Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
di Natale
Battesimo del
Signore
(12 gennaio 2014)
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Is
42,1-4.6-7; Sal 28; At 10,34-38; Mt 3,13-17
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La liturgia
del battesimo di Gesù chiude il ciclo natalizio. La Chiesa celebra, nel
battesimo al fiume Giordano, la manifestazione di Gesù al suo popolo e il
mistero di salvezza che ne deriva, collegato alla visita dei Magi e al primo
miracolo a Cana di Galilea, come canta l’antifona al
Benedictus già risuonata nella festa dell’Epifania: "Oggi la Chiesa,
lavata dalla colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo suo Sposo; accorrono
i magi con doni alle nozze regali e l'acqua cambiata in vino rallegra la mensa".
Il mistero è contemplato nell’ottica dell’invocazione: "Dio onnipotente ed
eterno, che nel Natale del Redentore hai fatto di noi una nuova creatura,
trasformaci nel Cristo tuo Figlio, che ha congiunto per sempre a sé la nostra
umanità" (colletta, sabato 12 gennaio).
L'immagine
di fondo è quella delle nozze: Dio sposa l'umanità. Il mistero d’amore
intravisto con la nascita a Betlemme, rivelato essere l’eredità di tutte le
genti con l’adorazione dei magi, celebrato nella sua gioia messianica alle
nozze di Cana e ripresentato ad ogni celebrazione
eucaristica, qui è intuito nel suo percorso di attuazione con la solidarietà
dell’agnello innocente con i peccatori, in attesa che si realizzi compiutamente
con la sua morte-risurrezione. La deduzione immediata che ne scaturisce è che
oramai l'umanità appartiene in proprio a Dio, oramai l'umanità, pur con tutto
il suo carico di ferite e di paure, è carne del Figlio di Dio, che se l'è
assunta nella sua realtà, integralmente. Non si può più parlare di umanità
senza che sia Dio ad esserne implicato. Non si può più gemere sull'umanità
senza aver compassione di Dio!
La liturgia
accosta al racconto del battesimo il brano profetico di Isaia 42. È il testo
che Matteo riprende integralmente in 12,18 e qui in un solo dettaglio: «Appena battezzato, Gesù uscì dall' acqua:
ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere
come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva:
“Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento”». E
quando a Giovanni si presenta Gesù, per vincere la sua ritrosia gli dice: “Lascia fare per ora, perché conviene che
adempiamo ogni giustizia”.
Questi
versetti celano molti misteri. Perché Gesù parla di ‘ogni giustizia’? Gesù non
si attiene semplicemente alla Legge; il suo comportamento parla di una sovrabbondanza assolutamente gratuita
dal punto di vista della Legge. Non aveva motivo di farsi battezzare, come lo
stesso Giovanni riconosce, perché lui non è peccatore. Ma lui solidarizza con i
peccatori, perché il mistero dell’amore di Dio per i suoi figli appaia in tutto
il suo splendore. Più tardi sarà accusato di stare con i peccatori, di
frequentarli, di essere un mangione e un beone, ma così viene svelata la giustizia di Dio, che è amore per
noi.
Il
particolare poi dei cieli che si aprono assume un significato molto denso.
Marco, nel suo vangelo, usa lo stesso verbo ‘squarciare’ per indicare i cieli
aperti al battesimo e il velo del tempio che si lacera dopo la crocifissione di
Gesù. Il battesimo mostra anticipatamente quello che si compie alla Pasqua. Il
velo del tempio (per l’esattezza, del Santo dei santi) che si squarcia,
significa, tra l’altro, che ciò che è riposto nel seno del Padre, il suo Verbo,
germoglia dall’interno della terra ove è stato riposto con la
morte-risurrezione, aprendo, per l’umanità intera, l’accesso al Santo dei
santi: la vita intima del Padre. Quando Gesù dirà che lui è la porta vuole riferirsi a questa medesima
realtà: in Gesù l’umanità entra nel cielo e il cielo si apre sull’umanità.
L’immagine della colomba sembra riferirsi alla stessa realtà, almeno secondo
certe interpretazioni patristiche: lo Spirito annuncia al mondo la misericordia
di Dio, che in Gesù risplende piena e assoluta.
Nella
visione che Gesù ha dopo il suo battesimo si può ravvisare l’autocoscienza
della sua intimità con il Padre e della sua realtà messianica con l’allusione a
quella nuova creazione di cui le Scritture sono la promessa. Come all’inizio
della creazione lo Spirito di Dio
aleggiava sulle acque, così ora la discesa sopra di lui dello Spirito,
nella sua umanità, prefigura la nuova creazione. Non si tratta tanto di vedere
una colomba che discende quanto di vedere il planare dello Spirito come una
colomba, al modo di una colomba. Alla sua visione segue la voce, che conferma
per tutti quello che Gesù ha visto, nel senso di invitare tutti a seguire quel
Figlio nella rivelazione dell’amore del Padre per gli uomini. Con la voce del
Padre sono compiute tutte le Scritture perché la frase è costruita con i testi
di Gn 22,2, Is 42 e Sal 2,7, rispettivamente presi dalla Torah, dai Profeti e
dai Salmi e, nello stesso tempo, le Scritture sono confermate per noi che
possiamo fare esperienza della giustizia
di Dio che è amore per noi.
