Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
di Pasqua
II Domenica
(27 aprile
2014)
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At 2,42-47; Sal 117; 1 Pt 1, 3-9; Gv 20, 19-31
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Per tutta
l’ottava è risuonata l’acclamazione pasquale: “Questo è il giorno fatto dal
Signore: rallegriamoci e esultiamo”, ripresa dal sal
117. Se la risurrezione di Gesù inaugura il giorno fatto dal Signore, si
comprende come essa non potesse appartenere all’orizzonte mentale dei
discepoli. I racconti di risurrezione lo provano. Ma allora qual è il
significato di quei racconti? In Giovanni, a differenza dei sinottici, i
racconti delle apparizioni del Risorto non hanno un valore apologetico; non mirano
semplicemente a comprovare la ‘realtà’ del corpo risorto di Gesù. La
risurrezione di Gesù non è il ‘miracolo’ che può convincere della sua divinità.
La fede degli apostoli come quella dei discepoli che li seguiranno, quindi
anche la nostra, riposa sempre sulla parola trasmessa con la forza dello
Spirito Santo e non sui segni visibili della Presenza. Non esiste ‘evidenza’
costringente del mistero di Dio e del suo amore per gli uomini.
Cosa allora
‘costringe’ il cuore dell’uomo a riconoscere il mistero di Gesù, morto e
risorto? Notiamo anzitutto che non si tratta tanto di ‘riconoscere’ che Gesù è
davvero risorto, quanto piuttosto di restare intimamente coinvolti nel
dinamismo di un rapporto che porta vita e cambia tutto. Se Tommaso, che non era
stato presente alla prima apparizione di Gesù, non vuol credere ai suoi
compagni, non è per mancanza di fede, ma per eccesso di zelo, come ben si
attaglia al suo personaggio, fervido e coraggioso. Ha preso sul serio la storia
con Gesù e non vuole alcuna illusoria consolazione. Vuole Gesù e basta. Quando
Gesù si ripresenta una settimana dopo e si rivolge a lui con le sue stesse
parole, Tommaso non ha bisogno di alcuna comprova (di mettere cioè il dito e la
mano nelle ferite), riesce solo a sussurrare: “Mio Signore e mio Dio”, che è la
professione di fede più solenne e più intima di tutto il vangelo. La frase
conclusiva di Gesù: “Perché mi hai
veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”
è spesso letta come un rimprovero nei suoi confronti, ma niente autorizza a
leggerla così. Tommaso ha semplicemente avuto quello che è stato concesso agli
altri apostoli e la cosa risponde alla promessa di Gesù nell’ultima cena: “Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più;
voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete
che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi” (Gv
14,19-20).
In questa
ottica acquista significato un fatto liturgico caratteristico: in tutto il
periodo pasquale la prima lettura delle celebrazioni domenicali non è mai presa
dall’Antico Testamento. La Chiesa vive il mistero della presenza del suo
Signore risorto nella diretta testimonianza degli apostoli e non più nella
profezia. Lo sguardo è diretto sul compimento delle profezie, quello stesso
compimento che però non è immediato e evidente per noi tanto che la
testimonianza degli apostoli diventa per noi come la nuova profezia.
Il mondo non
può vedere, il discepolo sì. Ciò significa che in gioco non è un vedere
semplicemente con gli occhi, ma un vedere nella fede, un vedere nella luce
della compiacenza di Dio per noi. Tommaso è riconosciuto beato non per aver
toccato, ma per aver veduto. L’aveva già preannunciato Gesù a proposito della
missione degli apostoli allorquando, esultando nello Spirito, aveva innalzato
la sua solenne benedizione al Padre: “In
quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo
lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose
ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così
hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e
nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio
e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte,
disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete»” (Lc 10,21-24).
Quando gli
apostoli ‘vedono’ Gesù risorto non significa che hanno ‘visioni’, ma più
concretamente che ‘il Signore si fece vedere’, cioè sperimentano degli
incontri. Ma come un cuore può aprirsi all’incontro se già non tende a colui
che desidera vedere? Per questo, nella proclamazione di fede della chiesa nella
risurrezione sempre si aggiunge ‘secondo le Scritture’. Gesù è risorto, secondo
le Scritture; Gesù risorto apre la mente all’intelligenza delle Scritture. Non
è semplicemente il suo ‘essere ritornato in vita’ che costituisce il mistero
della risurrezione. Non per nulla, nella narrazione di Giovanni, quando Lazzaro
è risuscitato appare avvolto con bende, impedito di muoversi, mentre quando
risorge Gesù le bende (i ‘lenzuoli’ funerari) diventano segno di qualcosa
d’altro.
Perché però
Gesù proclama beati quelli che non hanno visto e hanno creduto? La narrazione
evangelica ha presente non semplicemente la cronaca degli eventi pasquali, ma
la storia dei credenti. Finirà il tempo di una certa ‘visione’, come finirà il
tempo dei testimoni oculari sulla cui autorevolezza coloro che verranno dopo
continueranno a credere al Signore Gesù. Quello che non finisce, perché
continua eterno il giorno fatto dal Signore, è la possibilità reale
dell’incontro, è la percezione della Presenza in mezzo al suo popolo, a cui il
dono della pace fa riferimento e di cui la gioia è il segnale per eccellenza.
