Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Tempo
di Natale
II Domenica
(5 gennaio
2014)
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Sir
24,1-4.8-12; Sal
147; Ef
1,3-6.15-18; Gv
1,1-18
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Se è vero,
come dice il ritornello del salmo responsoriale, che “il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi”,
allora l’augurio più bello e convincente, dal punto di vista della fede, non
può essere che quello di Paolo agli Efesini: “[...] il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi
dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di
lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi
comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude
la sua eredità fra i santi”. Conoscenza, qui, allude all’esperienza degli
apostoli che, davanti al mistero del Figlio di Dio incarnato con il quale hanno
vissuto, che l’hanno sentito parlare, che l’hanno visto all’opera, dal quale
sono rimasti sconvolti e affascinati, dicono: “e noi vedemmo la sua gloria” (Gv 1,14).
Da dentro quell’esperienza, la percezione del mistero dell’amore di Dio per gli
uomini, della benevolenza di Dio che tocca le radici dei cuori con il dono di
quel Figlio, dato per noi, diventa chiara: la benedizione ormai non si
allontanerà più dall’umanità.
Se vogliamo
indagare la ragione profonda di quella percezione, non possiamo che
riconoscerla espressa nell’affermazione: “Dio
nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre,
lui lo ha rivelato” (Gv 1,18). Qui risiede tutta
la fierezza e l’umiltà del cristiano di fronte ai suoi fratelli, in cammino e alla
ricerca della stessa verità. Se tutto il creato rimanda al Cristo Signore, a
maggior ragione l’uomo, fatto ad immagine di Lui, che è l’Immagine, lo
splendore del Volto stesso di Dio. Ma se questo è vero, allora tutti i nostri
pensieri rimandano a lui, tutte le nostre aspirazioni, tutti i nostri desideri,
tutti i nostri ideali. Secondo i nostri Padri, la preghiera non è che il luogo
di riconoscimento del Cristo come fondamento dei nostri pensieri. Tutta la
bontà, tutte le virtù che possiamo ottenere non sono che partecipazione ai suoi
sentimenti, alla sua vita, che è vita stessa di Dio.
Nelle sue
poesie sul mistero del Natale s. Efrem canta: “Maria
è il giardino sul quale discese dal Padre la pioggia della benedizione; di
quella effusione lei asperse il volto di Adamo”. Facendo parlare la stessa
Madre di Dio, vede nel riferimento a Cristo lo scopo supremo della vita, capace
di una visione nuova, trasformante: “Se una madre ha un bambino, questo diventa
fratello del mio diletto. Se ha una figlia o una congiunta, questa diventa la
sposa del mio Signore. Colui che ha un servo, gli conceda la libertà, affinché
venga per servire il suo Signore. [...] A causa tua una serva diventa libera.
Se una ti ama, c’è nel suo seno una invisibile liberazione”.
Se prima
della creazione del mondo, l’uomo è stato pensato da Dio in funzione della
capacità di portare la bellezza del Figlio di Dio, allora come non vedere
nell’esperienza della conoscenza di quel Figlio, ormai diventato Figlio
dell’uomo, l’esito supremo della vita, il compimento di ogni desiderio di
verità e bellezza? É in ragione di questa possibilità che l’annuncio evangelico
si rivolge a tutti, a tutte le genti, a tutto l’uomo. Il Padre ci ha donato il
suo Figlio ed il Figlio, per mezzo dello Spirito Santo, ci fa dono del potere
di diventare figli a nostra volta: “A
quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli
che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da
volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”. Il dono è aperto a tutti,
perché non si nasce cristiani, ma lo si diventa. È il superamento più radicale
di ogni distinzione fra gli uomini basata su etnia, nazione, cultura, ecc.
Ricevere il potere di diventare figli di Dio significa partecipare alla vita
stessa del Figlio di Dio; significa rivestirsi dei suoi sentimenti, nei quali
fondare le radici di un’umanità nuova, trasfigurata, che non si presenta più
temibile in nulla per nessuno.
