Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Tempo
di Pasqua
III Domenica
(14 aprile
2013)
_________________________________________________
At 5,
27b-32. 40b-41; Sal 29; Ap 5, 11-14; Gv 21, 1-19
_________________________________________________
Il brano di
vangelo di oggi chiude il vangelo di Giovanni. Sembra quasi un’appendice, che
racchiude però un alto valore simbolico, soprattutto se incentriamo
l’attenzione sull’apostolo Pietro. Nel vangelo di Giovanni, il primo incontro
di Gesù con Pietro viene narrato in 1,42 quando Gesù gli dice: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai
chiamato «Cefa» – che significa Pietro”. Nel
corso della narrazione evangelica viene sempre denominato Simon Pietro o
Pietro. Solo alla fine, di nuovo, Gesù lo chiama: “Simone, figlio di Giovanni ...” per tre volte. Perché? Sembra che
Pietro, con tutto l’amore che porta al suo Maestro, abbia ancora bisogno di
qualcosa di essenziale, di decisivo, per realizzare quello che il nome, Pietro,
impostogli da Gesù, significa per lui e per la comunità dei suoi fratelli.
Gesù lo
chiama con il vecchio nome rammentandogli l’amore che gli ha sempre protestato
senza però essere stato capace di viverlo fino in fondo. Nell’ultima cena aveva
protestato: “Signore, perché non posso
seguirti ora? Darò la mia vita per te!” (13,37) e poi, nella stessa notte,
l’aveva rinnegato tre volte. Ma Giovanni non dice nulla del suo pentimento,
come gli altri evangelisti hanno annotato: “E,
uscito fuori, pianse amaramente” (Lc 22,62).
Sembra che Pietro conservi ancora qualcosa dell’antico discepolo del Battista,
almeno nella sua visione messianica su Gesù, il Messia che avrebbe stabilito il
regno di Dio, come d’altronde fa fede la sua prontezza nel difendere Gesù con
la spada nell’orto degli ulivi e nella volontà di seguirlo fin dentro il
cortile del sommo sacerdote. Pietro ha sempre preteso giocare un ruolo di primo
piano per la sua generosità nella sequela del Maestro – cosa che Gesù e gli
altri compagni gli riconoscono. Quando vuole uscire a pescare, e gli altri
compagni lo seguono, lavora invano. Invece, quando si presenta Gesù sulla
spiaggia e gli dice di gettare le reti alla destra della barca, la pesca è
oltremodo sovrabbondante. Ma lui non capirà se non dopo il colloquio con Gesù:
“Simone, figlio di Giovanni, mi ami più
di costoro?”. Era chiaro a tutti che Pietro amava il Signore più di tutti
per la sua impetuosità, ma ora Pietro non lo può più riconoscere perché era
stato l’unico a rinnegarlo. E quando, la terza volta, Gesù gli dice: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”
Pietro non può che restare addolorato perché evidentemente si rendeva conto
della sua posizione e, finalmente conquistato alla nuova modalità di sequela
che Gesù esigeva, risponde affidandosi: “Signore,
tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”.
Solo ora la
sua sequela diventa quella voluta da Gesù. Qui avviene la trasformazione
definitiva di Pietro. In effetti, per l’apostolo, non si tratta semplicemente
di dare la vita per Gesù – cosa che può avvenire anche dentro una visione delle
cose mondana o ideologica! - ma di darla condividendo i suoi segreti, il suo
sentire, la sua modalità di azione nel mondo perché tutti abbiano la vita.
