Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Tempo
Ordinario
XXIX Domenica
(20 ottobre
2013)
_________________________________________________
Es 17,
8-13a; Sal 120; 2 Tm 3, 14 - 4, 2; Lc 18, 1-8
_________________________________________________
La liturgia
di oggi risponde a una delle contraddizioni più lancinanti della vita: se Dio è
Dio, perché non interviene quando il male devasta il mondo? Il popolo di
Israele, provato dalla sete nel deserto, aveva espresso la sua angoscia negli
unici termini possibili per dei credenti: “Il Signore è in mezzo a noi sì o
no?” ed era seguito il miracolo dell’acqua scaturita dalla roccia che Mosè
aveva percossa con il bastone di Dio. Ma subito dopo il popolo corre un altro
tremendo pericolo: l’attacco degli
Amaleciti. È il nemico che viene a cercarli; non semplicemente che
trovano un nemico sulla loro strada. È la prima battaglia di Israele dopo
l’uscita dall’Egitto. L’angoscia del popolo, questa volta, sembra sparire
dietro alla figura di Mosè, ritto sul monte a pregare per la salvezza del
popolo e a quella di Giosuè che è mandato a combattere. Il fatto però che Mosè
salga sul monte significa che è visibile a tutti, ai combattenti e al popolo
che attende angosciato l’esito della battaglia. Tutto il popolo prega con Mosè;
tutto il popolo rinnova la sua fede nel Dio di Israele perché un’altra volta il
loro Dio li salvi.
I testi salmici di questa liturgia alludono a una situazione
drammatica. La vita dell’uomo non è drammatica semplicemente perché
continuamente provata da afflizioni e ingiustizie, ma perché nelle afflizioni e
nelle ingiustizie subite ci può essere preclusa la visione di Dio. Come a dire:
l’aspetto più angoscioso per il cuore dell’uomo è la delusione nei confronti
del suo Dio, la perdita di speranza e il tormento di un amore mancato. Il canto
di ingresso (sal 16,6.8) descrive la fiducia in Dio
ma nella costatazione che gli empi opprimono il giusto; il salmo responsoriale,
il salmo 120, allude alla fiducia in Dio ma nel pericolo di un’invasione
(‘alzare gli occhi verso i monti’ allude al possibile alleato assiro contro
l’attacco egiziano, aiuto che però si tramuterà in schiavitù e allora il
salmista invita a fidarsi di Dio).
Ecco allora
il punto: come riconoscere il suo amore? Come fidarsi del suo amore in modo da
attraversare le prove senza venir meno nella fede? Non per nulla Gesù parla
della pronta risposta di Dio che fa giustizia ai suoi eletti mentre sta salendo
a Gerusalemme incontro alla sua ingiusta condanna. La parabola che racconta
nasce da due domande precedentemente poste:
1) il regno
di Dio si può vedere?
2) il Figlio
dell'uomo sarà riconosciuto?
Se il regno
di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, vuol dire che si dovrà
imparare a percepirlo, a sentirlo. Se il Figlio dell’uomo “è necessario che soffra molto e venga ripudiato”,vale a dire: non
si vedrà come ci si aspetta di vederlo, occorrerà imparare a riconoscerlo, a
sentirne la presenza, a percepirne bellezza e potenza. Ma come? Con la
perseveranza nella preghiera. Lo dice espressamente Luca nell'introdurre la sua
parabola del giudice iniquo e della vedova che lo importuna fino ad ottenere
giustizia: “Disse loro una parabola sulla
necessità di pregare sempre, senza stancarsi”. Il linguaggio è quello di
Paolo e si possono citare numerosi passi paralleli: 2 Ts
1,11/ 3,13; Fil 1,4; Col 1,3; Gal 6,9; Ef 3,13.
I discepoli
che subiscono persecuzioni per fedeltà a Cristo si chiedono: perché Dio tarda?
Certo Dio farà giustizia, ma quando? Dio mi aiuterà contro il peccato, ma
perché si deve fare così tanta fatica? Sarà possibile resistere fino alla fine?
Ecco, la parabola risponde a queste domande angosciose.
