Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
Ordinario
VII Domenica
(23 febbraio
2014)
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Lv 19,1-2.17-18; Sal
102; 1 Cor
3,16-23; Mt 5,38-48
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Le
specificazioni di Gesù sondano in profondità il comando di Dio proclamato nella
prima lettura: “Siate santi, perché io,
il Signore, vostro Dio, sono santo” (Lv 19,2),
che il salmo responsoriale riprende con la rivelazione del nome di Dio: “Misericordioso e pietoso è il Signore, lento
all’ira e grande nell’amore” (Sal 102,8). Se
riandiamo al contesto in cui quel nome era stato proclamato possiamo cogliere
la portata della santità che
definisce Dio nei confronti dei suoi figli e che abilita i suoi figli ad essere
tali, come a Lui è gradito, per rivelare al mondo la grandezza del suo amore.
Il popolo nel deserto, esasperato e impaziente, costruisce il vitello d’oro e
rifiuta l’alleanza con il suo Dio che non sentiva più accanto. Quando Mosè
discende dal monte e vede l’idolo eretto nell’accampamento si infuria, spezza
le tavole della Legge e cade in profonda prostrazione: cosa farà ora il
Signore? Starà ancora dalla parte del suo popolo? E di me che ne sarà? Mosè sta
solidale con la sua gente, ricorda a Dio che questo è il suo popolo e per
essere confermato chiede a Dio di vedere la sua gloria. E quando la gloria del
Signore gli si manifesta, ode la proclamazione del nome: “Il Signore, il
Signore, Dio misericordioso e pietoso …” (Es 34,6). È
la seconda volta che Dio rivela il suo nome e questa volta nel dramma più
assoluto, confermandosi comunque e sempre a favore del suo popolo.
Quando Gesù,
a sigillo dei suoi inviti ad andare oltre la Legge, ma compiendone i misteri
che alludono alla rivelazione di Dio nella sua persona, dirà: “Voi dunque, siate perfetti come è perfetto
il Padre vostro celeste”, non farà che far emergere in tutto il suo
splendore la luminosità della santità di Dio che si rivela nella sua misericordia
senza limiti all’uomo. In effetti, non c’è scritto da nessuna parte nell’Antico
Testamento di amare il prossimo e odiare il nemico. Quella espressione non
appartiene alla rivelazione di Dio. Al cuore dell’uomo sembrava di poter
interpretare il comandamento di Lv 19,18: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”
nel senso di: “tu devi amare il tuo compagno, ma sei dispensato dall’amare il
tuo nemico”. Gesù ricollega l’amore del prossimo all’imitazione di Dio, il cui
nome, rivelato a Mosè sul Sinai, suona appunto: “Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande
nell’amore”. La misericordia è tipica di Dio. Nell’Antico Testamento
l’aggettivo ‘misericordioso’ è attribuito solo a Dio e mai all’uomo, mentre nel
Nuovo Testamento l’aggettivo ‘perfetto’ si dice dell’uomo e mai di Dio. Il che
significa che ciò che fa splendere il cuore dell’uomo è l’amore pieno di
misericordia: esprime la partecipazione alla santità di Dio e la natura della
‘perfezione’ richiesta all’uomo.
La giustizia
basata sul principio della reciprocità alla quale gli uomini in genere si
attengono non rivela ancora lo splendore di Dio. Gesù invita alla santità come
comunione di vita con Dio, alla santità come partecipazione all’amore di Dio
per i suoi figli. L’invito allude alla natura stessa del cuore dell’uomo, che
ha una profonda nostalgia di Dio. Non tanto però di Dio in generale, ma dei
comportamenti secondo Dio, comportamenti che strutturano i sogni del cuore
degli uomini. Con l’invito a quell’eccedenza, Gesù non fa che svelare le
possibilità del cuore dell’uomo una volta che si lasci toccare dalla
rivelazione del regno dei cieli che in lui si fa manifesto e partecipabile.
