Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Tempo
Ordinario
2a Domenica
(20
gennaio 2013)
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Is 62,1-5; Sal 95; 1Cor 12,4-11; Gv 2,1-12
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Il brano
evangelico di oggi termina con l’annotazione: “Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei
segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. Se ci rifacciamo a Gv 1,14: “E il Verbo
si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la
sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di
grazia e di verità”, ci possiamo domandare: che cosa hanno visto i
discepoli, a Cana, di questa gloria? Quando Giovanni
usa il termine segno, non intende
riferirsi al miracolo come se si trattasse di vedere la potenza straordinaria
di Gesù in atto; allude a un’altra cosa, a qualcosa che sia in relazione con la
gloria.
Possiamo
afferrare meglio la rivelazione di Cana se
incastoniamo l’episodio nella narrazione di Giovanni. Gli eventi che
intercorrono dal riconoscimento di Gesù da parte di Giovanni Battista al
Giordano fino alle nozze di Cana sono racchiusi nello
spazio di una settimana, la settimana della nuova creazione, in riferimento
alla settimana della creazione narrata dalla Genesi. L’episodio di Cana segue il riconoscimento di Gesù da parte di Natanaele, il quale segue quello da parte di Andrea e
Giovanni, i quali seguono quello di Giovanni Battista. Per cogliere la portata
del miracolo di Cana, bisogna percepire la densità di
quel ‘andarono e videro’ di Andrea e
Giovanni, i quali svelando a Pietro tutta l’emozione che li abitava riferiscono
la loro scoperta in questi termini: ‘abbiamo
trovato il Messia’. E ancora, bisogna intuire la sorpresa di Natanaele, che risiedeva proprio a Cana,
quando Gesù gli si rivolge con quelle parole: ‘vedrai cose più grandi di queste!’. Tutti i segni che Gesù compie
sono collocati nella scia di questo vedere
cose più grandi fino alla rivelazione suprema, con la morte e risurrezione
di Gesù, allorquando le cose più grandi
sono ormai le cose ultime,
definitive, supreme, a partire dalle quali tutto prende senso e splendore. La
sua gloria finalmente è svelata in
tutto il suo splendore, la gloria del suo amore per gli uomini.
I segni sono dunque in relazione con la gloria dentro un movimento di
rivelazione di cose sempre più grandi fino alla rivelazione suprema, la
morte/risurrezione di Gesù. I segni sono allora gesti simbolici che hanno la
funzione di indicare che in Gesù si realizza l’evento escatologico (“In verità, in verità io vi dico: vedrete il
cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo”,
compiendo il sogno di Giacobbe di Gen 28,17);
invitano tutti gli uomini a percepire la filiazione divina di Gesù, come dirà
Giovanni alla fine del suo vangelo riferendosi ai segni che ha descritto nella
sua narrazione: “Ma questi sono stati
scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché,
credendo, abbiate la vita nel suo nome”. Il mistero di Gesù allude al
mistero della Trinità, la quale si rivela nel suo amore agli uomini tramite
Gesù e nel dono dello Spirito Santo che ci rende atti a vivere di e dentro
quell’amore.
A Cana Gesù viene invitato alle nozze, simbolo dell’antica
alleanza. Ma manca il vino, quello che solo il Messia avrebbe portato, il vino
simbolo dell’amore e della gioia, compimento delle promesse di Dio al suo
popolo. Se ne accorge sua madre, che appartiene all’antica alleanza, ma la cui
fedeltà a Dio la rende capace di vedere in Gesù il Messia, per cui si rivolge
fiduciosa ai servi: “Qualsiasi cosa vi
dica, fatela”. Gesù, che fa riempire d’acqua le giare e fa attingere e
portare in tavola, realizza il passaggio dall’antica alla nuova alleanza con il
dono del vino che simboleggia l’esperienza diretta e personale, nella gioia e
nell’amore, della relazione tra Dio e l’uomo: “Perché la legge fu data per mezzo di Mosé, la
grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo” (Gv
1,17). Non per nulla, l’episodio che segue alle nozze di Cana
è la purificazione del Tempio a Gerusalemme da parte di Gesù che scaccia
venditori e cambiamonete. Quello che la legge prometteva, Gesù lo rende
possibile in sovrabbondanza; quello a cui anelava il cuore dell’uomo ora
diventa vivibile, gustosamente esperibile: l’uomo vive finalmente la pace con
il suo Dio, in un amore ritrovato e condivisibile. E questo si vedrà proprio
nella sua ora quando dalla croce
risplenderà il suo amore infinito, amore che con il dono dello Spirito Santo
diventa radice di vita e di azione nel suo discepolo e segno di Dio per il
mondo intero.
