Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
di Pasqua
V Domenica
(18 maggio
2014)
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At 6, 1-7; Sal 32; 1 Pt 2,4-9; Gv 14,1-12
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L’antica
domanda di Andrea e Giovanni che seguono Gesù dopo il suo battesimo al
Giordano: “Rabbi, dove dimori?” (Gv 1,38) trova ora risposta. Gesù sta celebrando l’ultima
cena, ha appena lavato i piedi ai suoi apostoli, ha preannunciato gli eventi
che di lì a poco si scateneranno. I discepoli sono turbati, non comprendono
bene cosa stia accadendo, ma Gesù li precede, li orienta, li prepara. Tutto il
discorso e le azioni di quella sera, la sera dell’ultima cena, mirano a
predisporre gli occhi e il cuore dei discepoli allo svelamento del segreto di
Dio che Gesù è.
Gesù vive
nel Padre: ecco dove dimora. Ma cosa significa questa rivelazione? Con i tre
interventi di Pietro, Tommaso e Filippo, l’evangelista Giovanni racconta lo
svelamento del segreto di Gesù.
Pietro
protesta: “Signore dove vai? … Signore,
perché non posso seguirti ora? Darò la vita per te!” (Gv
13,36-37). Rispondendogli, Gesù non gli preannuncia semplicemente il
tradimento, ma dice anche altro. Gesù non può accettare che Pietro dia la vita
per lui. Sarà Gesù a dare la vita perché l’amore del Padre per gli uomini sia
noto a tutti gli uomini. Quando segue Gesù, il discepolo non è invitato a
sacrificare la sua vita a Dio, ma viene trasformato in dono di Dio sempre più
pieno all’umanità, come Gesù. Così l’uomo finisce di percorrere il suo cammino
quando giunge a essere dono totale di Dio ai suoi fratelli. Gesù non chiede la
vita del discepolo per lui, ma chiede che il discepolo, in lui, dia la sua vita
a tutti perché l’amore di Dio splenda nel cuore di tutti e si faccia una sola
famiglia.
È
interessante osservare che in questo contesto Gesù non chiami la ‘casa’ del
Padre come l’aveva chiamata quando aveva scacciato i venditori dal tempio (cfr.
Gv 2,16; in greco, casa si può dire al maschile e al femminile; al maschile indica
l’edificio, al femminile l’intimità della famiglia). Oramai, Gesù non si
riferisce più al tempio per indicare la casa di Dio, ma all’intimità della
famiglia, alla comunanza di vita e sentimenti tra Dio e i suoi figli. E quando
Gesù spiega il suo ritorno al Padre e il suo venire ai discepoli (un venire che non allude semplicemente al suo
‘farsi vedere’ dopo la risurrezione o al suo ritorno glorioso alla fine dei
tempi, ma al suo ‘dimorare’ nei discepoli, alla sua ‘presenza’ potente tra i
discepoli, al divenire uno spirito solo con il Signore da parte dei discepoli)
usa l’espressione: “perché dove sono io
siate anche voi”. L’espressione significa: io sono nell'amore del Padre,
anche voi lo sarete; sono il testimone del suo amore in questo mondo e anche
voi lo sarete; risplendo della gloria dell'amore del Padre e pure voi
risplenderete dello stesso amore. E questo proprio perché sopportando
l'ingiustizia e la violenza senza venir meno alla potenza dell'amore, sarà noto
a tutti che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato (Gv 14,31) e così l’amore del Padre risplenderà sul
mondo. Di questo amore deve parlare il
vostro amarvi vicendevole perché si radica in me; di questo amore deve parlare
il vostro amore per i fratelli.
Tommaso
insiste: “Non sappiamo dove vai e come
possiamo conoscere la via?”. Tommaso era quello che aveva voluto seguire
Gesù fino a morire con lui (cfr. Gv 11,16); sarà
quello che non vorrà illudersi sulla risurrezione di Gesù e vorrà tastare il
corpo del Risorto per sincerarsene e alla fine riassumerà la fede dei discepoli
e dei futuri credenti con la sua solenne e intima professione: ‘mio Signore e
mio Dio!’. Gli era ancora impossibile cogliere che ‘luogo e via’ indicavano la
stessa cosa. Ragionava in termini spaziali: non poteva sapere ancora che luogo
e via a cui alludeva Gesù si riferivano al nostro essere in lui, partecipi
dello stesso suo amore per il Padre e dell’amore del Padre per i suoi figli. Gesù
gli risponde: “Io sono la via, la verità
e la vita”. Gesù è la via nel senso che conduce al Padre (implica il
bisogno di orientare gli sforzi del vivere); è la verità nel senso che fa
conoscere il vero volto del Padre (implica il bisogno di relazione assoluta, il
bisogno di intimità, così essenziale al vivere dell’uomo); è la vita nel senso
che ci ottiene di condividere la stessa vita divina di cui il Padre ci fa dono
nello Spirito (implica il bisogno di pienezza, di una qualità di vita non
soggetta a diminuzioni e che si traduca in gioia piena, condivisa, duratura).
