Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Tempo
Ordinario
XX Domenica
(18 agosto
2013)
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Ger
38,4-6.8-10; Sal
39; Eb 12,1-4;
Lc 12,49-57
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Il punto
focale della liturgia di oggi è costituito dal v. 49 di Luca 12 :"Sono venuto a portare il fuoco sulla terra;
e come vorrei che fosse già acceso!". La luce che si sprigiona da
questa parola fa comprendere anche gli altri versetti sulla divisione che Gesù
sarebbe venuto a portare e sui segni dei tempi che occorre saper decifrare.
Nei vangeli
sono rari i momenti in cui Gesù apre il suo cuore mostrando il suo vissuto
interiore. Questa sua frase fa vedere cosa vive dentro di Lui. È consumato da
un fuoco interiore, dal fuoco di quello Spirito di cui era stato mostrato
ricolmo al momento del battesimo nel Giordano e in forza del quale si era
avviato risoluto a compiere fino in fondo la missione di rivelatore e testimone
supremo dell'amore del Padre agli uomini. Lui sa che quel fuoco lo porterà ad
un altro battesimo, quello della sua passione e morte e risurrezione, battesimo
che otterrà a tutti noi il dono del suo stesso Spirito e che condurrà anche noi
ad essere consumati dallo stesso fuoco. Questo fuoco che lo rode dentro è lo
stesso che vuole partecipare a noi.
Nel libro
del Deuteronomio 4,24 Dio era definito 'fuoco divorante' o, secondo un'altra
traduzione 'fuoco divoratore'. La stessa definizione è ripresa dalla lettera
agli Ebrei 12,29. Cosa significa?
Una prima
spiegazione può essere data da queste parole di Gregorio Magno: "Dio è
indicato come fuoco perché da Lui è erosa la ruggine dei peccati. Di questo
fuoco la Verità dice: Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e che altro
voglio se non che divampi? La terra indica infatti il cuore dei mondani che
accumulando in sé senza sosta pensieri malvagi finiscono calpestati dagli
spiriti maligni. Il Signore però manda il fuoco sulla terra quando accende col
soffio dello Spirito santo il cuore di chi vive secondo la carne. La terra arde
quando il cuore di chi vive così, gelido nelle sue voluttà perverse, abbandona
le bramosie del secolo presente e divampa nell'amore a Dio" (Omelie sui vangeli, XXX, 5).
È suggestiva
l'immagine del nostro cuore che diventa terra in quanto è calpestato dagli
spiriti maligni. La terra calpestata non produce nulla. Il fuoco è come se
'soffiasse' questa terra, la rende di nuovo capace di vita, di accogliere e far
fiorire i semi che la parola di Dio vi deporrà.
Ma c'è
un'altra spiegazione che ci introduce più addentro nel mistero del fuoco che è
il nostro Dio. Nel vangelo apocrifo di Tommaso si riporta una frase suggestiva
che antichi Padri ed esegeti moderni pensano essere propria di Gesù: "Chi
è vicino a me, è vicino al fuoco e chi è lontano da me, è lontano dal
regno". La spiegazione è data da Origene. L'uomo
che, dopo il battesimo, torna a peccare, per essere purificato, deve
avvicinarsi a Gesù, il cui amore tormenta il cuore dell'uomo fino a sciogliere
con l'ardore del suo fuoco tutto ciò che lo oppone a Lui e ai suoi fratelli. Ma
se l'uomo, con il suo peccato, chiuso nella sua vergogna o, per meglio dire,
nella sua presunzione, sta lontano da Gesù, allora per lui il Regno risulta inaccessibile
e non troverà né libertà né vita.
