenze legate al luogo, Sichem (cfr. Gen 12,6; 34; 37; Gs
24; 1Re 12) e soprattutto al pozzo. Nota era la leggenda targumica
legata al pozzo di Giacobbe raccontata a commento del passo di Gen 29,10, quando Giacobbe leva la pietra dal bordo del
pozzo per dare da bere al gregge di Labano: “Quando
il nostro padre Giacobbe levò la pietra da sopra la bocca del pozzo, la fonte
zampillò su e venne alla sua bocca e zampillava e veniva alla bocca per
vent’anni – tutti i giorni che abitò ad Haran”. Nel
sogno popolare il pozzo di Giacobbe trasbordava spontaneamente, senza bisogno
di attingere e irrigava, con i suoi quattro bracci, tutto il campo di Israele
come il fiume del paradiso terrestre in Gen 2,10-14.
Quando la samaritana si rivolge a Gesù come a uno che si vorrebbe più grande di
Giacobbe, allude esattamente a quel ‘sogno’ e rivela indirettamente che Gesù è
proprio colui che quel sogno realizza per l’uomo. Dire che la samaritana ha
avuto cinque mariti e che quello che aveva non era suo marito vuol dire
alludere al trasferimento di cinque popolazioni pagane in Samaria
per opera del re di Assiria (cfr. 2Re 17,24) e al
traviamento rispetto all’alleanza con il Signore non più servito in santità.
È anche
possibile leggere il brano con le allusioni alla passione del Signore: l’ora
sesta è l’ora in cui ha luogo la crocifissione; la sete di Gesù allude alla sua
sete degli uomini, che manifesta sulla croce; l’acqua che zampilla fa
riferimento al costato, aperto dalla lancia del soldato, da dove fuoriescono sangue
e acqua; la proclamazione finale dei samaritani che Gesù è il salvatore del
mondo allude al riconoscimento sotto la croce che Gesù è davvero Figlio di Dio.
Il brano poi
è suddiviso in due scene: il colloquio con la samaritana incentrato sull’immagine
dell’acqua e il colloquio con i discepoli incentrato sull’immagine del cibo. Ci
sono due tipi di acquietamento della sete e della fame che non soddisfano
l’uomo alla ricerca di relazione, di senso, di vita, di felicità. Voler
praticare la Legge come un assolvimento di obblighi e una esibizione di
innocenza provoca delusione e tristezza. Non è questa l’adorazione in spirito e
verità che cerca il Signore. Il punto nevralgico del racconto dei due colloqui
è dato dal fatto che l’uomo, desideroso di acqua viva e cibo vero, si trovi
aperto alla rivelazione donata da Dio: lì davanti c’è colui che, unico, ha il
potere di dare la vita, di fornire la fonte dell’acqua, di dare il cibo di vita
eterna, il suo stesso corpo. “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo
Figlio unigenito…”: cogliere questa rivelazione in
quell’uomo che ti parla, che ti ha voluto incontrare, che ti segue nei meandri
del tuo cuore e che, facendoti emergere il desiderio di verità e di vita che vi
sta sepolto, lo può soddisfare, è il mistero della conversione. Conversione che
si riassume nell’espressione della Scrittura: ‘guarderanno a colui che hanno
trafitto’, vale a dire: incontro rigenerante con colui che ti disseta e sfama
con l’amore che quella ferita ha mostrato al mondo. Quando, rimirando
quell’innocente appeso sulla croce, ci si rende conto del mistero dell’amore di
Dio che è arrivato agli uomini, allora la parola di verità ascoltata si fa
parola vera del mio cuore, la promessa di vita diventa vita mia, la sua sete e fame di noi si fa acqua e cibo per la vita del nostro cuore, dono
di Dio e volontà di bene di Dio per noi.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Es 17, 3-7
Dal libro dell'Èsodo.
In quei
giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò
contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di
sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?».
Allora Mosè
gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco
e mi lapideranno!».
Il Signore
disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani
d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco,
io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu
batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà».
Mosè fece
così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché
misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 94
Ascoltate oggi la voce del Signore:
non indurite il vostro cuore.
Venite,
cantiamo al Signore,
acclamiamo
la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci
a lui per rendergli grazie,
a lui
acclamiamo con canti di gioia.
Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio
davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il
nostro Dio
e noi il
popolo del suo pascolo,
il gregge
che egli conduce.
Se
ascoltaste oggi la sua voce!
«Non
indurite il cuore come a Merìba,
come nel
giorno di Massa nel deserto,
dove mi
tentarono i vostri padri:
mi misero
alla prova
pur avendo
visto le mie opere».
Seconda Lettura
Rm 5, 1-2. 5-8
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Romani.
Fratelli,
giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro
Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a
questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della
gloria di Dio.
La speranza
poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per
mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti,
quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi.
Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno
oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di
noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
Vangelo Gv 4, 5-42
Dal vangelo secondo Giovanni
[ In quel
tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata
Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a
Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per
il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna
samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli
erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli
dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna
samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le
risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da
bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice
la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi
dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che
ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le
risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà
dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io
gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita
eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia
più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». ] Le dice: «Va’ a
chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito».
Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque
mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica
la donna: «Signore, [ vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato
su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna
adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte
né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi
adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene
l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e
verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è
spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli
rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli
verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». ]
In quel
momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una
donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con
lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente:
«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui
il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i
discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli
rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli
si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù
disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e
compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la
mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già
biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto
per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo
infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho
mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi
siete subentrati nella loro fatica».
[ Molti
Samaritani di quella città credettero in lui per la
parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto».
E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli
rimase là due giorni. Molti di più credettero per la
sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi
crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente
il salvatore del mondo». ]