Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
Ordinario
XVI Domenica
(20 luglio
2014)
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Sap
12,13.16-19; Sal
85; Rm
8,26-27; Mt 13,24-43
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La parabola
della zizzania risponde alla domanda che tutti angoscia: perché il male è
mescolato al bene? Gesù, quando racconta le parabole, spesso conclude con
l’avvertimento: chi ha orecchi intenda! Ma qui, l’avvertimento non è dato alla
fine del racconto della parabola, ma dopo la spiegazione stessa della parabola
che avrebbe dovuto chiarirne adeguatamente i significati nascosti. Il passaggio
dal nascosto al chiaro è continuo, non è mai dato una volta per tutte e segue
l’evoluzione del rapporto di intimità con Gesù, il Figlio di Dio, ‘potenza e
sapienza’ di Dio. La spiegazione della parabola in effetti non racconta
semplicemente l’evento che succederà alla fine della storia, ma illustra la
prospettiva nella quale vivere il presente della storia, segnata dalla presenza
dei malvagi e dall’imperversare del male. Come convivere con i malvagi è
domanda più pertinente del perché ci sono i malvagi (i servi della parabola
chiedono al padrone da dove viene la zizzania). L’unico buon atteggiamento
possibile resta quello del padrone: “Lasciate che l’una e l’altro crescano
insieme fino alla mietitura”.
La ragione?
La si può desumere dal libro della Sapienza, proclamato nella prima lettura. La
domanda che angoscia i giusti: “Perché Dio non toglie di mezzo i malvagi?
Perché Dio lascia spazio al male?”, nel brano della Sapienza è formulata in
questo modo: “Con tale modo di agire hai
insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi
figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento”.
‘Tale modo di agire’ fa riferimento all’indulgenza e alla mitezza con cui Dio,
dotato di forza onnipotente, agisce verso gli uomini e li giudica. Quel ‘deve
amare gli uomini’ sarebbe, letteralmente, ‘è necessario che il giusto sia
amante degli uomini’. Dove la Scrittura segnala un ‘deve’, vuol dire che allude
a una radice e a un compimento divini, a un esito divino della vita umana.
Quando il
salmo 85 riprende, come a commento del brano della Sapienza, la lode di Dio
compassionevole, pieno di amore, fedele e misericordioso, lo fa in un contesto
preciso, che è il seguente: “O Dio, gli
arroganti contro di me sono insorti e una banda di prepotenti insidia la mia
vita, non pongono te davanti ai loro occhi” (Sal
85,14). L’invocazione a Dio misericordioso nasce dal fatto che il giusto
subisce l’azione dei malvagi e l’invocazione si traduce nella richiesta della
‘forza’, tipica di Dio, che è quella della ‘indulgenza, mitezza, pazienza …’. È esattamente il contesto della parabola della
zizzania. Dio non toglie di mezzo i malvagi perché sono oggetto della sua
pazienza, perché i giusti possano rivelare ai malvagi la forza di Dio che non
rinuncia al suo amore perché l’uomo lo disattende e i giusti saranno tanto più
giusti quanto più faranno risplendere la potenza di amore paziente di Dio.
Il Signore
vuol fare degli uomini i figli del Regno, ma insieme, di nascosto, è all'opera
anche il Maligno che invece vuole renderli suoi figli. L'esito della contesa
tra l'uno e l'altro è scontato: prevarrà il Regno di Dio. Il problema nasce dal
fatto che, se il Regno di Dio è reale per noi e dentro di noi, non è ancora
però manifesto, per cui l'uomo si sperimenta come un campo di tensioni
contrapposte, che la venuta di Gesù rende ancora più evidenti.
All’uomo
giusto il malvagio non interessa per il giudizio ma per la segreta provvidenza
che comporta. Là dove il male imperversa si acuisce la sofferenza, ma chi
accoglie la sofferenza degli altri permette alla propria umanità di splendere.
Solo così il mondo è passibile della rivelazione del Regno e se il malvagio non
viene meno è solo perché, nella pazienza di Dio, il bene risplenda nella
scoperta di nuove dimensioni di umanità, cosa che fa presagire la presenza
accompagnatrice di Dio nel mondo.
La fonte di
tale ‘pazienza’ dei giusti è basata sulle altre due parabole, quella del
granellino di senapa e del lievito, parabole che rispondono alla domanda:
perché l’inizio del Regno è così insignificante? Dove si rivela l’evidenza del
Regno?
