Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
Ordinario
XXIII Domenica
(7 settembre
2014)
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Ez 33,7-9; Sal
94; Rm
13,8-10; Mt 18,15-20
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La liturgia
celebra oggi la chiesa come mistero di riconciliazione. L’annuncio gioioso,
misterioso, significativo per il mondo non è che questo: Dio ha tanto amato il
mondo da mandare il suo Figlio, testimone dell’amore che ridà dignità e fa
vivere il cuore dell’uomo!
Una delle
espressioni più belle che definiscono la comunità dei credenti la ravviso
nell'ultima strofa dell'inno delle Lodi del Comune degli Apostoli, inno che
così canta: “L'annuncio che udiste nell'ombra gridatelo alto nel sole: è questa
l'estrema consegna del Dio crocifisso e risorto. E voi dite, ridite sui tetti
la voce che parla nel cuore: apostoli siate alle genti di Cristo, salvezza e
vittoria. Il nuovo messaggio di vita vi ha spinti ai confini del mondo, su
lunghi sentieri di croce, araldi del giorno che viene. Su voi, resi saldi in
eterno, s'edifica e innalza la Chiesa che eterna, riversa sul mondo da Dio,
come un fiume, la pace”. La storia della chiesa, la nostra piccola storia quotidiana
rivela la verità di questa espressione: "che eterna, riversa sul mondo da
Dio, come un fiume, la pace"? Chi ci avvicina, chi vive con noi, sente
anzitutto questo? Perché questo è il segno dell’apertura di credito al vangelo
nella nostra vita.
A livello
della nostra storia quotidiana, la pace significa essenzialmente
riconciliazione: riconciliazione con Dio, con noi stessi, con il mondo, con gli
uomini. Quando s. Paolo afferma che noi siamo collaboratori di Dio, intende
proprio che siamo collaboratori all’opera della riconciliazione in atto nella
storia.
Matteo pone
la fraternità nell’orizzonte degli annunci della passione, dentro la logica
pasquale, per cui al centro non ci sono i valori o gli ideali, bensì le ferite
che vengono assunte e curate. Tutto il capitolo 18 del vangelo di Matteo, il
capitolo della fraternità, lo mostra. Se la fraternità è radunata nel nome di
Gesù, lo è in quanto accoglie nel suo nome le ferite e i bisogni dei più
piccoli, dei deboli, dei peccatori.
Il brano
evangelico di oggi segue la domanda degli apostoli: “Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?” (Mt 18,1) con la
risposta di Gesù a farsi (letteralmente: umiliarsi) piccoli. Come dicesse: non
sapete nemmeno se potete entrare e vi sognate di essere grandi? La domanda vera
suona: come si fa a entrare? Stando piccoli, cioè godendo della benevolenza di
Dio e fidandosi dei suoi segreti. Sarebbe il senso della parabola del pastore
che va in cerca della pecorella smarrita. Da dentro l’esperienza vissuta di
quella premura amorosa le parole di Gesù diventano fonte di beatitudine e di
moralità per i discepoli: “Se il tuo
fratello commetterà una colpa contro di te …”. È l’invito al perdono
vicendevole, a vivere da riconciliati, a gustare il segreto di Dio che in
questo comandamento si nasconde. Tanto che il progresso nella fede è concepito
come un crescere nella condizione di vivere il perdono come segno di quella
vita immortale condivisa con il Cristo.
Così, al di
là del suo valore ecclesiale e sacramentale, l’espressione ‘Quello che
legherete sulla terra sarà legato in cielo’ assume il senso: se tu leghi, sarai
legato; se tu sciogli, sarai sciolto. Proprio come preghiamo nel Padre Nostro:
‘rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori’. Dio
si muove nei nostri confronti secondo il potere che ci ha accordato.
Perdoniamo? Saremo perdonati. Non tratteniamo un'ingiustizia? Anche Dio non la
trattiene nei nostri confronti. Siamo generosi con un fratello? Anche Dio lo
sarà con noi. Da questo punto di vista, non è importante preoccuparsi di fare
bene, ma di non trattenere, di non legare il male di nessuno.
