Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Tempo
Ordinario
XXXIII Domenica
(17 novembre
2013)
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Ml 3, 19-20;
Sal 97; 2 Ts 3, 7-12; Lc 21, 5-19
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L’anno liturgico
volge al termine e la Chiesa si confronta con gli eventi della fine. La
passione di Gesù è imminente e le sue parole alludono al giudizio di Dio sulla storia, giudizio che viene dalla croce:
l’amore di Dio si è manifestato, venga meno ogni boria umana! In una visione
volutamente complessa, secondo lo stile apocalittico della tradizione ebraica,
si intersecano annunci di eventi storici drammatici come la distruzione del
tempio e della città di Gerusalemme (probabilmente Luca ha conosciuto la tragedia
del 70 d.C.) insieme ad allusioni catastrofiche riguardo alla fine della storia
e del mondo, inserite però in un contesto di senso preciso: il dramma della
storia fino alla sua fine si gioca per la testimonianza (“Avrete allora occasione di dare testimonianza”). Comprendere di che
testimonianza si tratta significa trovare il senso della nostra vita.
L’aspetto
singolare di questo brano lucano è il contrasto tra i terrori annunciati e la
fiducia inculcata, aspetto che la liturgia si premura di sottolineare. L’antifona
d’ingresso canta con il profeta Geremia: “Io
ho progetti di pace e non di sventura” (Ger
29,11); l’antica colletta: “Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel
tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere
felicità piena e duratura”; l’antifona alla comunione: “Il mio bene è stare
vicino a Dio, nel Signore Dio riporre la mia speranza”.
Lungo tutto
il cap. 21 di Luca, Gesù mette in guardia contro il pericolo di seduzione
sempre in agguato: “Badate di non lasciarvi
ingannare”, “State attenti a voi
stessi”, “Vegliate in ogni momento”.
La fedeltà al segreto di Dio svelato nel giudizio della croce non è un viaggio
in carrozza per nessuno, per cui è necessaria una estrema vigilanza. Ciò che
Luca ricordava a proposito della preghiera (‘necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai’, Lc 18,1), ora lo ricorda a proposito della responsabilità
dei servi che attendono l’arrivo del padrone (‘Vegliate in ogni momento, pregando’, Lc
21,36). Nella vita è in atto qualcosa di grande che ci riguarda e che può
costituire anche per noi, come per la Vergine, gli apostoli, Paolo, i santi, il
segreto della vita. Là Gesù indirizza la nostra attenzione. Non si tratta però
di attendere l’eterno dopo il tempo, ma di accogliere l’eterno nel tempo.
Il senso del
brano evangelico non è che un’introduzione al mistero della fedeltà dei
credenti, fedeltà che nasce da una sapienza ricercata e che si gioca in una
vigilanza capace di attraversare le prove e i tormenti della storia. La storia è
piena di tormenti, i tormenti però non sono per la morte, ma perché si svelino
i segreti di Dio. Assai istruttiva a tal riguardo è la prima lettura tratta dal
profeta Malachia. Il testo di Malachia,
secondo la suddivisione dei libri nella Bibbia accolta nella tradizione
cristiana, è l’ultimo libro dell’Antico Testamento, quello che fa da cerniera
con i vangeli. Il profeta parla del giorno rovente del Signore, ma nell’ottica
della salvezza di coloro che hanno fatto memoria della parola del Signore. Sarà
proprio la conversione a Gesù a introdurre negli eventi della fine, intendendo:
se in lui è sigillata l’alleanza di Dio godibile per l’uomo, allora il segreto
da condividere non è che quell’immenso amore svelato nel Cristo che nulla e
nessuno potrà rapire. Lo scenario delineato, l’unico possibile rispetto alla
potenza dell’amore che dal Cristo deriva e che diventa la nostra ragione di
vita finché tutto e tutti possano goderlo, non resta che quello del martirio,
cioè della testimonianza. Fatto, che anche le cronache quotidiane di questi
ultimi anni ci rammentano con evidenza a proposito dei nostri fratelli di fede
in certe parti del mondo. D’altra parte, il dire ‘finché tutto e tutti possano goderlo’ significa accettare ogni forma di avversità e
tormento nell’ottica di vivere la potenza di quell’amore comunque. Significa
vivere quell’amore fino alla fine, vale a dire fino a che il segreto che
comporta si sveli in tutta la sua potenza, per me come per tutti.
