Quinto ciclo
Anno liturgico A (2013-2014)
Solennità e feste
Tutti i Santi
(1 novembre 2014)
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Ap 7,2-4.9-14; Sal
23; 1 Gv
3,1-3; Mt 5,1-12a
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Oggi la chiesa mostra al mondo la
sua visione: è l’Agnello, immolato fin dalla fondazione del mondo (Ap 13,8), ad attirare gli sguardi degli uomini che possono
contemplare la santità di Dio, che è splendore di amore immolato. Il mondo è
uscito dall’amore di Dio, di esso è intessuto e percorso, di esso parla, ma
quanta tenebra ce ne impediva la visione! Ora tutto è nella luce, tutto splende
in verità.
La domanda di fondo che possiamo
farci è la seguente: ci sentiamo toccati dalla promessa di felicità di Gesù ai
suoi discepoli: “Beati i poveri … Beati i
misericordiosi …. Beati i puri di cuore…”? Ci sentiamo destinatari in
verità di questa solenne promessa di Gesù? Come cantiamo nel salmo
responsoriale, ci possiamo riconoscere nella generazione che cerca il volto del
Signore? Sarebbe come domandarci se l’invito alla santità ci riguarda ancora.
Vorrebbe dire che ancora crediamo possibile il compimento dei desideri che
portiamo in cuore.
La visione celeste dell’Apocalisse
presenta la moltitudine dei salvati come in due quadri distinti, che però si
fondono insieme. Prima compaiono i segnati con il sigillo del Dio vivente, i
144.000 (il quadrato di 12 – numero delle tribù di Israele -, moltiplicato per
1000 – numero dell’universalità), gruppo che designa i martiri, coloro che
hanno pagato il prezzo della fedeltà al Signore Gesù con la vita. Poi si
presenta la moltitudine immensa, proveniente da ogni popolo e nazione, così
definita: “ … quelli che vengono dalla
grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel
sangue dell’Agnello”. Sono coloro che hanno cercato di vivere la loro vita,
nella precarietà degli sforzi e dei risultati, nella prospettiva del vangelo
con il loro quotidiano martirio che la coerenza della vita spesso esige. Anche
questi hanno riconosciuto il fascino del loro Signore crocifisso e risorto. Nel
suo amore salvatore hanno confidato nonostante i tradimenti e gli
affievolimenti della fede in lui. Ma tutti e due i gruppi si fondono
all’unisono nella comune proclamazione: ora sappiamo che il nostro Dio è pieno
di amore per noi. Perché questo significa l’acclamazione: “La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono e all’Agnello”.
L’antifona di ingresso e la
preghiera dopo la comunione fanno come da cornice alla visione aperta dalle
letture della festa di oggi. “Rallegriamoci tutti nel Signore in questa
solennità di tutti i santi: con noi gioiscono gli angeli e lodano il Figlio di
Dio”. È motivo di gioia la santità perché non può esserci gioia se non a partire
da un amore accolto e condiviso. E la santità, come proclamano i beati davanti
al trono dell’Agnello, è questo amore accolto e condiviso. Perché anche gli
angeli sono implicati nella stessa gioia? E perché tutto si risolve nella lode
del Figlio di Dio? La gioia degli angeli esprime il mistero del loro essere in
adorazione: adorano un Dio che è pieno di amore per gli uomini, non per loro.
L’amore di Dio per gli uomini l’ha indotto a farsi uomo come loro, di modo che
l’uomo potesse, nella sua umanità, essere come il Figlio di Dio. Ne scaturisce
una conseguenza: se l’amore che gli uomini si portano non parla di questo amore
di Dio lodato dagli angeli, allora vuol dire che non si è più capaci di
adorazione, cioè della gioia di vedere splendere l’amore di Dio per tutti gli
uomini, non si è più figli di Dio. Un amore che non allude all’adorazione di
Dio diventa tiranno.
Nella preghiera dopo la comunione
diciamo: “... fa’ che raggiungiamo anche noi la pienezza del tuo amore”. Non
preghiamo semplicemente per arrivare anche noi in paradiso, ma preghiamo perché
quell’amore costituisca l’orizzonte della nostra vita. La proclamazione dei
santi, come viene descritta nel brano dell’Apocalisse, non si riferisce ad un
futuro dopo la storia, ma esprime la verità della nostra storia, verità che non
passerà e riempirà tutto del suo splendore. Ma quello splendore costituisce già
il senso della nostra storia, anche se spesso i nostri occhi sono così velati
da non accorgersene più. Sarebbe il senso della preghiera: renderci accorti di
quella verità.