La letizia
del Natale rimanda a tale ‘possibilità’, a tale ‘potere’ e qui si radica la
speranza per il mondo: la gloria di Dio può ancora risplendere in mezzo a noi,
la vita nel mondo può ancora tornare amabile, nonostante i drammi e le
tragedie, le violenze e gli egoismi. Siamo sicuri – anche questo è un
corollario della nostra fede nel Signore Gesù – che sempre ci sarà qualcuno
che, discepolo del Signore, farà risplendere l’umanità in questo mondo. E
sempre ci sarà qualcuno che, affascinato da quello splendore, riconoscerà il
Signore e tornerà a far desiderare la conoscenza di lui, come si augura
l’apostolo. È l’augurio che possiamo scambiarci tutti.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Sir
24, 1-4. 8-12, neo-vulg. 24,1-4.12-16
Dal libro dei Siracide
La sapienza
fa il proprio elogio,
in Dio trova
il proprio vanto,
in mezzo al
suo popolo proclama la sua gloria.
Nell'assemblea
dell'Altissimo apre la bocca,
dinanzi alle
sue schiere proclama la sua gloria,
in mezzo al
suo popolo viene esaltata,
nella santa
assemblea viene ammirata,
nella
moltitudine degli eletti trova la sua lode
e tra i
benedetti è benedetta, mentre dice:
«Allora il
creatore dell'universo mi diede un ordine,
colui che mi
ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse:
"Fissa
la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele,
affonda le
tue radici tra i miei eletti" .
Prima dei
secoli, fin dal principio,
egli mi ha
creato, per tutta l'eternità non verrò meno.
Nella tenda
santa davanti a lui ho officiato
e così mi
sono stabilita in Sion.
Nella città
che egli ama mi ha fatto abitare
e in
Gerusalemme è il mio potere.
Ho posto le
radici in mezzo a un popolo glorioso,
nella
porzione del Signore è la mia eredità,
nell'assemblea
dei santi ho preso dimora».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 147
Il Verbo si è fatto carne e ha posto
la sua dimora in mezzo a noi.
Celebra il
Signore, Gerusalemme,
loda il tuo
Dio, Sion,
perché ha
rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a
te ha benedetto i tuoi figli.
Egli mette
pace nei tuoi confini
e ti sazia
con fiore di frumento.
Manda sulla
terra il suo messaggio:
la sua
parola corre veloce.
Annuncia a
Giacobbe la sua parola,
i suoi
decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha
fatto con nessun'altra nazione,
non ha fatto
conoscere loro i suoi giudizi.
Seconda Lettura
Ef 1, 3-6. 15-18
Dalla lettera di san Paolo apostolo
agli Efesini
Benedetto
Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni
benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della
creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo
il disegno d'amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
Perciò
anch'io [Paolo], avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e
dell'amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per voi
ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù
Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione
per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per
farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria
racchiude la sua eredità fra i santi.
Vangelo Gv 1,1-18
Dal vangelo secondo Giovanni
[ In
principio era il Verbo,
e il Verbo
era presso Dio
e il Verbo
era Dio.
Egli era, in
principio, presso Dio:
tutto è
stato fatto per mezzo di lui
e senza di
lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era
la vita
e la vita
era la luce degli uomini;
la luce
splende nelle tenebre
e le tenebre
non l'hanno vinta. ]
Venne un
uomo mandato da Dio:
il suo nome
era Giovanni.
Egli venne
come testimone
per dare
testimonianza alla luce,
perché tutti
credessero per mezzo di lui.
Non era lui
la luce,
ma doveva
dare testimonianza alla luce.
[ Veniva nel
mondo la luce vera,
quella che
illumina ogni uomo.
Era nel
mondo
e il mondo è
stato fatto per mezzo di lui;
eppure il
mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i
suoi,
e i suoi non
lo hanno accolto.
A quanti
però lo hanno accolto
ha dato
potere di diventare figli di Dio:
a quelli che
credono nel suo nome,
i quali, non
da sangue
né da volere
di carne
né da volere
di uomo,
ma da Dio
sono stati generati.
E il Verbo
si fece carne
e venne ad
abitare in mezzo a noi;
e noi
abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come
del Figlio unigenito che viene dal Padre,
pieno di
grazia e di verità. ]
Giovanni gli
dà testimonianza e proclama:
«Era di lui
che io dissi:
Colui che
viene dopo di me
è avanti a
me,
perché era
prima di me».
Dalla sua
pienezza
noi tutti
abbiamo ricevuto:
grazia su
grazia.
Perché la
Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e
la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno
lo ha mai visto:
il Figlio
unigenito, che è Dio
ed è nel
seno del Padre,
è lui che lo
ha rivelato.