Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Tempo
di Pasqua
VI Domenica
(5 maggio
2013)
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At
15, 1-2. 22-29; Sal
66; Ap 21,
10-14. 22-23; Gv
14, 23-29
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L’espressione
con cui inizia la proclamazione del vangelo di oggi: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi
verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” riprende due altre
espressioni del discorso di Gesù nell’ultima cena. La situazione è quella di
chi sarà presto sottratto ai suoi discepoli e li rincuora promettendo loro
l’invio del Paraclito, colui che assicurerà nel cuore
dei discepoli l’amore al loro Maestro e l’osservanza dei suoi comandamenti.
Solo in quell’amore e nella misura di quell’amore Gesù si manifesterà: “Chi accoglie i miei comandamenti e li
osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e
anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv
14,21).
Ma il Messia
non avrebbe dovuto apparire al mondo come il realizzatore del regno di Dio
premiando i pii e distruggendo gli empi? Questa era l’immagine che gli apostoli
si facevano del regno. Lo esprime chiaramente, intuendo la verità, Giuda, non
l’Iscariota: “Come è accaduto che devi
manifestarti a noi e non al mondo?” (Gv 14,22).
Gesù risponde all’ansia di rivelazione che gli uomini hanno. Tra poco lui
subirà la passione, morirà e verrà sepolto, ma apparirà, risorto, ai suoi
discepoli. Saranno loro a testimoniare al mondo la sua presenza, la presenza di
colui che ha vinto la morte. Ma perché la manifestazione del Risorto non sarà evidente a tutti? Perché l’opera di Dio
non sconvolgerà nessuno nel senso di farlo restare attonito e come obbligato a
credere? Perché la sua è una parola di amore e chi non accoglie quell’amore non
può capire la sua parola. La sua parola cela la potenza di amore del Padre per
gli uomini e soltanto quando gli uomini si decideranno ad ascoltarla (come un
bambino ascolta la sua mamma facendo quello che gli dice) la parola rilascerà
la potenza che essa racchiude, potenza che costituisce la radice della
comunione con tutti perché a tutti quella parola è diretta. La responsabilità
dei discepoli nel mondo sarà appunto quella di favorire in tutti l’esperienza
della verità di quella parola che così si svela nella sua potenza di salvezza
per tutti.
La parola di
Gesù ha sempre a che fare con il Padre, che è Creatore. Ciò significa che
entrare nella parola di Gesù significa entrare nel mistero della creazione,
dell’essere creature, scoprendo l’amore del Padre che vi è all’origine, dentro
e al di là di tutte le ferite della storia. La dinamica di questa rivelazione
non riguarda il passato, come se si trattasse di risalire indietro nella storia
per comprendere il mondo, ma concerne il futuro nel senso che si guarda a cosa
avverrà per comprendere e accogliere ciò che è e ciò che è stato. Il Risorto
presiederà a questa rivelazione e i discepoli ne porteranno la responsabilità
di fronte al mondo.
La
sottolineatura nelle parole di Gesù, però, è data dal fatto che accogliendo la
sua parola si partecipa ad una intimità di vita; meglio, si condivide
l’intimità di vita che corre tra il Padre e il Figlio nello Spirito, che
proprio da Gesù ci è stato effuso e che proprio di Gesù ci fa vedere la verità
di testimone dell’amore del Padre per gli uomini. Così la crescita spirituale
sottende sempre un radicamento nell’intimità di un rapporto che permette ai
cuori di schiudersi, di percepirsi nell’amore, di vedere le cose in verità. In
effetti, quando Gesù dice ‘mi manifesterò’, in realtà vuol dire, non solo che
lo riconosceremo, ma che tutto parlerà di lui, tutto splenderà per lui e quindi
che la vita svelerà il suo segreto.
La
condizione di possibilità perché ciò avvenga è svelata alla fine del brano, che
nella versione CEI suona: “Non parlerò
più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; contro di me non può
nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi
ha comandato, così io agisco” (Gv 14,30-31).
L’espressione ‘contro di me non può nulla’, tradotta più letteralmente sarebbe:
‘in me non ha nulla’. Siccome in Gesù
c’è solo l’amore del Padre, il demonio non ha alcun diritto su di lui nel senso
che può rovesciargli addosso tutto il male che vuole, ma senza poterlo deviare
dal suo scopo, senza potergli sottrarre quell’amore; al contrario, suo
malgrado, farà risplendere davanti a tutti quell’amore affascinando i cuori.
