Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
di Pasqua
Pentecoste
(8 giugno
2014)
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At 2,1-11; Sal 103; 1Cor 12,3b-7.12-13; Gv 20,19-23
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“O fuoco la cui venuta è parola, il cui
silenzio è luce! Fuoco che fissi i cuori nell’azione di grazie” canta s. Efrem e la liturgia di oggi, con il canto al vangelo,
proclama: “Vieni, santo Spirito, riempi i
cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore”.
Lo Spirito,
ottenutoci dalla passione gloriosa di Gesù, svelerà al nostro cuore il
colloquio eterno tra il Padre e il Figlio a proposito della salvezza dell’uomo,
il colloquio tra il Padre e il Figlio che vive la sua umanità nell’amore per
gli uomini. Tutto questo ‘colloquio’ lo Spirito ha udito e ce ne renderà partecipi.
Così conosceremo la verità, vale a dire la grandezza dell’amore di Dio per
l’uomo, che in Gesù si è fatto evidente, a noi accessibile, per la fede in lui.
Ci farà gustare la promessa di Gesù: “Vi
ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere
a voi” (Gv 15,15). Si tratta di una esperienza
‘antica’ e ‘nuova’, dell’esperienza della chiesa e di ogni fedele,
dell’esperienza degli apostoli e della nostra. Come facciamo esperienza dello
Spirito Santo? Rispetto a che cosa possiamo fare esperienza dello Spirito
Santo?
Paolo
annuncia che l’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori perché la speranza
di cui godiamo non delude. Il senso delle sue dichiarazioni si può riassumere
così: noi abbiamo coscienza di essere amati da Dio proprio nella nostra realtà
di uomini peccatori. Se dunque, da peccatori, Dio ci è venuto incontro nella
persona del suo Figlio, quanto più, una volta riconosciuto e accolto il mistero
del Figlio, potremo godere del suo amore! L’esperienza dello Spirito Santo ha
così a che vedere con l’esperienza della grandezza dell’amore di Dio che, non
avendo vergogna di noi, ci raggiunge dentro il nostro peccato, ci rivela che di
quell’amore siamo intessuti e così ci rende ‘capaci’, nel suo Figlio prediletto,
di vivere proprio di quell’amore, realizzando la nostra vocazione all’umanità
fatta ‘a immagine e somiglianza di Dio’.
È
caratteristico il fatto che la promessa dello Spirito (cfr Lc
24,49: “Io manderò su di voi quello che
il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti
di potenza dall’alto”) riassuma l’esperienza più personale e più universale
che ci possa essere. È la promessa che riassume tutte le promesse di Dio al suo
popolo. Il mistero della Pentecoste lo rivela. Lo vediamo prima di tutto dalle
‘condizioni’ che la presuppongono. Luca sottolinea come gli apostoli, dopo
l’ascensione al cielo di Gesù, tornati con gioia a Gerusalemme, siano “assidui e concordi nella preghiera” (At
1,14) e che il giorno di Pentecoste “si
trovavano tutti insieme nello stesso luogo” (At 2,1). Non sono semplici
annotazioni; indicano piuttosto la condizione di possibilità dell’esperienza
dello Spirito: se lo Spirito viene a uno, viene in quanto rivelatore di
comunione in umanità. La ‘potenza dall’alto’ allude a questa dimensione di
comunione profonda e misteriosa in umanità. Così anche dopo l’evento della
Pentecoste, Luca descrive i discepoli, ormai ricolmi di Spirito Santo: “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento
degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle
preghiere” (At 2,42).
Se guardiamo
ora all’evento della Pentecoste, notiamo che le persone di varie etnie, che
ascoltano gli apostoli parlare nelle varie lingue, sentono tutti la stessa e unica
cosa: “li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio”. La
meraviglia che accomuna tutti non è semplicemente quella di sentire parlare
nella propria lingua, ma quella di cogliere la grandezza dell’amore di Dio che
a tutti si fa manifesto. E questa è attività propria dello Spirito Santo.
L’aspetto misterioso è dato dal fatto che, se la diversità di espressione fa
riferimento all’unica verità, l’unicità della verità non può che essere
comunicata nella varietà delle lingue. E la varietà delle lingue ormai è
vissuta in funzione della comunione, superando così la paura della diversità
che aveva fatto preferire l’uniformità alla comunione (si ha così il
superamento della divisione, perché viene annullato il principio del potere).