La parabola
della vedova che importuna il giudice disonesto richiama quella dell’amico
importuno raccontata sempre da Lc 11,5-8. Da notare
che quest’ultima è introdotta dall’insegnamento della preghiera del Padre
nostro, allorquando i discepoli erano rimasti affascinati dal modo in cui Gesù
pregava e gli avevano chiesto di insegnar anche a loro a pregare così. Se poi
colleghiamo alla parabola della vedova che assilla il giudice il commento di
Gesù a questa sua parabola dell’amico importuno: “Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri
figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che
glielo chiedono!” (Lc 11,13), il senso che ne
scaturisce è più profondo. Cosa significa per noi dire che Dio “farà loro giustizia prontamente”, quando
registriamo con sofferenza come un dato di fatto che il Signore tarda, che non
viene quando vorremmo noi? (cfr. 2Pt 3,9-11).
Dio
esaudisce prontamente, senza fare
aspettare, ogni richiesta di Spirito Santo, vale a dire l'anelito del cuore che
non si accontenta delle cose che provengono da Dio, ma che cerca proprio Dio,
l'incontro, l'intimità con lui. Quando un discepolo è afflitto dalla fatica di
perseguire il bene, quando non riesce a sopportare un'ingiustizia, quando è
tormentato da persecuzioni interiori ed esteriori, anche se Dio tarda a
rendergli soddisfazione così come se lo immaginerebbe, subito Dio gli concede
lo Spirito del suo Figlio perché il suo cuore non si allontani da lui comunque,
perché non venga meno l'anelito alla sua compagnia, perché si rafforzi la sua
fede, cioè la sua visione di lui. Come dice Gesù alla fine della parabola: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà,
troverà la fede sulla terra?”. Senza quella costante perseveranza nella
preghiera la fede non potrà durare. Sulla fiducia che Gesù stesso ha pregato
per me perché venga custodito nel suo amore (cfr Gv
17,11). E sulla fiducia dell’esortazione di Paolo ai credenti: “Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e
vi custodirà dal Maligno …” (cfr 2Ts 3,3-5) perché ci guiderà a che l’amore
di Dio regni nei nostri cuori e a che stiamo sottomessi al Cristo per non
essere mai mortificati nell’amore che ci ha fatto conoscere.
Perché
dobbiamo pregare sempre? Perché il regno di Dio non lo vediamo e perché il
Figlio non si manifesta secondo le nostre attese. La perseveranza costante
nella preghiera è l'unica porta che ci fa accedere alla visione del Figlio ed
al sentore del Regno. Senza dimenticare che un’antica tradizione ebraica rileva
nelle braccia alzate di Mosè in preghiera sul monte la solenne benedizione
sacerdotale di Nm 6,24-27, benedizione che
misticamente fa sussistere il mondo.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Es 17, 8-13
Dal libro dell'Èsodo
In quei
giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm.
Mosè disse a
Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in
mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per
combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.
Quando Mosè
alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una
pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le
sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.
Giosuè
sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a
fil di spada.
Salmo Responsoriale
dal Salmo 120
Il mio aiuto viene dal Signore.
Alzo gli
occhi verso i monti:
da dove mi
verrà l’aiuto?
Il mio aiuto
viene dal Signore:
egli ha
fatto cielo e terra.
Non lascerà
vacillare il tuo piede,
non si
addormenterà il tuo custode.
Non si
addormenterà, non prenderà sonno
il custode
d’Israele.
Il Signore è
il tuo custode,
il Signore è
la tua ombra
e sta alla
tua destra.
Di giorno
non ti colpirà il sole,
né la luna
di notte.
Il Signore
ti custodirà da ogni male:
egli
custodirà la tua vita.
Il Signore
ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per
sempre.
Seconda Lettura
2 Tm 3, 14-4, 2
Dalla seconda lettera di san Paolo
apostolo a Timoteo.
Figlio mio,
tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci
coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia:
queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo
Gesù.
Tutta la
Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere
ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato
per ogni opera buona.
Ti scongiuro
davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la
sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento
opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e
insegnamento.
Vangelo Lc 18, 1-8
Dal vangelo secondo Luca
In quel
tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare
sempre, senza stancarsi mai:
«In una
città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In
quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi
giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’
di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho
riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò
giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore
soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse
giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà
forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il
Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».