E l’altra
espressione ‘dove sono due o tre riuniti nel mio nome’ non allude
principalmente alla preghiera, ma al perdono scambievole, alla riconciliazione
accolta che testimonia proprio la presenza di Cristo non solo in noi, non solo
in mezzo a noi, ma nel mondo, perché l'evento della riconciliazione parla
direttamente al mondo della presenza di Dio. La pace tra fratelli, data e
accolta, costituisce l'unica condizione di sincerità della preghiera e quindi
del suo esaudimento.
Il canto al
vangelo lo proclama solenne: “Dio ha
riconciliato a sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della
riconciliazione” (cfr. 2 Cor 5,19). Se Dio affida
all’uomo il ministero della riconciliazione, vuol dire che ritiene l’uomo suo
compagno. Con la rivelazione di Gesù, che svela, mentre compie, questo supremo
desiderio di Dio, possiamo scorgere all'opera nel mondo le segrete intenzioni
di Dio nei confronti delle sue creature.
Noi tutti
siamo appunto chiamati a concorrere alla realizzazione di questa 'opera'. In
questo senso dobbiamo imparare a giudicare ogni cosa in base alla convergenza
verso questo supremo scopo divino. Imparare a diventare coscienti di questa
realtà significa passare dal livello psicologico a quello spirituale, diventare
compagni di Dio.
Per questo
ci è affidata la parola della riconciliazione.
È la parola
come forza d’attrazione, come rivelazione del segreto di quel ‘far grazia di
sé’ di Dio a noi, di noi a tutti. È il mistero della carità condiviso.
Paolo lo
vive come l’unico debito di cui i fratelli portano credito sempre nei nostri
confronti. Assolto ogni altro dovere di lealtà, di onestà, di onore, verso
tutti, nella società e nella chiesa, per i discepoli di Gesù rimane insolvibile
sempre questo: la carità. Ma questo debito è percepito tale se la carità
riguarda la condivisione del segreto di Dio che vuole gli uomini suoi figli
alla tavola della vita. Se Paolo dice: “pienezza
della Legge infatti è la carità”, non allude alla punta di una virtù umana,
costituita dall’osservanza della legge, ma all’ispirazione divina, alla potenza
divina che opera in noi nell’obbedienza alla legge allargando i confini della
nostra umanità sulla misura divina che in Gesù diventa accessibile. Paolo dice appunto:
‘chi ama l’altro’, dove altro sta per straniero e non semplicemente ‘chi ama il
prossimo’ entro l’appartenenza ad uno stesso popolo.
Non che la
cosa sia così naturale per gli uomini. Lo dice il profeta Ezechiele riportando
la critica del popolo al suo Dio: “Non è
retta la via del Signore”. L’uomo non è garantito dal bene che ha compiuto
come non è condannato dal male che ha fatto. Quello che lo salva è la
conversione al suo Dio: “convertitevi e
vivrete”. Al centro c’è sempre il mistero dell’amore perdonante di Dio, che
ridà gioia e dignità alla creatura liberandola dalle sue rivendicazioni. La
carità parla di quella gioia e di quella dignità custodita per sé come per
tutti.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Ez 33, 7-9
Dal libro del profeta Ezechiele
Mi fu
rivolta questa parola del Signore:
«O figlio
dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando
sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia.
Se io dico
al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista
dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua
morte io domanderò conto a te.
Ma se tu
avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si
converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai
salvato».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 94
Ascoltate oggi la voce del Signore.
Venite,
cantiamo al Signore,
acclamiamo
la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci
a lui per rendergli grazie,
a lui
acclamiamo con canti di gioia.
Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio
davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il
nostro Dio
e noi il
popolo del suo pascolo,
il gregge
che egli conduce.
Se
ascoltaste oggi la sua voce!
«Non
indurite il cuore come a Merìba,
come nel
giorno di Massa nel deserto,
dove mi
tentarono i vostri padri:
mi misero
alla prova
pur avendo
visto le mie opere».
Seconda Lettura
Rm 13, 8-10
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Romani
Fratelli,
non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché
chi ama l’altro ha adempiuto la Legge.
Infatti:
«Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai», e
qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo
prossimo come te stesso».
La carità
non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.
Vangelo Mt 18, 15-20
Dal vangelo secondo Matteo
In quel
tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo
fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui
solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà,
prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla
parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla
comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e
il pubblicano.
In verità io
vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto
quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io
vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere
qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono
due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».