Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Solennità
e feste
Ss. Cuore di Gesù
(27 giugno
2014)
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Dt
7, 6-11; Sal
102; 1 Gv
4,7-16; Mt 11,25-30
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Molti testi
della liturgia di oggi possono illustrare emblematicamente l’immagine del cuore
di Gesù, spalancato sul mondo, che la ferita del colpo di lancia del soldato al
calvario lascia intravedere. “Di
generazione in generazione durano i pensieri del suo cuore” (Sal 32,11) canta l’antifona di ingresso. I nostri pensieri
sono mutevoli, i nostri progetti pure, ancor più i nostri desideri. Ma
sperimentare che quelli del Signore sussistono per sempre, sono sempre i
medesimi, significa cogliere e accogliere il segreto di amore che regge il
mondo. Il fatto stesso che tale segreto possa essere svelato in tutto il suo
splendore solo nel momento più drammatico della vita di Gesù la dice lunga sul
fatto che quell’amore non sia scontato coglierlo e viverlo, per quanto
desiderabile.
L’affermazione
del Deuteronomio: “Il Signore si è legato
a voi … perché vi ama” resta il fondamento dell’esperienza dei credenti. E
quando il salmo 102, v. 8, proclama: “Misericordioso
e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore” non fa che
sottolineare la verità di quell’affermazione, colta nel dramma del peccato
dell’uomo che non allontana Dio dall’uomo. L’espressione fa parte della
rivelazione del Nome di Dio a Mosè sul Sinai dopo il peccato del vitello d’oro,
quando l’angoscia del possibile rifiuto di Dio tormentava i cuori (cfr. Es 32-34).
Proprio come
dice s. Paolo: "Egli che non ha
risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà
forse ogni cosa insieme a lui?" (Rm 8,32).
Il nostro guaio è che restiamo così insensibili alle vicende di quel 'Figlio
dato per noi', così poco toccati nell'intimo dalla testimonianza della sua vita
per noi da vivere la nostra vita più nella lamentela che nel rendimento di
grazie, più nell'affanno che nella consolazione, più nel tormento e nel
disprezzo che nella pace.
Gesù nel
vangelo di Matteo proclama: "Tutto è
stato dato a me dal Padre mio ...". Vale a dire: tutta la verità a cui
anela il cuore dell'uomo, tutto il bene di cui è capace il cuore dell'uomo,
tutto il contenuto dei pensieri e dei desideri dell'uomo, tutta la gloria che
un uomo può portare, tutti gli aneliti del cuore degli uomini nella loro
immensità e profondità, tutto trova in lui il compimento, ha in lui il suo
sigillo. Per questo, continua: "Venite
a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro".
Quello che cercate, quello che, non trovandolo, vi procura oppressione, quello
per cui vanamente vi affaticate, tutto potrete avere in me! La parola di Gesù è
una parola di vita non solo nel senso che procura la vita a chi l'accoglie, ma
anche che rivela come sussiste la vita, come si esprime la vita, come la vita
si regge e si sviluppa. È il principio della fede come radice di umanità,
umanità piena. Ed è per questo che ancora aggiunge: "Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e
umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è
dolce e il mio carico leggero". La struttura della sua umanità è
commisurata alla nostra e ci raggiunge là dove più misterioso è il segreto
delle sue origini: siamo nel mondo, ma non del mondo.
Due
particolari sono da rilevare nel passo evangelico: la beatitudine dei piccoli e
l’invito a imparare. Per amare è necessario farsi piccoli: l’amore è
rivelazione, non conquista. Vediamo l’amore di Dio in Gesù perché lui si è
fatto ‘piccolo’, così piccolo da dimenticare totalmente la sua gloria e poter
far arrivare agli uomini l’amore di Dio. Ora, la sua piccolezza ha a che fare
con la situazione degli uomini, incapaci di vedere Dio perché non più capaci di
amare (“Chi non ama non ha conosciuto Dio”),
non più aperti alla rivelazione dell’amore (potrebbe essere spiegata così la
situazione di peccato in cui versano gli uomini che tanto li inasprisce).
Quando gli uomini si accorgono, guardando Gesù morire sulla croce, dell’amore
di Dio per loro e chiedono perdono (chiedono cioè di uscire dal peccato che
corrode la loro umanità), con ciò non vogliono semplicemente mettersi a posto,
ma vogliono tornare a godere dell’amore di Dio, in umiltà. Più l’umiltà sarà
sincera e profonda, più faranno esperienza della tenerezza di quell’amore e più
saranno disposti a condividerlo con tutti.
