Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
Ordinario
XVII Domenica
(27 luglio
2014)
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1
Re 3,5.7-12; Sal
118; Rm
8,28-30; Mt 13,44-52
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La
proclamazione del vangelo contiene le ultime tre parabole del Regno. Voglio
considerare in particolare quelle del tesoro nascosto in un campo e della perla
preziosa. Le due parabole rispondono alla domanda: potrà l'uomo portare il
giogo del Regno dei cieli? Non c'è contraddizione tra il suo istinto alla
felicità e l’asprezza dell'esigenza evangelica?
In queste
parabole l'accento non è posto sul fatto che l'uomo è chiamato a lasciare tutto
per il Regno dei cieli, ma che lascia tutto perché trasportato dalla gioia di
una scoperta che gli riempie il cuore. Non solo, ma che una realtà capace di
riempire il cuore non può essere che insieme esigente e gioiosa: esigente
perché gioiosa e gioiosa perché esigente. D’altra parte, il Regno non si
contrappone a nulla di per sé. Non è la perla più bella delle altre. È, più
semplicemente ma più potentemente, la perla di ‘grande valore’; è il tesoro tra
i beni e non un bene più prezioso degli altri beni. Saper cogliere questo è
frutto di ‘sapienza’ e la colletta fa pregare: “concedi a noi il discernimento
dello Spirito, perché sappiamo apprezzare fra le cose del mondo il valore
inestimabile del tuo Regno, pronti ad ogni rinunzia per l’acquisto del tuo
dono”.
È il tema
della prima lettura, dove il re Salomone chiede la sapienza del giudicare per
guidare adeguatamente il popolo di Dio, con la conseguenza di avere insieme
anche quello che non ha chiesto: Regno, vittoria e stabilità. Chiedere sapienza
per il cuore per ben discernere significa predisporsi a vivere la vita per il
verso giusto, per il verso santo, nel disegno di vita che Dio ha tessuto per
noi. E la sapienza va impetrata dall'alto perché il tesoro e la perla di gran
valore sono come nascosti; realmente si possono trovare, ma solo dentro una
rivelazione che fa aprire gli occhi.
Il salmo
responsoriale commenta la domanda della sapienza con il salmo 118/119, un inno
alla sapienza di Dio che si manifesta nei suoi comandamenti. Il versetto 130
recita: “La rivelazione delle tue parole
illumina, dona intelligenza ai sapienti”. Quella illuminazione, che è
ripresa da Gesù quando chiede ai discepoli: “Avete compreso tutte queste cose?”, concerne l’intima struttura del
nostro cuore, modellato, come dice san Paolo, conforme al Figlio dell’uomo: “Poiché quelli che egli ha da sempre
conosciuto, li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio
suo…” (Rm 8,29). Domandando la sapienza si domanda di riuscire a
cogliere quei desideri del cuore che il Signore ha impastato con la terra
quando ci ha creati, prima di soffiarci il suo alito di vita. Sì, perché quei
desideri hanno a che fare con l’umanità di quel Figlio inviato a mostrarci la
grandezza dell’amore del Padre e a riunirci tutti insieme in un’unica famiglia.
La traccia di quei desideri, secondo quella conformità al Figlio, precede il
nostro volere, viene prima di ogni nostro merito o demerito, cercato o patito.
Potremmo
anche spiegare la nostra condizione umana in questo modo. Conoscere il bene e
il male significa conoscere le vie della vita. Ma chi può illudersi di
conoscerle? Se l’uomo non si fa piccolo, non si dispone cioè alla confidenza
nel suo Dio, come potrà godere dei segreti della vita per cui è fatto? Il
dramma dell’uomo sta appunto nel volere la vita senza fidarsi del suo Dio che
gliel’ha preparata. Chi non vede in Gesù la promessa di vita che si compie per
l’uomo da parte di Dio, non sarà disposto ad accoglierlo e non vedrà il tesoro
che costituisce per la sua umanità.
Quando si
chiede la sapienza dall’alto si attiva il principio del discernimento proprio
in vista del tesoro del Regno dei cieli godibile per il nostro cuore. Non per
nulla, s. Antonio il Grande, padre del monachesimo egiziano, diceva che il
discernimento è la virtù essenziale, la più fondamentale. E quando Gesù domanda
se i discepoli hanno compreso allude a questa operazione del cuore: avete
afferrato con la testa che cosa le mie parole abbiano a che fare con la vostra
vita? Allora unirete la comprensione all’ubbidienza e all’azione, nella fiducia
in me che vi parlo e consegno a voi i miei segreti, che saranno i vostri
segreti.