La prima
lettera di Pietro lo dice chiaro riferendosi a coloro che sono venuti alla fede
dopo gli apostoli: “voi lo amate, pur
senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di
gioia indicibile e gloriosa” (1Pt 1,8). Per cogliere a fondo il senso si
dovrebbe però tradurre: ‘senza averlo visto, voi l’amate; senza vederlo ancora,
ma credendo in lui, voi trasalite di gioia’. L’espressione si riferisce a noi,
che siamo venuti dopo l’epoca apostolica. L’accento non è più posto tanto sul
‘vedere’ ma sulla ‘fede’ che permette il vedere in modo da avere la vita, la
stessa vita che scorre nel Figlio di Dio, morto e risorto. Si passa dalla gioia
della presenza ‘vista’ (apparizioni del risorto agli apostoli) alla gioia della
presenza percepita (celebrazione dell’eucaristia) fino alla letizia nello
Spirito quando si dovrà soffrire per il nome di Cristo perché la sua pace
conquisti il mondo intero e la gioia dell’essere in lui riveli a tutti lo
splendore dell’amore di Dio per gli uomini. A questo si riferisce la
confessione di Tommaso e della chiesa a proposito di Gesù risorto: “Mio Signore
e mio Dio!”. E di qui scaturisce la missione nel mondo. Come Gesù è stato
inviato dal Padre, così invia gli apostoli. Ciò significa che i credenti in
Cristo sono resi partecipi dello stesso amore con cui il Padre ama il Figlio.
Gregorio Magno commenta: “Come il Padre mi ha inviato, così anch'io mando voi,
vale a dire: quando io vi invio in mezzo agli scandali e alle persecuzioni, io
vi amo di quella carità con cui il Padre mi ama, Lui che mi ha inviato alla
Passione”. I segni della passione restano nel corpo glorioso del Cristo, a
memoria del Suo amore per noi e a ricordare a noi di custodire quell’amore
nella passione che ci sarà richiesta.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura At
2,42-47
Dagli Atti degli Apostoli
Un senso di
timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli.
Tutti i
credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro
proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno.
Ogni giorno
erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case,
prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il
favore di tutto il popolo.
Intanto il
Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.
Salmo Responsoriale
dal Salmo 117
Rendete grazie al Signore perché è
buono: il suo amore è per sempre.
Celebrate il
Signore, perché è buono,
perché
eterna è la sua misericordia.
Dica Israele
che egli è buono:
eterna è la
sua misericordia.
Dica
Israele:
«Il suo
amore è per sempre».
Dica la casa
di Aronne:
«Il suo
amore è per sempre».
Dicano
quelli che temono il Signore:
«Il suo
amore è per sempre».
Mi avevano
spinto con forza per farmi cadere,
ma il
Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e
mio canto è il Signore,
egli è stato
la mia salvezza.
Grida di
giubilo e di vittoria
nelle tende
dei giusti:
la destra
del Signore ha fatto prodezze.
La pietra
scartata dai costruttori
è divenuta
la pietra d’angolo.
Questo è
stato fatto dal Signore:
una
meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il
giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci
in esso ed esultiamo!
Seconda Lettura
1 Pt 1, 3-9
Dalla prima lettera di san Pietro
apostolo
Sia
benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande
misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai
morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si
macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza
di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per
essere rivelata nell’ultimo tempo.
Perciò siete
ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da
varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa
dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco –, torni a vostra
lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza
averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile
e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle
anime.
SEQUENZA
Alla vittima
pasquale, s'innalzi oggi il sacrificio di lode.
L'agnello ha
redento il suo gregge,
l'Innocente
ha riconciliato noi peccatori col Padre.
Morte e Vita
si sono affrontate in un prodigioso duello.
Il Signore
della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa.
«Raccontaci,
Maria: che hai visto sulla via?».
«La tomba
del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli
suoi testimoni, il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia
speranza, è risorto; e vi precede in Galilea».
Sì, ne siamo
certi: Cristo è davvero risorto.
Tu, Re
vittorioso, portaci la tua salvezza.
Víctmæ pascháli láudes: ímmolent
Christiáni.
Agnus redémit oves: Christus
ínnocens Patri reconciliávit
peccatóres.
Mors et vita duéllo conflixére
miràndo:
dux vitæ mórtuus, regnat vívus.
Dic nobis, María, quid vidísti in via?
Sepúlcrum Christi vivéntis: et glóriam
vidi resurgéntis.
Angélicos testes, sudárium, et vestes.
Surréxit Christus spes mea: præcédit
vos in Galilǽam.
Scímus Christum surrexísse a mórtuis
vere: tu nobis, victor Rex,
miserére.
Vangelo Gv 20, 19-31
Dal vangelo secondo Giovanni
La sera di
quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo
dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in
mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il
fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse
loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui
perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non
saranno perdonati».
Tommaso, uno
dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando
venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma
egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il
mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non
credo».
Otto giorni
dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne
Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a
Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e
mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso:
«Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai
creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in
presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti
in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il
Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.