Solo dello Spirito di Dio può essere detto: “lo Spirito del Signore ha riempito l’universo, egli che tutto unisce,
conosce ogni linguaggio” (Sap 1,7). Ma questo
‘Spirito di Dio’ non può che essere lo Spirito del Figlio, perché lui solo ha
il potere di rivelare il vero volto di Dio e di compiere i veri desideri del
cuore dell’uomo (cfr Mt 28,18). In effetti, la venuta dello Spirito rivestirà i
discepoli di quella ‘potenza dall’alto’ perché siano testimoni di Gesù nel
mondo e a tutti possa esser manifesto il segreto di Dio per gli uomini. Se lo
Spirito agisce per la comunione è perché il Figlio ha mostrato quanto è grande
l’amore di Dio per gli uomini che li vuole suoi figli, tutti insieme, nessuno
escluso.
La verità di
cui lo Spirito è promotore ha così una coloritura dinamica e drammatica:
ingloba in un amore che, mentre si manifesta a te, lo fa vivere aperto a tutti,
perché tutti sono chiamati a gustare le stesse cose. La verità che viene resa
nota, per quanto bella e consolante, non convince nessuno automaticamente, non
ha potere strabiliante: si comunica di bocca in bocca, di cuore in cuore, di
atto in atto, in umanità. Il racconto di Pentecoste finisce difatti con
l’annotazione: “Tutti erano stupiti e
perplessi, chiedendosi l’un l’altro: ‘Che significa questo?’. Altri invece li
deridevano e dicevano: ‘Si sono ubriacati di mosto’ ”.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura At
2,1-11
Dagli Atti degli Apostoli
Mentre stava
compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso
luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte
impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di
fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono
colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in
cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano
allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A
quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva
parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia,
dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai
ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia,
della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e
della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia
vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e
prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle
grandi opere di Dio».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 103
Manda il tuo Spirito, Signore, a
rinnovare la terra.
Benedici il
Signore, anima mia!
Sei tanto
grande, Signore, mio Dio!
Quante sono
le tue opere, Signore!
Le hai fatte
tutte con saggezza;
la terra è
piena delle tue creature.
Togli loro
il respiro: muoiono,
e ritornano
nella loro polvere.
Mandi il tuo
spirito, sono creati,
e rinnovi la
faccia della terra.
Sia per
sempre la gloria del Signore;
gioisca il
Signore delle sue opere.
A lui sia
gradito il mio canto,
io gioirò
nel Signore.
Seconda Lettura
1 Cor 12, 3b-7. 12-13
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Fratelli,
nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo.
Vi sono
diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno
solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto
in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il
bene comune.
Come infatti
il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo
molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati
battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o
liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
Sequenza
Vieni, Santo
Spirito,
manda a noi
dal cielo
un raggio
della tua luce.
Veni, Sancte Spíritus,
et emítte cǽlitus
lucis tuæ rádium.
Vieni, padre
dei poveri,
vieni,
datore dei doni,
vieni, luce
dei cuori.
Veni, pater páuperum,
veni, dator múnerum,
veni, lumen córdium.
Consolatore
perfetto,
ospite dolce
dell'anima,
dolcissimo
sollievo.
Consolátor óptime,
dulcis hospes ánimæ,
dulce refrigérium.
Nella
fatica, riposo,
nella
calura, riparo,
nel pianto,
conforto.
In labóre réquies,
in æstu tempéries,
in fletu solácium.
O luce
beatissima,
invadi
nell'intimo
il cuore dei
tuoi fedeli.
O lux beatíssima,
reple cordis íntima
tuórum fidélium.
Senza la tua
forza,
nulla è
nell'uomo,
nulla senza
colpa.
Sine tuo númine,
nihil est in hómine
nihil est innóxium.
Lava ciò che
è sordido,
bagna ciò
che è arido,
sana ciò che
sanguina.
Lava quod est sórdidum,
riga quod est áridum,
sana quod est sáucium.
Piega ciò
che è rigido,
scalda ciò
che è gelido,
drizza ciò
ch'è sviato.
Flecte quod est rígidum,
fove quod est frígidum,
rege quod est dévium.
Dona ai tuoi
fedeli
che solo in
te confidano
i tuoi santi
doni.
Da tuis fidélibus,
in te confidéntibus,
sacrum septenárium.
Dona virtù e
premio,
dona morte
santa,
dona gioia
eterna.
Da virtútis méritum,
da salútis éxitum,
da perénne gáudium.
Vangelo Gv 20, 19-23
Dal vangelo secondo Giovanni
La sera di
quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo
dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in
mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il
fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse
loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui
perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non
saranno perdonati».