Quinto
ciclo
Anno
liturgico A (2013-2014)
Solennità
e feste
Ss. Pietro e Paolo apostoli
(29 giugno
2014)
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At
12,1-11; Sal
33; 2 Tm
4,6-8.17-18; Mt 16,13-19
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Se
consideriamo le letture della celebrazione vigiliare
e del giorno della festa, ciò che risalta è la confessione da parte dei due
apostoli della fedeltà e della potenza di Dio nel mantenere fede alle sue
promesse, senza nascondere nello stesso tempo i limiti della loro umanità. Sia
Pietro che Paolo sono ricordati nella loro storia personale, fatta di tensioni,
di problemi, di peccati, di rinnegamenti, ma contemporaneamente di fedeltà, di
lealtà, di amore al loro Signore tanto da ricevere il dono di poter dare la
vita per Lui. E non solo a titolo personale, ma a titolo ecclesiale, come a
dire: quel dono della vita da parte loro non suggerisce prima di tutto la loro
generosità, ma la fedeltà di Dio al suo piano di salvezza che ha conquistato i
loro cuori a tal punto da farne il fondamento di ogni altra simile esperienza.
La chiesa è fondata sugli apostoli, su Pietro e su Paolo, nel senso che la loro
confessione del Signore costituisce il paradigma di ogni altra confessione del
Signore nella chiesa. E proprio dal fatto che la loro confessione del Signore
ingloba anche tutta la loro storia personale, peccati compresi, deriva la
consolazione di una fede che sa di dipendere dalla potenza di Dio, capace di
conquistare e trasfigurare i cuori e l'umanità intera.
A cosa
guardi la chiesa, nella celebrazione degli apostoli Pietro e Paolo, lo rivela
la preghiera dopo la comunione: “Concedi, Signore, ai membri della tua Chiesa,
che hai nutriti alla mensa eucaristica, di perseverare nella frazione del pane
e nella dottrina degli Apostoli, per formare nel vincolo della tua carità un
cuor solo e un’anima sola”. La preghiera riecheggia la descrizione di At 2,42:
“Erano perseveranti nell'insegnamento
degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere”.
Come a dire: l’esperienza di Gesù si fonda sulla testimonianza degli apostoli,
che ci danno la verità del Cristo, come parola e come Corpo, perché possiamo
formare un cuor solo e un’anima sola nella potenza del suo Spirito,
riconciliati con Dio e con il prossimo.
L’aspetto
singolare della loro testimonianza è dato dal fatto che soltanto tramite loro
siamo garantiti nell’accesso alla rivelazione di Dio, in Gesù. Il brano
evangelico della confessione di Pietro a Cesarea lo conferma: “Disse loro: "Ma voi, chi dite che io
sia?". Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio
vivente". E Gesù gli disse: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma
il Padre mio che è nei cieli”. La confessione della verità del Signore Gesù
comporta la partecipazione alla rivelazione di Dio. Quando ci si appressa al
mistero della persona di Gesù si comincia a godere di un dinamismo di
rivelazione che proviene da Dio e che ci precede. Non si tratta in effetti di
cogliere una verità su Gesù, ma di percepire che Dio ci si fa incontro nella
sua accondiscendenza di amore per noi. Accondiscendenza, che ci riguarda a
doppio titolo: implica il movimento che viene direttamente da Dio nel suo amore
anche per me e il movimento che viene dai suoi servi che già hanno goduto di
quell’amore e di cui si fanno garanti per me. Ambedue gli aspetti sono
essenziali per il nostro cuore, perché questa è la provvidenza di Dio per gli
uomini.
La ragione
profonda di questo doppio dinamismo è svelata da Gesù quando prorompe in un
inno di lode al Padre dopo che gli apostoli, inviati in missione
evangelizzatrice, tornano a lui: “In quel
tempo Gesù disse: Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché
hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.
Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza” (Mt 11,25-26).
‘Così hai deciso nella tua benevolenza’: l’espressione non si riferisce
semplicemente al fatto che Dio ha voluto così, ma al fatto che in quel volere
di Dio sta tutta l’accondiscendenza di amore per l’uomo. Il compiacimento del
Padre sta tutto sul Figlio, come viene rivelato al Giordano e al Tabor e noi siamo chiamati – è il valore della confessione
di Pietro! – ad accogliere il Figlio per godere di quella stessa compiacenza,
fonte per noi di bene e di santità.
