Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
Ordinario
XV Domenica
(13 luglio
2014)
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Is
55,10-11; Sal
64; Rm
8,18-23; Mt 13,1-23
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Per tre
domeniche successive la Chiesa farà proclamare la lettura del cap. 13 di
Matteo, il capitolo delle sette parabole del Regno. Oggi viene proclamata la
prima parabola, quella del seminatore, non semplicemente la prima delle sette,
ma la parabola che fa da sfondo a tutte le parabole.
Possiamo
introdurci al mistero svelato da questa parabola con la prima lettura tratta
dal profeta Isaia. La parola è
paragonata all’acqua, che sembra scomparire nella terra, in realtà la feconda.
Il cap. 55 conclude il libro del secondo Isaia, il libro della consolazione
(capp. 40-55). Il contesto riguarda il popolo esiliato a Babilonia che riceve
la promessa di liberazione imminente: “Voi
dunque partirete con gioia, sarete ricondotti in pace” (Is
55,12). È la fiducia nel perdono rigenerante di Dio, che resta fedele alle sue
promesse.
La chiesa
accosta questo brano alla parabola evangelica per approfondirne l’intelligenza.
È quella parola, che ha l’efficacia dell’acqua che feconda la terra, ad essere
seminata nei cuori degli uomini; è la parola che rivela i misteri del Regno in
chi l’accoglie. Da notare che la parabola del seminatore è preceduta dalla
solenne dichiarazione di Gesù: “Poi
tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: ‘Ecco mia madre e i miei
fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è
per me fratello, sorella e madre” (Mt 12,48-50). E subito segue la parabola
del seminatore. Possiamo comprendere: accogliere la parola significa diventare
familiari di Dio, condividere i suoi segreti, diventare eredi del Regno del
Padre. Proprio quello che Gesù dirà alla fine di tante parabole: “prendi parte alla gioia del tuo padrone”
(Mt 25,21). Come anche san Paolo sottolinea nella sua lettera ai Romani: “… avete ricevuto lo Spirito che rende figli
adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà! Padre!”
(Rm 8,15).
Come
riferito dal profeta Isaia: tutto è fondato sulla fedeltà di Dio alle sue
promesse. E come la parabola rivela sottolineando l’azione del seminatore che
esce: “Quel giorno Gesù uscì di casa …
Ecco, il seminatore uscì a seminare”. Gesù, Verbo del Padre, lascia il
Padre e viene tra gli uomini, non solo seminando la Sua parola nei cuori, ma
seminando Sé, Sua Parola Vivente, nei cuori. Quello che Giovanni riassume in
due espressioni paradigmatiche del segreto di Gesù: “Dio ha tanto amato il
mondo da dare il suo Figlio unigenito …” (Gv 3,16) e
“Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per
riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi” (Gv
12,51-52). Il seminatore esce per svelare il volto del Padre che è misericordia
per noi e per riunirci alla mensa del suo amore. Così c'è identità tra il
seminatore e il seme, perché Colui che semina e la cosa che viene seminata è la
stessa realtà, Gesù stesso. Ognuno è chiamato a far nascere e far crescere Gesù
dentro il proprio cuore. E questo è il significato profondo della parabola.
L’eredità del Regno è proprio Lui, quel Figlio dell’uomo che riunisce la
famiglia degli uomini nella gioia del Padre che vuole la comunione con i suoi figli.
Siccome si
tratta di seminagione, l’elemento tempo è essenziale. Lo ricorda il passo
parallelo di Luca: “Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver
ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono
frutto con perseveranza”. Da intendere: nella pazienza. La perseveranza dice il
tempo necessario perché la magnanimità e la tenacia con cui si pazienta sveli
il frutto agognato.
La
comprensione della parabola comporta però un aspetto angosciante, come
intollerabile: “Per questo a loro parlo
con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non
comprendono”. E qui Gesù cita Is 6,9-10. Quel
passo di Isaia, che conferma angosciosamente la possibilità del rifiuto da
parte del popolo, come tutta la storia sacra dimostra, è citato da tutti i
vangeli e anche dagli Atti degli apostoli. In Giovanni 12,40 il passo si
riferisce allo scandalo della passione che impedisce a molti di riconoscere il
Messia. In At 28,26-27 conclude il racconto degli Atti con il rifiuto da parte
di molti della predicazione di Paolo, prigioniero a Roma e prossimo al suo
martirio.