Se poi
consideriamo il passo parallelo di Luca, con gli esempi che adduce, cogliamo
ancora meglio la natura della perfezione richiesta all’uomo per godere della
rivelazione del regno dei cieli:
‘fate del bene a coloro che vi odiano’:
agite in modo che risplenda il bene per coloro che vi odiano;
‘benedite coloro che vi maledicono’:
portate in pace la maledizione che vi viene dagli uomini senza scadere nella
vendetta delle parole, mantenete il cuore nella pace senza corromperlo con la
rabbia di parole insolenti, non ricambiate con parole irose chi vi ferisce, né
in voi stessi né in presenza d’altri, custodendo l’onore per la persona che
l’ha calpestato;
‘pregate per coloro che vi trattano male
[che vi calunniano]’: resistete alla tristezza che vi invade quando siete
calunniati per malevolenza e invidia; la preghiera sincera vi custodirà nella
carità.
Così la ‘ricompensa’
di cui parla Matteo allude all’agire che esprime la gioia del Regno di Dio che
ha lambito il cuore e che rende capace l’uomo di comportarsi non in termini di
pura reciprocità ma in una logica di sovrabbondanza. È la capacità che il
Messia dona ai suoi discepoli, quello che l’antica colletta domanda: “possiamo
conoscere ciò che è conforme alla tua volontà e attuarlo nelle parole e nelle
opere”. Da interpretare: possiamo aprire il nostro cuore alla promessa di vita
che la parola del Signore cela e possiamo aprire gli eventi della nostra vita
al Regno che viene.
Se la Legge
aveva stabilito quella che siamo soliti chiamare la legge del taglione nel
tentativo di arginare la sete di vendetta di fronte alle offese, Gesù ricorda
di non opporsi nemmeno al malvagio, nel senso di rispondere al male con il bene
perché il male non si propaghi. Gli esempi hanno un valore simbolico per
sottolineare l’eccedenza nel volere
il bene comunque (come racconta Gv 18,22-23, Gesù non
ha offerto l’altra guancia a colui che l’aveva schiaffeggiato di fronte al
Sommo Sacerdote, ma ha custodito comunque il bene). ‘Chi ti costringe ad
accompagnarlo per un miglio’ allude al diritto dei funzionari del re di
costringere chiunque all’aiuto richiesto, come sarà il caso del cireneo che
porterà la croce di Gesù per un tratto di strada e Gesù invita ad agire non per
dovere o sotto costrizione, ma in benevolenza. Tra l’altro, il verbo italiano angariare deriva dall’obbligo di una
prestazione forzata imposta dalla pubblica autorità. La finale, che riassume il
senso di tutti gli esempi riportati: “Voi,
dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”, richiama
proprio la santità di Dio che è amore per tutti i suoi figli, il cui bene
precede l’agire degli uomini e quindi non ne dipende. L’eccedenza a cui allude
Gesù ha proprio a che fare con questo ‘Bene’ di Dio che in Gesù si comunica
all’uomo perché l’uomo non dipenda mai dal male, anche se lo subisce. La legge
potrebbe essere definita come la fatica di arginare il male, mentre l’evangelo
la possibilità di vincerlo. Alla fin fine solo la fiducia in quella possibilità
ci rende capaci di non dar spazio al male.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Lv 19, 1-2. 17-18
Dal libro del Levitico
Il Signore
parlò a Mosè e disse:
«Parla a
tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il
Signore, vostro Dio, sono santo.
Non coverai
nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo
prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui.
Non ti
vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il
tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 102
Il Signore è buono e grande
nell'amore
Benedici il
Signore, anima mia,
quanto è in
me benedica il suo santo nome.
Benedici il
Signore, anima mia,
non
dimenticare tutti i suoi benefici.
Egli perdona
tutte le tue colpe,
guarisce
tutte le tue infermità,
salva dalla
fossa la tua vita,
ti circonda
di bontà e misericordia.
Misericordioso
e pietoso è il Signore,
lento all’ira
e grande nell’amore.
Non ci
tratta secondo i nostri peccati
e non ci
ripaga secondo le nostre colpe.
Quanto dista
l’oriente dall’occidente,
così egli
allontana da noi le nostre colpe.
Come è
tenero un padre verso i figli,
così il
Signore è tenero verso quelli che lo temono.
Seconda Lettura
1 Cor 3, 16-23
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Fratelli,
non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno
distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di
Dio, che siete voi.
Nessuno si
illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia
stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza
davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della
loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».
Quindi
nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro:
tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.
Vangelo Mt 5, 38-48
Dal vangelo secondo Matteo
In quel
tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete
inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di
non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra,
tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in
tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti
costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti
chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso
che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico:
amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate
figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi
e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli
che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E
se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?
Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il
Padre vostro celeste».