L’esito del percorrere quella via, del conoscere e riconoscere il vero volto di
Dio, del condividerne la vita in pienezza di amore, non può che essere, come
ripete diverse volte l’apostolo Paolo: essere uno con Cristo e in Cristo essere
uno con tutti perché Dio sia tutto in tutti. Così il Cristo diventa l’ubi consistam, il
dove trovarsi, il dove permanere, il dove essere rigenerati.
Con una
sottolineatura però tutta speciale. Se Gesù è via-verità-vita
lo è in quanto Figlio, che è nel seno del Padre e di cui svela il Volto d’amore
per gli uomini. Solo accogliendo quel dinamismo di rivelazione esteso a tutti
gli uomini si può conoscere il Padre ed essere ritrovati figli in quell’unico
Figlio. È la tensione ‘apostolica’ della fede nel Cristo: per credere al Cristo
occorre ritrovarsi nel suo stesso ‘essere inviati’ perché il mondo conosca che
amiamo il Padre e facciamo quello che il Padre ha comandato. Solo a mistero
pasquale compiuto gli apostoli si rendono conto della reale posta in gioco del
loro seguire il Signore e della grazia concessa al mondo.
Ed infine il
terzo intervento di Filippo: “Signore,
mostraci il Padre e ci basta”. E Gesù risponde: “Io sono nel Padre e il Padre è in me”. Filippo era colui che aveva
accompagnato a Gesù quei greci che volevano vederlo
(cfr. Gv 12,21). La sua richiesta riformula la
domanda di Mosè: “Mostrami la tua Gloria”
(Es 33,18); contiene l’ardente desiderio del cuore
dell’uomo per il Dio di cui porta così intima traccia da averne una nostalgia
acuta: “L'anima mia ha sete di Dio, del
Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?” (Sal
43,3). Filippo non si rende conto che chiedere di ‘mostrare il Padre’ significa
voler vedere il Dio che salva e il Regno di Dio venire con potenza; significa
cioè voler vedere risplendere in Gesù l’amore di Dio per gli uomini dall’alto
della croce.
Il che
significa che, se in Gesù riposa tutta la compiacenza del Padre, riconoscerlo
significa entrare in questa compiacenza e goderne la potenza risanante e
vivificante. In Gesù si concentra tutto il desiderio di comunione di Dio con
l’uomo e tutto il desiderio dell’uomo per il suo Dio: riconoscere Gesù, nel suo
invio come testimone dell’amore del Padre per gli uomini, significa godere la
rivelazione del volto di Dio, che è amore per gli uomini.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura At
6,1-7
Dagli Atti degli Apostoli
In quei
giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono
contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano
trascurate le loro vedove.
Allora i
Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi
lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli,
cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di
sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla
preghiera e al servizio della Parola».
Piacque
questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di
Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore,
Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver
pregato, imposero loro le mani.
E la parola
di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava
grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.
Salmo Responsoriale
dal Salmo 32
Il tuo amore, Signore, sia su di
noi: in te speriamo.
Esultate, o
giusti, nel Signore;
per gli
uomini retti è bella la lode.
Lodate il
Signore con la cetra,
con l’arpa a
dieci corde a lui cantate.
Perché retta
è la parola del Signore
e fedele
ogni sua opera.
Egli ama la
giustizia e il diritto;
dell’amore
del Signore è piena la terra.
Ecco,
l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera
nel suo amore,
per
liberarlo dalla morte
e nutrirlo
in tempo di fame.
Seconda Lettura
1 Pt 2, 4-9
Dalla prima lettera di san Pietro
apostolo
Carissimi,
avvicinandovi al Signore, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e
preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come
edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali
graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: «Ecco,
io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non
resterà deluso».
Onore dunque
a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori
hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di
scandalo.
Essi
v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi
invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si
è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato
dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.
Vangelo Gv 14, 1-12
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate
fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte
dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò
andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me,
perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la
via».
Gli disse
Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli
disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non
per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da
ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse
Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto
tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha
visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono
nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me
stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere.
Credete a
me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere
stesse.
In verità,
in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio
e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».