Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
Ordinario
II Domenica
(19
gennaio 2014)
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Is 49, 3.
5-6; Sal 39; 1 Cor 1, 1-3; Gv 1, 29-34
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La chiesa,
che ha lo sguardo fisso sul suo Signore, morto e risorto, introduce il tempo
ordinario dell’anno liturgico con la proclamazione che l’Agnello è il Figlio di
Dio, come viene riportata nel vangelo di Giovanni, il quale non riferisce
direttamente né il battesimo di Gesù né le tentazioni nel deserto. La verità di Gesù è presentata sulla base
della testimonianza del Battista, testimonianza che indurrà i suoi discepoli a
seguire orami il nuovo Maestro.
Il
sentimento che regge la visione della chiesa in questa liturgia è descritto
nell’antifona di ingresso: “Tutta la
terra ti adori, o Dio, e inneggi a te: inneggi al tuo nome, o Altissimo” (Sal 65,4), con l’invito, subito dopo nel versetto 5: “venite e vedete le opere di Dio: terribile
nel suo agire sugli uomini”. Come a suggerire: sarà la modalità di agire
tipica del Messia, espressa dalla figura dell’agnello, a rivelare quanto è sconvolgente l’agire di Dio per gli
uomini, ma sconvolgente per l’inenarrabile profondità del suo amore per noi.
Commentando questo salmo i Padri hanno delle intuizioni potenti. Atanasio collega l’aspetto terribile dell’agire di Dio nei confronti degli uomini: “come è
ineffabile la tua incarnazione!”. Agostino si fa interprete dell’invito
‘Venite’ suggerendo: “Non insultate quanti sono fuori dalla Chiesa: Dio può
farli entrare”. Origene insiste sull’insondabilità dei pensieri di Dio a favore degli uomini:
“Tutto ciò che l’uomo potrà dire, non assomiglia ai pensieri di Dio: questi lo
riempiono di stupore”. Il salmo parla della traversata del Giordano per entrare
nella terra promessa e i Padri commentano: “Verrà un tempo in cui gioiremo, nel
fiume che sarà quello della rigenerazione: è il Giordano ove Giovanni
predicherà la remissione dei peccati e ove il Signore stesso verrà, per farne
il lavacro della nuova nascita”.
La liturgia,
nell’annunciare la solenne testimonianza del Battista rispetto a quel nuovo
profeta che si era confuso con i peccatori per ricevere il suo battesimo,
sovrappone tre figure: agnello, servo, figlio. La proclamazione del Battista è
abbinata alla profezia di Isaia (prima lettura) che parla del servo obbediente
scelto per riscattare Israele e divenire luce delle nazioni. Si tratta del
secondo canto del Servo obbediente, testo che viene proclamato solennemente il
martedì della settimana santa. Il brano di Isaia è commentato dal salmo 39. Il
servo è il Figlio che ha lo stesso volere del Padre nel suo amore agli uomini.
L’espressione della sua obbedienza a quel volere di amore per gli uomini si
esprime con le parole ‘gli orecchi mi hai aperto’, che la versione greca,
ripresa dalla lettera agli Ebrei 10,5, rende con ‘un corpo mi hai preparato’. L’umanità del Figlio di Dio costituisce
l’obbedienza al volere di amore del Padre per gli uomini, umanità che con il
battesimo al Giordano viene consacrata per diventare luce delle nazioni e
portare salvezza al mondo. Quando il Battista testimonia che Gesù, che ha
appena battezzato, è il Figlio di Dio, svela il segreto di Dio al mondo: in
quell’umanità si giocherà l’amore di Dio agli uomini. Dove la luce di quella
salvezza risplenderà in tutta la sua potenza? Sulla croce, dove il Signore è
innalzato. Là conduce gli sguardi la figura dell’agnello di cui dà
testimonianza il Battista.
Se Gesù
prende un corpo, lo prende non solo per compiere il volere di salvezza di Dio
per l’uomo, ma anche per mettersi in condizioni di compiere quella salvezza in
termini di splendore di amore e di nient’altro. Non c’è ombra di ‘potenza’
nell’amore che Gesù manifesta nascendo come un bambino, vivendo da uomo,
presentandosi al battesimo come un peccatore e morendo sulla croce; eppure, non
c’è potenza più forte di quell’amore che non si fa vincere da nulla. È l’amore
che magnifica il Signore davanti
all’uomo e l’uomo davanti a Dio.