Questa espressione è costruita allo stesso modo dell’altra che la richiama: ‘chi ha i miei comandamenti’ (v. 21), che
noi traduciamo: ‘chi accoglie i miei comandamenti’. Quando un cuore è
conquistato all’amore di Gesù, non facendo valere altro che i suoi comandamenti, dato che in essi ha
scoperto le radici del vivere bello, ne conoscerà la potenza di vita e il
demonio nulla potrà contro quell’amore.
Quando al
battesimo e alla trasfigurazione la voce dal cielo aveva proclamato su Gesù: “Questi è il Figlio mio, l’amato”, il
significato non è semplicemente da riferire a Gesù ma anche a tutti noi in lui,
vale a dire: tutti noi, credendo a quel Figlio, l’Inviato del Padre e
accogliendo la sua parola per metterla in pratica, entreremo nella benedizione
di quell’amore di predilezione nel quale il Padre vuole inglobare tutti. La
rivelazione di Dio è sempre per noi perché non c’è rivelazione se non parla
dell’amore di Dio per l’uomo. E se nel Padre nostro chiediamo: ‘sia fatta la
tua volontà come in cielo così in terra’, non
chiediamo prima di tutto di poter stare fedeli alla sua volontà, ma più
direttamente di poter sperimentare la sua volontà di amore per noi nella nostra
vita, tanto da godere della comunione con lui al di sopra di tutto. Questo ci
otterrà l’azione dello Spirito Santo, che ci farà memoria viva del Signore Gesù
in questo mondo.
Collegando
poi la colletta alla prima lettura comprendiamo che la liberazione pasquale,
che celebriamo nell’eucaristia per testimoniarla nella vita, è caratterizzata
dalla letizia. Ma la letizia è per la comunione. Una letizia che non si traduca
in ansia di comunione non risponde alla liberazione pasquale. La prima lettura
mostra quella letizia in ansia di comunione alle prese con gli imprevisti della
storia. I credenti provenienti dalla tradizione mosaica, pur accogliendo la
fede in Gesù, temono di mancare alla santità di Dio non obbligando anche i
fratelli provenienti dal paganesimo alle stesse leggi. La decisione apostolica
ribadisce la fede di tutti: oramai c’è un unico popolo di salvati, circoncisi e
incirconcisi e l’invito ai pagani sembra soltanto quello di non essere fonte di
disagio per i fratelli circoncisi trovandosi alla stessa mensa. La liberazione
è per la gioia e la gioia è per la comunione: questa è la dinamica pasquale.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura At
15, 1-2. 22-29
Dagli Atti degli Apostoli
In quei
giorni, alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate
circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati».
Poiché Paolo
e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente
contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e
alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per
tale questione.
Agli
apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere
alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a
Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba,
e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro
questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia,
che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali
non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno
sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere
alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba
e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore
Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi,
a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi,
di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi
dalle carni offerte agl’idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle
unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State
bene!».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 66
Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino
i popoli tutti.
Dio abbia
pietà di noi e ci benedica,
su di noi
faccia splendere il suo volto;
perché si
conosca sulla terra la tua via,
la tua
salvezza fra tutte le genti.
Gioiscano le
nazioni e si rallegrino,
perché tu
giudichi i popoli con rettitudine,
governi le
nazioni sulla terra.
Ti lodino i
popoli, o Dio,
ti lodino i
popoli tutti.
Ci benedica
Dio e lo temano
tutti i
confini della terra.
Seconda Lettura
Ap 21, 10-14. 22-23
Dal libro dell'Apocalisse di san
Giovanni apostolo
L’angelo mi
trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa,
Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il
suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di
diaspro cristallino.
È cinta da
grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e
nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre
porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre
porte.
Le mura
della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei
dodici apostoli dell’Agnello.
In essa non
vidi alcun tempio:
il Signore
Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello
sono il suo
tempio.
La città non
ha bisogno della luce del sole,
né della
luce della luna:
la gloria di
Dio la illumina
e la sua
lampada è l’Agnello.
Vangelo Gv 14, 23-29
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, Gesù disse [ ai suoi discepoli ]:
«Se uno mi
ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e
prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e
la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto
queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito,
lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa
e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la
pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia
turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito
che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io
vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che
avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».