La parabola
del seme non insiste tanto sulla sua piccolezza, ma sulla potenza che possiede
nonostante la sua piccolezza. La parabola del lievito mostra come l’evidenza
del Regno non riguardi una cosa o l’altra. Del ‘regno’ non si può dire: eccolo
qui, eccolo là. Riguarda l’insieme del mondo, della vita, dei rapporti,
dell’agire e del sentire, dell’essere e del fare. Girolamo spiega come il
lievito sia la conoscenza e la comprensione delle Scritture, la conoscenza del
mistero del Figlio di Dio fatto uomo per noi, la gioia della scoperta del
Figlio di Dio come tesoro e perla preziosa tanto da investire tutte le proprie
energie in quel cammino di scoperta e da cedere ogni altro bene in vista di
ottenere e di condividere con tutti quel tesoro. Saranno le parabole proclamate
domenica prossima. Sempre secondo s. Girolamo, la potenza del lievito è quella
di portare tutto all’unità: all’unità delle potenze dell’anima, all’unità di
spirito/anima/corpo, all’unità della famiglia umana. È la tensione divina che
attraversa la nostra storia, che per questo è sempre storia sacra.
Così,
davanti al dramma del male che non ci abbandona, resta la fiducia ancora più
grande nella potenza di quel Verbo, fatto uomo, accolto in cuore e capace di
portare tutto a Lui e in Lui. Solo coloro che preferiscono i pensieri di Dio ai
propri (“Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai
nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”, Mt
11, 25) possono confidare sulla forza paziente di Dio, resi partecipi dei
segreti di amore per gli uomini nel Signore Gesù. Lo preghiamo con l’orazione
sui doni: “ … ciò che ognuno di noi presenta in tuo onore giovi alla salvezza
di tutti”. Come a dire: sono graditi a Dio solo i doni che procedono da quella
‘forte pazienza’ nel rispondere con il bene al male perché a tutti sia reso
noto il mistero di amore di Dio per gli uomini.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Sap 12, 13. 16-19
Dal libro della Sapienza
Non c’è Dio
fuori di te, che abbia cura di tutte le cose,
perché tu
debba difenderti dall’accusa di giudice ingiusto.
La tua forza
infatti è il principio della giustizia,
e il fatto
che sei padrone di tutti, ti rende indulgente con tutti.
Mostri la
tua forza
quando non
si crede nella pienezza del tuo potere,
e rigetti
l’insolenza di coloro che pur la conoscono.
Padrone
della forza, tu giudichi con mitezza
e ci governi
con molta indulgenza,
perché,
quando vuoi, tu eserciti il potere.
Con tale
modo di agire hai insegnato al tuo popolo
che il
giusto deve amare gli uomini,
e hai dato
ai tuoi figli la buona speranza
che, dopo i
peccati, tu concedi il pentimento.
Salmo Responsoriale
dal Salmo 85
Tu sei buono, Signore, e perdoni.
Tu sei
buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di
misericordia con chi t’invoca.
Porgi
l’orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii
attento alla voce delle mie suppliche.
Tutte le
genti che hai creato verranno
e si
prostreranno davanti a te, Signore,
per dare
gloria al tuo nome.
Grande tu
sei e compi meraviglie:
tu solo sei
Dio.
Ma tu,
Signore, Dio misericordioso e pietoso,
lento
all’ira e ricco di amore e di fedeltà,
volgiti a me e abbi pietà.
Seconda Lettura
Rm 8, 26-27
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Romani
Fratelli, lo
Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare
in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e
colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede
per i santi secondo i disegni di Dio.
Vangelo Mt 13, 24-43
Dal vangelo secondo Matteo
[ In quel
tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è
simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti
dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne
andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania.
Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai
seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli
rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che
andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la
zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro
crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai
mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il
grano invece ri! ponètelo nel mio granaio”». ]
Espose loro
un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di
senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di
tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto
e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra
i suoi rami».
Disse loro
un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese
e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste
cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con
parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
«Aprirò la
mia bocca con parabole,
proclamerò
cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».
Poi congedò
la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli:
«Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che
semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono
sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che
l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono
gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così
avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali
raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono
iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di
denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha
orecchi, ascolti!».