Vale la pena
di ricordare che in greco, per indicare il servo e il figlio, si può usare uno
stesso termine: παῖς. E che in
aramaico agnello e servo sono espressi da un termine solo. Gesù è Figlio perché
è il Servo obbediente ed è Servo obbediente perché è Figlio. Figlio e servo
sono contemporaneamente l’espressione dell’intimità e della libertà di un
rapporto teso al compimento di un compito, quello di rivelare al mondo l’amore
di Dio che vuole riunire i suoi figli dispersi attorno alla sua mensa, dove è
deposto l’agnello immolato.
Il
ritornello del salmo responsoriale: ‘Ecco, io vengo, Signore, per fare la tua
volontà’, fa riferimento all’obbedienza del servo che accetta fino in fondo il
compito affidatogli, ma allude anche all’intimità ed alla libertà del figlio
che condivide intensamente con il Padre la sua passione d’amore per gli uomini.
Quanto è difficile per noi accogliere i due riferimenti contemporaneamente! Per
noi la volontà di Dio non suona subito come una volontà di Bene, come un Bene
che vuole condividere con noi, come una gioia di Bene che riposa i cuori e di
Dio e degli uomini. Il canto al vangelo lo ripete chiaramente però e ce ne
fornisce la ragione profonda: “Il Verbo
si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi. A quanti lo hanno
accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Il che significa: se
riconosco lo splendore dell’amore di Dio che rifulge dal volto di quel figlio-servo-agnello, potrò anch’io, come lui e in lui,
cogliere e compiere il volere di bene di Dio in favore degli uomini e godere
della sua gioia che consiste nell’unire ‘i figli di Dio dispersi’. Quando il
cuore dell’uomo non si lascia guidare da alcun’altra ragione nel suo agire,
saprà che la fraternità con gli uomini è il supremo desiderio di Dio e il luogo
di manifestazione del suo splendore.
L’itinerario
che ha definito Gesù nella sua umanità per esprimere nel concreto della sua
vita la realtà del suo essere servo-figlio-agnello
diventa lo stesso nostro itinerario. Così si compiono i misteri di Dio, così
l’uomo torna alle radici della sua gioia, nel suo Dio. Cose misteriose, certo,
ma veritiere e fondanti il senso stesso del nostro vivere e del nostro
desiderare.
Quando
l’evangelista Giovanni deve indicare dove la passione di Dio per gli uomini
condurrà il Figlio prediletto per raggiungere lo scopo che li ha guidati fin
dalla fondazione del mondo nel loro agire verso gli uomini, dirà: «Ma uno di loro, di nome Caifa,
che era sommo sacerdote in quell’anno, disse loro: “Voi non capite nulla e non
considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca
la nazione intera”. Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo
sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la nazione
soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,49-51). Qui stanno riuniti insieme i tre nomi:
Figlio, Servo, Agnello.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Is 49, 3. 5-6
Dal libro del profeta Isaia
Il Signore
mi ha detto:
«Mio servo
tu sei, Israele,
sul quale
manifesterò la mia gloria».
Ora ha
parlato il Signore,
che mi ha
plasmato suo servo dal seno materno
per
ricondurre a lui Giacobbe
e a lui
riunire Israele
– poiché ero
stato onorato dal Signore
e Dio era
stato la mia forza –
e ha detto:
«È troppo poco che tu sia mio servo
per restaurare
le tribù di Giacobbe
e ricondurre
i superstiti d’Israele.
Io ti
renderò luce delle nazioni,
perché porti
la mia salvezza
fino
all’estremità della terra».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 39
Ecco, Signore, io vengo per fare la
tua volontà.
Ho sperato,
ho sperato nel Signore,
ed egli su
di me si è chinato,
ha dato
ascolto al mio grido.
Mi ha messo
sulla bocca un canto nuovo,
una lode al
nostro Dio.
Sacrificio e
offerta non gradisci,
gli orecchi
mi hai aperto,
non hai
chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho
detto: «Ecco, io vengo».
«Nel rotolo
del libro su di me è scritto
di fare la
tua volontà:
mio Dio,
questo io desidero;
la tua legge
è nel mio intimo».
Ho
annunciato la tua giustizia
nella grande
assemblea;
vedi: non
tengo chiuse le labbra,
Signore, tu
lo sai.
Seconda Lettura
1 Cor 1, 1-3
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Paolo,
chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che
sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti
quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo,
Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore
Gesù Cristo!
Vangelo Gv 1, 29-34
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di
Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto:
“Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo
conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse
manifestato a Israele».
Giovanni
testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal
cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha
inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e
rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e
ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».