La voce del
Padre è quella di cui Gesù dirà: “Io sono
nel Padre e il Padre è in me” (Gv 14,10); “Io dico quello che ho visto presso il
Padre” (Gv 8,38); “Io invece lo conosco” (Gv 8,55); “Faccio quello che il Padre mi ha comandato”
(Gv 14,31). Amato
non dice soltanto tutta l'intimità goduta tra il Padre e il Figlio, ma illustra
anche lo sconfinato amore per l'umanità
che i due condividono. Amato o unico o preferito fa pensare ad Abramo, pronto ad immolare il figlio Isacco
(Gen 22,2); rimanda al figlio della parabola dei
vignaioli omicidi (Mc 12,6); ha attinenza con “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16), ha attinenza al mistero dell'amore del Padre per
l'umanità di cui il Figlio è il rivelatore, lui che è il Volto visibile del suo
splendore. È l’amato perché il Suo
Amore di Padre in lui è perfetto nel senso che in lui si compie perfettamente
il Suo volere di benevolenza per l'umanità e lui non ha altro volere che quello
di compierlo perfettamente: “Mio cibo è
fare la volontà del Padre” (Gv 4,34). È amato perché non solo il Suo Amore si
volge verso di lui , in lui si posa, ma anche si riposa, sta soddisfatto, ne
ottiene la risposta più piena.
Il risvolto
tutto speciale del mistero allude però a qualcos’altro. Lo sguardo di
predilezione del Padre sul Figlio non concerne più oramai solo la persona del
Verbo, ma il Verbo nella sua umanità, il Capo con le sue membra. La lettura del
profeta Isaia riguarda proprio l’identificazione di Gesù come il servo,
l’identificazione del Messia nella sua natura di servo. Non dimentichiamo che
questo brano di Isaia ricorre nella liturgia del lunedì della settimana santa,
a sottolineare la dimensione pasquale di quell’identificazione. In quella
natura di servo siamo noi, nella
nostra umanità, ad essere considerati. Non dobbiamo perciò pensare che lo
sguardo di compiacimento del Padre attenda a posarsi su di noi allorquando
saremo capaci di seguire Cristo in una vita santa; è esattamente il contrario.
Potremo impegnarci in una vita santa solo se sentiremo sulla nostra umanità
peccatrice, ferita e piena di paure, questo sguardo di compiacimento perché Dio
ama per primo, perché a Lui apparteniamo, perché siamo la sua stessa carne. Ed
è proprio perché la nostra fede squarcia l’orizzonte per introdurci in questa
visione che possiamo pregare, come citavo all'inizio: " ... trasformaci
nel Cristo tuo Figlio, che ha congiunto per sempre a sé la nostra
umanità".
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Is 42, 1-4. 6-7
Dal libro del profeta Isaia
Così dice il
Signore:
«Ecco il mio
servo che io sostengo,
il mio
eletto di cui mi compiaccio.
Ho posto il
mio spirito su di lui;
egli porterà
il diritto alle nazioni.
Non griderà
né alzerà il tono,
non farà
udire in piazza la sua voce,
non spezzerà
una canna incrinata,
non spegnerà
uno stoppino dalla fiamma smorta;
proclamerà
il diritto con verità.
Non verrà
meno e non si abbatterà,
finché non
avrà stabilito il diritto sulla terra,
e le isole
attendono il suo insegnamento.
Io, il
Signore, ti ho chiamato per la giustizia
e ti ho
preso per mano;
ti ho
formato e ti ho stabilito
come
alleanza del popolo
e luce delle
nazioni,
perché tu
apra gli occhi ai ciechi
e faccia
uscire dal carcere i prigionieri,
dalla
reclusione coloro che abitano nelle tenebre».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 28
Il Signore benedirà il suo popolo
con la pace.
Date al
Signore, figli di Dio,
date al
Signore gloria e potenza.
Date al
Signore la gloria del suo nome,
prostratevi
al Signore nel suo atrio santo.
La voce del
Signore è sopra le acque,
il Signore
sulle grandi acque.
La voce del
Signore è forza,
la voce del
Signore è potenza.
Tuona il Dio
della gloria,
nel suo
tempio tutti dicono: «Gloria!».
Il Signore è
seduto sull’oceano del cielo,
il Signore
siede re per sempre.
Seconda Lettura At 10, 34-38
Dagli Atti degli Apostoli
In quei
giorni, Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio
non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a
qualunque nazione appartenga.
Questa è la
Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di
Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti.
Voi sapete
ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il
battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e
potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e
risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era
con lui».
Vangelo Mt 3,
13-17
Dal vangelo secondo Matteo
In quel
tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare
da lui.
Giovanni
però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere
battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per
ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena
battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli
vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed
ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho
posto il mio compiacimento».