E se Gesù
invita: “Imparate da me”, che cosa
dobbiamo imparare? Nel fatto di ‘imparare’ va letta la sfumatura di significato
di ‘essere attratti’, come si può arguire dal discorso di Gesù alla folla dei
giudei riportato in Gv 6,45 (“Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me”).
Imparare e essere attratti comportano lo stesso movimento, alludono alla
condivisione di una intimità di vita e di sentire che diventa potenza di
azione. Imparare da Gesù significa perciò essere attratti a lui, per vivere
della sua stessa vita. Significa imparare da lui a conoscere Dio e imparare
ancora da lui a conoscere noi stessi, la nostra umanità. Se rispetto al male
che devasta la nostra umanità noi ci giustifichiamo con l’attrattiva e la
propensione che ci agita subendo la tristezza del diavolo, rispetto al bene noi
ci muoviamo secondo la forza di una nostalgia che ci abita, nostalgia che
l’umanità del Signore ci accende.
La
proclamazione del salmista: “Benedici il
Signore anima mia …” (Sal 102) risuona in tutta
la sua potenza sulle nostre labbra appena ci apriamo al mistero del cuore di
Gesù, lui che è mite e umile di cuore. Avremo modo di comprendere meno
confusamente come le due definizioni di Dio dell’apostolo Giovanni (“Dio è
amore”, 1Gv 4,8.16; “Dio è luce”, 1Gv 1,5) siano un tutt’uno. La luce allude
alla santità di Dio nel suo splendore di amore per l’uomo, come l’amore è la
dimensione della santità di Dio che accomuna a sé l’uomo. Il cuore di Gesù
mostra sia l’amore di Dio che la sua santità. Non siamo attratti allo stesso
titolo dall’amore e dalla santità e forse per questo l’amore, che è così desiderabile,
ci riesce così irraggiungibile. Eppure, il cuore di Gesù è lì a ricordarci il
contrario: possiamo entrare anche noi nella santità dell’amore di Dio e avere
la vita.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Dt 7, 6-11
Dal libro del Deuteronòmio
Mosè parlò
al popolo dicendo:
«Tu sei un
popolo consacrato al Signore, tuo Dio: il Signore, tuo Dio, ti ha scelto per
essere il suo popolo particolare fra tutti i popoli che sono sulla terra.
Il Signore
si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli
altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i popoli –, ma perché il
Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri
padri: il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi
dalla condizione servile, dalla mano del faraone, re d’Egitto.
Riconosci
dunque il Signore, tuo Dio: egli è Dio, il Dio fedele, che mantiene l’alleanza
e la bontà per mille generazioni, con coloro che lo amano e osservano i suoi
comandamenti; ma ripaga direttamente coloro che lo odiano, facendoli perire;
non concede una dilazione a chi lo odia, ma lo ripaga direttamente.
Osserverai,
dunque, mettendoli in pratica, i comandi, le leggi e le norme che oggi ti
prescrivo».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 102
L’amore del Signore è per sempre.
Benedici il
Signore, anima mia,
quanto è in
me benedica il suo santo nome.
Benedici il
Signore, anima mia,
non
dimenticare tutti i suoi benefici.
Egli perdona
tutte le tue colpe,
guarisce
tutte le tue infermità,
salva dalla
fossa la tua vita,
ti circonda di
bontà e misericordia.
Il Signore
compie cose giuste,
difende i
diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto
conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere
ai figli d’Israele.
Misericordioso
e pietoso è il Signore,
lento
all’ira e grande nell’amore.
Non ci
tratta secondo i nostri peccati
e non ci
ripaga secondo le nostre colpe.
Seconda Lettura
1 Gv 4, 7-16
Dalla prima lettera di san Giovanni
apostolo
Carissimi,
amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato
generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è
amore.
In questo si
è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio
unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo
sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha
mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Carissimi,
se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno
mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore
di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli
in noi: egli ci ha donato il suo Spirito.
E noi stessi
abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come
salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane
in lui ed egli in Dio. E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in
noi.
Dio è amore;
chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.
Vangelo Mt 11,
25-30
Dal vangelo secondo Matteo
In quel
tempo Gesù disse:
«Ti rendo
lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose
ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così
hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio;
nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il
Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me,
voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio
giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e
troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio
peso leggero».