È chiaro
allora che la perseveranza a cui Gesù ci invita (“Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”) non allude a
uno sforzo di tenacia ma a una verità di esperienza: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt
28,20), le parole conclusive del vangelo. Perseveranza va coniugata con
Presenza. In effetti, nell’ascolto del nostro brano odierno, non saremo tanto
colpiti dalle predizioni dei tormenti, ma dalla fiducia che ci deriva
dall’attraversarli in compagnia di Colui che abbiamo conosciuto essere
l’Inviato di Dio, il Figlio di Dio, nato-morto-risorto
per noi, come sottolinea all’evidenza l’espressione paradossale: “Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà
perduto”.
In gioco,
nella storia, è appunto la fedeltà a Colui che il nostro cuore ha scoperto
essere il sigillo della misericordia di Dio per noi, a Colui che per noi è
diventato radice di vita e di sentimenti a tal punto da farci conoscere
contemporaneamente il riposo e l’angoscia dell’amore, non potendo tollerare che
nessuno ne resti privo per causa nostra. Tanto che il modo più sicuro di vivere
del riposo dell’amore è quello di non rifiutarlo a nessuno. Con questa tensione
dell’amore ha a che fare la perseveranza, che non è semplicemente la durata nel
tempo, ma la tenuta di qualità dell’amore nel tempo e nelle prove.
‘Perseverare
fino alla fine’ (cfr. Mt 10,22) non riguarda semplicemente la fine della vita,
ma finché il fine della vita non si sveli pienamente al cuore, vale a dire
finché non compare al cuore il volto misericordioso del Signore. Così,
perseveranza o pazienza ha sempre a che vedere con la presenza del Signore,
generatore di letizia, accanto a noi, pur nelle prove. È tale presenza che
salva le nostre vite, che ci impedisce di intristire e di fallire nella
realizzazione della nostra vocazione all’umanità. Se nemmeno un capello del
nostro capo andrà perduto, non è per invitarci alla speranza, vanesia, che i
tormenti non ci toccheranno, ma, al contrario, che nemmeno i tormenti ci
ruberanno la confidenza ottenuta e non ci muoveranno ad agire contro il suo
amore, come del resto è stato per lui, che non ha agito contro di noi, nella
sua passione e morte.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Ml
3, 19-20
Dal libro del profeta Malachìa
Ecco: sta
per venire il giorno rovente come un forno.
Allora tutti
i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel
giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non
lasciar loro né radice né germoglio.
Per voi, che
avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.
Salmo Responsoriale
dal Salmo 97
Il Signore giudicherà il mondo con
giustizia.
Cantate inni
al Signore con la cetra,
con la cetra
e al suono di strumenti a corde;
con le
trombe e al suono del corno
acclamate
davanti al re, il Signore.
Risuoni il
mare e quanto racchiude,
il mondo e i
suoi abitanti.
I fiumi
battano le mani,
esultino
insieme le montagne
davanti al
Signore che viene a giudicare la terra.
Giudicherà
il mondo con giustizia
e i popoli
con rettitudine.
Seconda Lettura
2 Ts 3,7-12
Dalla seconda lettera di san Paolo
apostolo ai Tessalonicesi
Fratelli,
sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti
oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma
abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di
voi.
Non che non
ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti
quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non
vuole lavorare, neppure mangi.
Sentiamo
infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e
sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo,
ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.
Vangelo Lc 21, 5-19
Dal vangelo secondo Luca
In quel
tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di
doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non
sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli
domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il
segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi
ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo
è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di
rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma
non è subito la fine».
Poi diceva
loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno
in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti
terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di
tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi
alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a
causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi
dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e
sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né
controbattere.
Sarete
traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e
uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma
nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la
vostra perseveranza salverete la vostra vita».