Potremmo anche interpretare: “Signore, non sono degno del tuo amore, e del mio
non posso fare gran conto, ma tu conosci il mio cuore, tu sai che ti vuole
bene”. Quando un uomo professa il suo amore come balbettando, appena
sussurrando, vuol dire che il suo amore va oltre ogni forma di orgoglio o di
pretesa e sarà immune dal tarlo del predominio, sotto qualsiasi forma si
cerchi: in quell’amore c’è tutto il suo cuore perché si fida totalmente
dell’accoglienza dell’altro. E non ha da esibire altro di sé. E quando l’amore
è di tal fatta, allora può assumere il compito pastorale in nome del Signore: “Pasci le mie pecore”. A tutti verrà
inviato, di tutti si prenderà cura, e di gran cuore, perché tutti e ciascuno
appartengono a quel Signore, il cui amore l’ha conquistato e l’amore per il
quale costituisce il vero obiettivo del suo interessamento per tutti perché tutti
lo riconoscano e trovino riposo. Gesù può predirgli tranquillamente il suo
martirio: l’intimità goduta, finalmente, non sarà più insidiata, così come è
avvenuto per Gesù.
Allora
avverrà, nelle afflizioni o nelle persecuzioni, come riporta la prima lettura,
di essere “lieti di essere stati
giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù”, con l’allusione al
fatto che la letizia nella persecuzione rivela la dignità ottenuta dall’anima,
dignità che si esprime nel suo splendore quando gli altri la calpestano e non
viene meno. E non è un fatto personale, ma ecclesiale. Vale a dire: non è in
gioco la virtù di una persona, ma la fede, una fede condivisa dentro uno stesso
progetto di vita e di missione evangelica per il mondo. L’obbedienza è così
dovuta a Dio prima che agli uomini e comporta appunto la condivisione del
segreto di Dio per gli uomini nell’amore che ha mosso Gesù e che perdura nei
suoi discepoli. Nel brano evangelico il pasto comune dopo la pesca miracolosa
comporta due ‘offertori’ di sapore eucaristico: c’è il pesce preparato prima da
Gesù e il pesce portato dai discepoli. Vi si può ravvisare il dono di Gesù ai
suoi e il dono degli uni agli altri nell’amore che risponde a quello di Gesù.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura At
5, 27b-32. 40b-41
Dagli Atti degli Apostoli
In quei
giorni, il sommo sacerdote interrogò gli apostoli dicendo: «Non vi avevamo
espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito
Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue
di quest’uomo».
Rispose
allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli
uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso
appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e
salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi
fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli
obbediscono».
Fecero
flagellare [gli apostoli] e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù.
Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio,
lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.
Salmo Responsoriale
dal Salmo 29
Ti esalterò, Signore, perché mi hai
risollevato.
Ti esalterò,
Signore, perché mi hai risollevato,
non hai
permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai
fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto
rivivere perché non scendessi nella fossa.
Cantate inni
al Signore, o suoi fedeli,
della sua
santità celebrate il ricordo,
perché la
sua collera dura un istante,
la sua bontà
per tutta la vita.
Alla sera
ospite è il pianto
e al mattino
la gioia.
Ascolta,
Signore, abbi pietà di me,
Signore,
vieni in mio aiuto!
Hai mutato
il mio lamento in danza,
Signore, mio
Dio, ti renderò grazie per sempre.
Seconda Lettura
Ap 5, 11-14
Dal libro dell'Apocalisse di san
Giovanni apostolo
Io,
Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri
viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di
migliaia e dicevano a gran voce:
«L’Agnello,
che è stato immolato,
è degno di
ricevere potenza e ricchezza,
sapienza e
forza,
onore,
gloria e benedizione».
Tutte le
creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri
che vi si trovavano, udii che dicevano:
«A Colui che
siede sul trono e all’Agnello
lode, onore,
gloria e potenza,
nei secoli
dei secoli».
E i quattro
esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione.
Vangelo Gv 21,1-19
Dal vangelo secondo Giovanni
[ In quel
tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade.
E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo
e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli
dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma
quella notte non presero nulla.
Quando già
era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era
Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero:
«No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e
troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande
quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il
Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste
attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri
discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non
erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi
a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro
Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì
nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré
grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro:
«Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?»,
perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo
diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai
discepoli, dopo essere risorto dai morti. ]
Quand’ebbero
mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di
costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli
disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta:
«Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai
che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza
volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato
che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore,
tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie
pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da
solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un
altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con
quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».