Pietro
confessa in tutta sincerità la verità di Gesù, ma non è ancora consapevole di
ciò che quella verità comporta. Basta leggere il seguito del brano e il resto
del racconto evangelico per sincerarsene. Eppure, Gesù proprio sulla verità
confessata da Pietro (il nome Pietro, traduzione greca del nome aramaico Kepha, roccia, non era usato come nome proprio di persona
nell’ambiente di allora) edifica la sua chiesa. Il che significa che quella
verità non sarà mai più ritoccata; risuonerà eterna e salvatrice a dispetto di
ogni prova. Tuttavia – possiamo domandarci - la confessione di Pietro, pur
veritiera, a quale profondità di risonanza si situa nel suo cuore? Se
rileggiamo la sua confessione dopo il brano evangelico della messa vigiliare, Gv 21,15-19, possiamo
comprendere più da vicino l’arco di sviluppo della fede di Pietro. Quando Gesù
gli domanda per tre volte: ‘Simone di Giovanni, mi vuoi bene?’, Pietro sa bene
che non ha mai rinunciato al suo Gesù, ma sa altrettanto bene che l’aver saputo
la verità su Gesù non gli ha impedito il tradimento. Ha dovuto rendersi conto
direttamente di quanto l’uomo possa misconoscere il dono e le vie di Dio,
sebbene non sia mai venuto meno al fascino di Gesù che l’ha segnato
nell’intimo. “Signore, tu conosci tutto;
tu sai che ti voglio bene”: il suo amore non è più proclamato, è solo
sussurrato; non si fonda più sul suo slancio, ma sulla confidenza nella
compiacenza di Gesù che lo vuole suo intimo e testimone; ha ormai accettato che
le vie di Dio sono diverse da quelle degli uomini. È pronto ormai, come gli
profetizza Gesù, a vivere la verità del suo Maestro dovunque la testimonianza
del suo amore lo porterà. In quel momento, la sua antica confessione: “Tu sei il
Cristo, il Figlio del Dio vivente” acquista tutta un’altra risonanza. E anche
la rivelazione di Dio per lui acquista tutta un’altra densità e potenza. In
quella confessione, scavata nella sua densità e potenza, noi tutti siamo
fondati.
È
caratteristico che la liturgia accomuni a Pietro Paolo nella sua testimonianza
di apostolo che ha combattuto la buona battaglia, che ha terminato la corsa
conservando la fede: la verità confessata di Gesù, acquisita per rivelazione,
ha impegnato tutta la sua vita perché risplendesse al di sopra di tutto l’amore
del Signore che conquista tutti. La corona che si aspetta è quella che
definisce con l’attesa della manifestazione del Signore: “Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice
giusto, mi consegnerà in quel giorno, non solo a me, ma anche a tutti coloro
che hanno atteso con amore la sua manifestazione”. Manifestazione, che
costituisce la tensione del cuore nell’adesione al Signore Gesù che condivide
con i suoi fedeli i suoi segreti, fonte di dignità per il mondo intero.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura At
12,1-11
Dagli Atti degli Apostoli
In quel
tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa. Fece
uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che ciò era gradito ai
Giudei, fece arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Àzzimi. Lo fece catturare e lo gettò in carcere,
consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col
proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua.
Mentre
Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio
una preghiera per lui. In quella notte, quando Erode stava per farlo comparire
davanti al popolo, Pietro, piantonato da due soldati e legato con due catene,
stava dormendo, mentre davanti alle porte le sentinelle custodivano il carcere.
Ed ecco, gli
si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò
il fianco di Pietro, lo destò e disse: «Àlzati, in
fretta!». E le catene gli caddero dalle mani. L’angelo gli disse: «Mettiti la
cintura e légati i sandali». E così fece. L’angelo disse: «Metti il mantello e seguimi!». Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si
rendeva conto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell’angelo:
credeva invece di avere una visione.
Essi
oltrepassarono il primo posto di guardia e il secondo e arrivarono alla porta
di ferro che conduce in città; la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono,
percorsero una strada e a un tratto l’angelo si allontanò da lui.
Pietro
allora, rientrato in sé, disse: «Ora so veramente che il Signore ha mandato il
suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che il popolo
dei Giudei si attendeva».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 33
Il Signore mi ha liberato da ogni
paura.
Benedirò il
Signore in ogni tempo,
sulla mia
bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio
nel Signore:
i poveri
ascoltino e si rallegrino.
Magnificate
con me il Signore,
esaltiamo
insieme il suo nome.
Ho cercato il
Signore: mi ha risposto
e da ogni
mia paura mi ha liberato.
Guardate a
lui e sarete raggianti,
i vostri
volti non dovranno arrossire.
Questo
povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da
tutte le sue angosce.
L’angelo del
Signore si accampa
attorno a
quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e
vedete com’è buono il Signore;
beato l’uomo
che in lui si rifugia.
Seconda Lettura
2 Tm 4,6-8.17.18
Dalla seconda lettera di san Paolo a
Timoteo
Figlio mio,
io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci
questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho
conservato la fede.
Ora mi resta
soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi
consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno
atteso con amore la sua manifestazione.
Il Signore
però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a
compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui
liberato dalla bocca del leone.
Il Signore
mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui
la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Vangelo Mt 16,
13-19
Dal vangelo secondo Matteo
In quel
tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi
discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero:
«Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa,
altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro:
«Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il
Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli
disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché
né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io
a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le
potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno
dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto
ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».