La lettura della prima lettera di
Giovanni parla di noi come dei ‘figli di Dio’, di cui il brano di vangelo, con
le beatitudini, mostra la dinamica profonda di vita. Dice Paolo in Rm 8,14: “tutti
quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio”. Se
ci chiediamo verso dove ci guida lo Spirito di Dio, non possiamo che
rispondere: al Figlio di Dio, il quale ci ha riconciliato con Dio (cf. 2Cor 5,18; Ef 4,32). La
santità parla di quel mistero di riconciliazione in atto nella storia, nella
carne della propria vita, perché risplenda per tutti la possibilità della
visione dell’amore di Dio per l’uomo.
È caratteristico che l’antifona alla
comunione, riprendendo la serie delle otto beatitudini proclamate nel
vangelo, le riduca a tre: puri di cuore,
operatori di pace, perseguitati a causa della giustizia. La purità di cuore
capace di vedere Dio è quella che scaturisce dall’esperienza della compassione,
della misericordia, così tipica della santità di un cuore che consola e
conforta, che accoglie in benevolenza e solidarietà, che rimanda a tutti quello
che lui stesso riceve, cioè il perdono rigenerante del suo Signore, che viene
così conosciuto come il Salvatore, come l’Amore che ti sottrae all’abisso. La
purità però, intrisa di gioia, è solo quella che si traduce in un agire che
porta pace a tutti, che rende capaci i cuori di pace, che si fa dono di pace,
capace di far grazia di sé come il Figlio di Dio che fa dono di sé perché
l’amore di Dio risplenda. E la pace donata è a prova di persecuzione, perché
niente è più caro al cuore di colui che gli ha restituito la dignità di uomo e
di figlio di Dio. L’amore a prova di persecuzione procede dal fatto di sentire
la mia dignità sullo stesso piano della dignità di tutti. Dire che di questi è
il regno di Dio significa proclamare che il cuore dell’uomo non può saziarsi
che della verità di quell’amore che giunge sanante e potente, sebbene ora si
sia sempre nell’occasione di perderlo di vista, di impedirci di goderlo, di
impedire agli altri di farne esperienza. Eppure, così proclama tutta la
liturgia di oggi, quella verità è la verità del mondo come dei cuori. È la
verità di felicità per il cuore dell’uomo, che intravede nelle beatitudini
evangeliche le coordinate precise per non fallirla.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
Prima Lettura Ap 7,2-4.9-14
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo
Io,
Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio
vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di
devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante,
finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».
E udii il
numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila
segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.
Dopo queste
cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni
nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti
all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro
mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto
sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli
angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e
si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo:
«Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al
nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno degli
anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco,
chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui:
«Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro
vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 23
Ecco la generazione che cerca il tuo
volto, Signore.
Del Signore
è la terra e quanto contiene:
il mondo,
con i suoi abitanti.
È lui che
l’ha fondato sui mari
e sui fiumi
l’ha stabilito.
Chi potrà
salire il monte del Signore?
Chi potrà
stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani
innocenti e cuore puro,
chi non si
rivolge agli idoli.
Egli otterrà
benedizione dal Signore,
giustizia da
Dio sua salvezza.
Ecco la
generazione che lo cerca,
che cerca il
tuo volto, Dio di Giacobbe.
Seconda Lettura
1 Gv 3,1-3
Dalla lettera prima lettera di san
Giovanni apostolo
Carissimi,
vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio,
e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha
conosciuto lui.
Carissimi,
noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora
rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili
a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Chiunque ha
questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.
Vangelo Mt
5,1-12a
Dal vangelo secondo Matteo
In quel
tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si
avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro
dicendo:
«Beati i
poveri in spirito,
perché di
essi è il regno dei cieli.
Beati quelli
che sono nel pianto,
perché
saranno consolati.
Beati i
miti,
perché
avranno in eredità la terra.
Beati quelli
che hanno fame e sete della giustizia,
perché
saranno saziati.
Beati i
misericordiosi,
perché troveranno
misericordia.
Beati i puri
di cuore,
perché
vedranno Dio.
Beati gli
operatori di pace,
perché
saranno chiamati figli di Dio.
Beati i
perseguitati per la giustizia,
perché di
essi è il regno dei cieli.
Beati voi
quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di
male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la
vostra ricompensa nei cieli».