Rispetto
alla formulazione delle parabole, va detto che il Regno dei cieli non è
paragonato a un tesoro o a un mercante. Il paragone si gioca sulla situazione
che si è invitati a vivere, come a dire: il Regno dei cieli è simile a ciò che
succede quando si scopre un tesoro o quando un mercante trova una perla di
grande valore. Il punto nevralgico per la comprensione è dato appunto dalla
gioia della scoperta. Tutta l'azione successiva scaturisce dalla gioia
prorompente della scoperta. Senza quella gioia non è possibile concepire
nessuna azione significativa a livello dell'orientamento della propria vita,
sebbene le parabole alludano anche ad altre dinamiche, più nascoste ma non meno
vere.
Alla
dinamica di ricerca, anzitutto. Non si scopre a caso. Ci deve essere, di fondo,
una passione per ciò che è prezioso, una inquietudine che non ti lascia
vaneggiare o istupidire. Non sono sufficienti, al cuore dell'uomo, le cose che
arriva a possedere; ha bisogno di cogliere quello che dentro le cose vive e
attira, quello che solo può colmare il suo desiderio.
Alla
dinamica di compravendita. Ciò che è prezioso non sta insieme a ciò che è vile,
ciò che è profondo a ciò che è superficiale, ciò che ha sostanza con ciò che ha
solo apparenza. Perlomeno, insieme non possono stare tanto tempo e difatti
viene il momento in cui ci si deve disfare di una cosa per comprare l'altra. E'
inevitabile.
Alla
dinamica di rischio. Più grosso è l'affare, più alto il rischio. E quando il
tesoro o la perla trovata sono incomparabilmente più preziosi di tutto quello
che ci si sarebbe potuti immaginare di trovare, allora ci si disfa di tutto. Il
tutto di cui ci si disfa è direttamente proporzionale alla preziosità del
tesoro trovato. La molla che permette, anzi che spinge al rischio della
compravendita è appunto la gioia, percepita così profonda e piena da cacciare
ogni timore.
Un’ultima
annotazione. La scena delle parabole è presentata come avvenisse in un momento
determinato. Invece interessa tutto il corso della vita. Sempre troviamo averi
che occorrerà vendere per godere appieno del nostro tesoro dove far riposare il
cuore in tutta pace. E sarà sempre la stessa dinamica in gioco: una nuova gioia
ci farà accettare il rischio, fino a che tutto di noi risplenderà della luce di
quel tesoro e via via scopriamo come il cuore si
possa costantemente rinnovare e aprire alla rivelazione del suo Signore, mai
sazio di Lui come mai sazio di vita e di amore.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura 1
Re 3, 5. 7-12
Dal primo libro dei Re
In quei
giorni a Gàbaon il Signore apparve a Salomone in
sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda».
Salomone
disse: «Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide,
mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo
è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per la quantità
non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché
sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male;
infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?».
Piacque agli
occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse:
«Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né
hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma
hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le
tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu
prima di te né sorgerà dopo di te».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 118
Quanto amo la tua legge, Signore!
La mia parte
è il Signore:
ho deciso di
osservare le tue parole.
Bene per me
è la legge della tua bocca,
più di mille
pezzi d’oro e d’argento.
Il tuo amore
sia la mia consolazione,
secondo la
promessa fatta al tuo servo.
Venga a me
la tua misericordia e io avrò vita,
perché la
tua legge è la mia delizia.
Perciò amo i
tuoi comandi,
più
dell’oro, dell’oro più fino.
Per questo
io considero retti tutti i tuoi precetti
e odio ogni
falso sentiero.
Meravigliosi
sono i tuoi insegnamenti:
per questo
li custodisco.
La
rivelazione delle tue parole illumina,
dona
intelligenza ai semplici.
Seconda Lettura
Rm 8, 28-30
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Romani
Fratelli,
noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro
che sono stati chiamati secondo il suo disegno.
Poiché
quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere
conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti
fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha
chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche
glorificati.
Vangelo Mt 13,
44-52
Dal vangelo secondo Matteo
[ In quel
tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno
dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo
nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei
cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata
una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. ]
Ancora, il
regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere
di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere,
raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla
fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li
getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete
compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per
questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un
padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».