Quarto ciclo
Anno liturgico C (2012-2013)
Tempo Ordinario
3a Domenica
(27 gennaio 2013)
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Ne
8,2-4.5-6.8-10; Sal 18; 1Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21
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Nel racconto di Luca la predicazione
a Nazaret assume il valore di avvenimento emblematico, collocato all’inizio
dell’attività apostolica di Gesù, subito dopo il battesimo e le tentazioni nel
deserto, come se l’evangelista volesse riassumere in una immagine premonitrice
il senso del messaggio messianico di Gesù.
L’inizio del brano evangelico
comporta un particolare assolutamente significativo. Il testo dice che Gesù
ritorna in Galilea con la potenza dello
Spirito, mentre in precedenza aveva riportato che Gesù, dopo il battesimo
al Giordano, pieno di Spirito, era stato spinto nel deserto per essere tentato
da diavolo. Avendo vinto il maligno, cioè avendo accettato di condursi, come
Messia, secondo i segreti di Dio e non del diavolo, Gesù inizia la sua missione.
E quando si presenta nella sinagoga a Nazaret riferisce a se stesso il passo di
Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di
me … Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Gesù si
presenta come l’Inviato, capace di dare compimento alle promesse di Dio, come
riporta il canto al vangelo: “Il Signore
mi ha mandato ... ”. Quello che forse non cogliamo più della manifestazione
di questa autocoscienza di Gesù è il suo carattere dinamico. L’invio non
rimanda semplicemente all’opera per la quale è mandato, ma all’intimità che
vive con il Padre nel mostrare, con le parole e l’agire, il suo grande amore
agli uomini.
La profezia messianica di Isaia 61,
che parla di poveri, di prigionieri/oppressi, di ciechi, allude alle deficienze del nostro vivere che Gesù è
venuto a redimere: a) la nostra vita è mancante, soffre di limiti; b) viviamo
sotto l’oppressione di una schiavitù imposta o procurata, subita o provocata;
c) camminiamo all’oscuro, non distinguiamo bene nulla. Gesù si presenta, dalla
parte di Dio, capace di rinnovare la letizia, di offrire la libertà e di
suggerire un senso. Sono le coordinate di un vivere felicemente la propria
vocazione umana, in comunione con Dio. La felicità, come la vita stessa di Gesù
mostrerà, è dire bene Dio con la premura
della cura dell’uomo fino a dare la nostra vita perché la vita dell’altro
cresca. Ma come vivere questa felicità senza la rivelazione del volto di Dio
che si fa conoscere come cura per l’uomo?
Per questo Origene annota come sia da invidiarsi l’assemblea che tutta intera,
alla lettura della parola di Dio, tiene gli sguardi fissi su Gesù!
Tutti i frutti dello Spirito “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza,
bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22) sono espressione della
cura per l’uomo e chi più li possiede, più si prende cura. E più ci si prende
cura, più il volto di Dio è rivelato nella sua verità e la letizia riempie il
cuore dell’uomo, secondo l’invito di Neemia al popolo dopo la lettura della
Legge: “Non vi rattristate, perché la gioia
del Signore è la vostra forza”. Gli ebrei erano appena ritornati
dall’esilio di Babilonia, avevano ricominciato a costruire il tempio e le mura
di Gerusalemme, ma la vita si prospettava piena di insidie sia sociali che
religiose. Il popolo viene ricompattato con la proclamazione del libro della
legge, la lettura del quale suscita un’emozione grandissima. Il popolo piange,
si rattrista, si accorge di quanto sia stato infedele al suo Dio. Come era
successo al re Giosia: “Udite le parole
del libro della legge, il re si stracciò le vesti” (2Re 22,11); come
succederà alla gente che aveva ascoltato il discorso di Pietro a Pentecoste: “all’udire queste cose si sentirono
trafiggere il cuore” (At 2,37). Ma Esdra e Neemia invitano alla gioia, sia
perché quello era un giorno di festa e nella festa è prescritto di stare lieti
insieme alla mensa invitando anche i poveri sia perché la parola di Dio
proclamata, spiegata, vissuta e condivisa nella sua potenza di letizia rende
solidali gli uomini, non avendo più nulla da rivendicare in senso egoistico.
La gioia, dono messianico per
eccellenza, cela un’energia potente, diventa la forza che il salmo 18 descrive
se leggiamo le espressioni in significato intensivo: la legge del Signore è perfetta, cioè rende integri e perciò rinfranca
l’anima; la testimonianza del Signore è
stabile, cioè rende veritieri e ti fa partecipe della sapienza dall’alto; i precetti del Signore sono retti, cioè
rendono integri e gioiosi; il comando del
Signore è limpido, cioè rende l’uomo luminoso, dallo sguardo pulito e
bello. Potremmo anche interpretare sinteticamente: la giustizia del Signore, il
contenuto cioè della parola di Dio, è quella di portare gioia al cuore e questa
gioia è quella che consente al nostro cuore di vivere secondo la sua giustizia,
cioè di manifestare la sua presenza con il prenderci cura di ognuno fino a dare
la vita perché l’altro possa averla abbondante. Solo il Messia poteva rivelare
che consisteva in questo la manifestazione del Signore e che in questo
risiedeva e il compimento del desiderio dell’uomo e la felicità di Dio, quello
che san Paolo descrive come la realtà dell’essere un corpo solo in Cristo. Non
c’è nulla di più affascinante di tale mistero e nello stesso tempo nulla di più
salutarmente rischioso nella vita degli uomini.
L’esito della predicazione di Gesù a
Nazaret sarà però drammatico e questo sarà il tema delle letture di domenica
prossima.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
Prima
Lettura Ne 8,2-4.5-6.8-10
Dal libro di
Neemìa
In quei giorni, il sacerdote Esdra
portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti
erano capaci di intendere.
Lesse il libro sulla piazza davanti
alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in
presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere;
tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava
sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza.
Esdra aprì il libro in presenza di
tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro,
tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e
tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si
prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore.
I levìti leggevano il libro della
legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano
comprendere la lettura.
Neemìa, che era il governatore,
Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a
tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate
lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le
parole della legge.
Poi Neemìa disse loro: «Andate,
mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla
hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi
rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».
Salmo
Responsoriale dal Salmo 18
Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è
stabile,
rende saggio il semplice.
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.
Ti siano gradite le parole della mia
bocca;
davanti a te i pensieri del mio
cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore.
Seconda
Lettura 1Cor 12,12-30
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
[ Fratelli, come il corpo è uno solo
e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un
corpo solo, così anche il Cristo.
Infatti noi tutti siamo stati
battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o
liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
E infatti il corpo non è formato da
un membro solo, ma da molte membra. ] Se il piede dicesse: «Poiché non sono
mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E
se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non
per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove
sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato?
Ora, invece, Dio ha disposto le
membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un
membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è
il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la
testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che
sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo
meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono
trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma
Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché
nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une
delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se
un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. [ Ora voi siete corpo
di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. ] Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in
primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come
maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere,
di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti
profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle
guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?
Vangelo Lc 1,1-4; 4,14-21
Dal vangelo secondo Luca
Poiché molti hanno cercato di
raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come
ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e
divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche
accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto
ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della
solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in
Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la
regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto,
e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere.
Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove
era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di
me;
per questo mi ha consacrato con
l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri
il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la
liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del
Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò
all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di
lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi
avete ascoltato».