Il miracolo
di Cana con la trasformazione dell’acqua in vino,
mentre allude al passaggio dalla Legge alla Grazia, allude anche al mistero
dell’intelligenza delle Scritture. Tutte le Scritture parlano di lui (‘Voi scrutate le Scritture pensando di avere
in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me’, Gv 5,39): tutte le parole alludono alla Parola fatta carne.
E quando si incomincia a intravedere questa tensione profonda che percorre
tutta la Scrittura, allora si passa dal bere l’acqua al gustare il vino. Così
come nel compiere i comandamenti di Dio: un conto è praticarli materialmente, un
conto è praticarli cogliendo l’ispirazione e la rivelazione di vita che
comportano.
L’immagine
di fondo è quella delle nozze, a illustrare il mistero della comunione di Dio
con l’uomo. Le nozze alludono al compimento dei desideri del cuore ormai
abitati dal desiderio di Dio che ci è venuto incontro, che ci ha guadagnati al
suo amore e che ci ha conquistati al suo splendore.
Quest’ultimo
aspetto è ben delineato nel brano di Isaia che descrive Dio come lo Sposo che
gioisce della sua sposa, la quale passa da una percezione di angosciosa
solitudine, di abbandonata,
all’emozione di essere svelata a se stessa in una dolcezza di riposo perché sposata (forse, meglio: ‘abitata in
dolcezza’). La percezione di quella nuova realtà, di cui è indegna, ma di cui
gode nell’intimo, grata e consegnata, costituisce il contenuto del nome nuovo
con la quale è chiamata.
Così
possiamo pregare con la chiesa: “… la santa chiesa sperimenti la forza
trasformante del suo amore e pregusti nella speranza la gioia delle nozze
eterne” allorquando tutti ci relazioneremo come figli di Dio nell’esperienza
assoluta e sovrana dell’amore di Dio per noi.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Is 62,1-5
Dal libro del profeta Isaia
Per amore di
Sion non tacerò,
per amore di
Gerusalemme non mi concederò riposo,
finché non
sorga come aurora la sua giustizia
e la sua
salvezza non risplenda come lampada.
Allora le
genti vedranno la tua giustizia,
tutti i re
la tua gloria;
sarai chiamata
con un nome nuovo,
che la bocca
del Signore indicherà.
Sarai una
magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema
regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti
chiamerà più Abbandonata,
né la tua
terra sarà più detta Devastata,
ma sarai
chiamata Mia Gioia
e la tua
terra Sposata,
perché il
Signore troverà in te la sua delizia
e la tua
terra avrà uno sposo.
Sì, come un
giovane sposa una vergine,
così ti
sposeranno i tuoi figli;
come gioisce
lo sposo per la sposa,
così il tuo
Dio gioirà per te.
Salmo Responsoriale
dal Salmo 95
Annunciate a tutti i popoli le
meraviglie del Signore.
Cantate al
Signore un canto nuovo,
cantate al
Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al
Signore, benedite il suo nome.
Annunciate
di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo
alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i
popoli dite le sue meraviglie.
Date al
Signore, o famiglie dei popoli,
date al
Signore gloria e potenza,
date al
Signore la gloria del suo nome.
Prostratevi
al Signore nel suo atrio santo.
Tremi
davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le
genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica
i popoli con rettitudine.
Seconda Lettura
1Cor 12,4-11
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Fratelli, vi
sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma
uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera
tutto in tutti.
A ciascuno è
data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno
infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un
altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello
stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle
guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a
un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue;
a un altro l’interpretazione delle lingue.
Ma tutte
queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come
vuole.
Vangelo Gv 2,1-12
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e
c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a
mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le
rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre
disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là
sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti
ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le
anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e
portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe
assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale
non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso
l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono
all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai
tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù;
egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero
in lui.