Credo sia da
vedere in questa drammaticità della rivelazione la dimensione dell’amore del
Padre che si svela nello scandalo della passione di Gesù. Tutto ciò che si
riferisce al Regno (il che significa: tutto ciò che ha attinenza con il
compimento dei desideri profondi del cuore nella vita) passa per l’accettazione
della debolezza di Dio che è più forte della forza degli uomini. Forse non
riusciamo più a cogliere il mistero di Bene che il Signore ci squaderna.
Possiamo ancora sentire la verità di quel “beati
i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano”, eco
della preghiera di lode di Gesù: “Ti
rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste
cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25) e
della comunanza di vita che Gesù ci offre: “chiunque
fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e
madre” (Mt 12,50) ? Con le parabole del Regno Gesù ci invita appunto alla
sua comunanza di vita con il Padre, che è amore per noi.
Ogni dono
dell’Amato è sempre presenza dell’Amato; dietro ogni Parola annunciata,
ascoltata, sta sempre il desiderio di Dio di essere accolto e l’invito suo ad
accoglierlo. Questa alleanza di Dio
con l’umanità costituisce il quadro di riferimento della parabola del
seminatore. Lo proclama anche il passo di Isaia che precede il brano letto
oggi: “O voi tutti assetati venite all’acqua…Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e voi
vivrete. Io stabilirò con voi un’alleanza eterna” (Is
55,1.3). In quel contesto prende significato la prodigalità del seminatore (non
si stanca mai di seminare, non teme di buttar via il seme, si rivolge a ogni
tipo di terreno, evidentemente perché sempre Dio ricerca la conversione del
cuore dell’uomo che da un tipo di terreno può passare a un altro) e la potenza
di crescita del seme (che può sempre produrre fino a 100 volte tanto),
mostrando in questo il compimento dei desideri del cuore dell’uomo (“Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o
sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento
volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19,29).
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Is 55, 10-11
Dal libro del profeta Isaia.
Così dice il
Signore:
«Come la
pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi
ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla
fecondata e fatta germogliare,
perché dia
il seme a chi semina
e il pane a
chi mangia,
così sarà
della mia parola uscita dalla mia bocca:
non
ritornerà a me senza effetto,
senza aver
operato ciò che desidero
e senza aver
compiuto ciò per cui l’ho mandata».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 64
Tu visiti la terra, Signore, e
benedici i suoi germogli.
Tu visiti la
terra e la disseti,
la ricolmi
di ricchezze.
Il fiume di
Dio è gonfio di acque;
tu prepari
il frumento per gli uomini.
Così prepari
la terra:
ne irrìghi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con
le piogge e benedici i suoi germogli.
Coroni
l’anno con i tuoi benefici,
i tuoi
solchi stillano abbondanza.
Stillano i
pascoli del deserto
e le colline
si cingono di esultanza.
I prati si
coprono di greggi,
le valli si
ammantano di messi:
gridano e
cantano di gioia!
Seconda Lettura
Rm 8, 18-23
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Romani
Fratelli,
ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria
futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione,
infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.
La creazione
infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà
di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione
sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della
gloria dei figli di Dio.
Sappiamo
infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino
ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito,
gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro
corpo.
Vangelo Mt 13, 1-23
Dal vangelo secondo Matteo
[ Quel
giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui
tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la
folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò
loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare.
Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la
mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra;
germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole
fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i
rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede
frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi,
ascolti». ]
Gli si
avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con
parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del
regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e
sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha.
Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non
ascoltano e non comprendono.
Così si
compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì,
ma non comprenderete,
guarderete,
sì, ma non vedrete.
Perché il
cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono
diventati duri di orecchi
e hanno
chiuso gli occhi,
perché non
vedano con gli occhi,
non
ascoltino con gli orecchi
e non
comprendano con il cuore
e non si
convertano e io li guarisca!”.
Beati invece
i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io
vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi
guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo
ascoltarono!
Voi dunque
ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del
Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel
suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato
seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito
con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una
tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno.
Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione
del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà
frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la
comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per
uno».