Ma c'è
ancora un'ulteriore spiegazione. Quando i due discepoli, in cammino verso Emmaus, incontrano Gesù risorto non dicono “Non
ci ardeva forse il cuore nel
petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le
Scritture?” (Lc 24,32) ? Ed il profeta Geremia,
sedotto dall'incontro con il suo Signore, non dice forse "Mi dicevo: “Non penserò più a lui, non
parlerò più in suo nome! ”. Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma
non potevo" (Ger 20,9)? Anche di questo tipo
è il fuoco del nostro Dio. E questo ci aiuta a comprendere più a fondo il fatto
che del fuoco di Dio si dice che è 'divorante', 'divoratore'. Dio è geloso, non
sopporta di essere preso soltanto in parte, di essere preso in 'coabitazione'
con altri. Il fuoco di Dio è divoratore delle divisioni del nostro cuore,
divisioni che causano dispersione, duplicità, menzogna, chiusure e quant'altro
c'è di cattivo nel cuore che gli impediscono di essere tutto unito e compatto,
teso ad un unico desiderio, capace di essere solidale con il suo Dio e con i
suoi fratelli, con ogni energia libera per essere impiegata a tale scopo. Il
cuore si unifica col fuoco: questa è la verità. E soprattutto questa è la
verità del nostro Dio. Lo sperimentiamo anche nella vita psicologica e
affettiva: quanto più una passione è forte, più tende a compattare tutto il
nostro cuore. Con la differenza che se il cuore si compatta per un desiderio
che non sia rappresentativo della totalità e profondità delle nostre
aspirazioni più vere, cadrà vittima di quel desiderio e risulterà coartato.
Alla fine si sentirà disperso e vuoto.
Ma tutto
questo esige un contraccolpo. Ed è quello che dice Gesù: "Pensate che io sia venuto a portare la pace
sulla terra? No, vi dico, ma la divisione" (v. 51). Se il fuoco di Dio
distrugge le divisioni nel nostro cuore, allora vuol dire che il cuore non deve
più temere le altre divisioni, sebbene dolorose e non volute. Non è possibile tenere
insieme tutto. E il cuore deve sentire che, per restare compatto in ciò che ha
di più essenziale, non può disperdere tale compattezza in ciò che risulta meno
essenziale o addirittura occasionale. È un discorso duro e non per nulla Gesù
parla anche di essere venuto a portare la spada, simbolo appunto delle
divisioni. Ma è inevitabile. È la legge dell'amore, del fuoco che arde dentro.
Solo l'esperienza ci farà capire fino in fondo che solo così viene
salvaguardata la libertà e la gratuità dell'amore. Come a dire: la carità non
equivale ad una buona intesa; è disposizione al martirio. Lo è stato per Gesù,
lo sarà di noi. Ed è una legge di vita. Anzi, la divisione che sembrerà opporti
agli altri non è che l'esplicitazione della disponibilità al sacrificio, per
amore degli altri, ormai partecipi del mistero della carità divina, del fuoco
divino. E anche ogni amore umano degno di questo nome resta attizzato da una
scintilla di questo fuoco divino.
La stessa
cosa vale per il riconoscimento dei segni dei tempi. Non si tratta tanto di
discernere dove va la nostra storia, del resto imprevedibile, ma di scoprire la
parte di storia sacra nella nostra storia personale. Discernere i segni dei
tempi significa scoprire l'azione di Dio nella nostra storia. E se siamo
lambiti da quel fuoco divino, come non discernere che ogni evento può essere
vissuto come introduzione al Regno, come apertura del Regno?
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Ger 38,4-6.8-10
Dal libro del profeta Geremia
In quei
giorni, i capi allora dissero al re: «Si metta a morte questo uomo, appunto
perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia
tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché questo uomo non cerca il
benessere del popolo, ma il male ».
Il re Sedecia rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re
infatti non ha poteri contro di voi». Essi allora presero Geremia e lo
gettarono nella cisterna di Malchia, principe regale,
la quale si trovava nell'atrio della prigione. Calarono Geremia con corde.
Nella cisterna non c'era acqua ma fango, e così Geremia affondò nel fango.
Ebed-Melech uscì dalla reggia e disse al re:
«Re mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al
profeta Geremia, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame sul posto,
perché non c'è più pane nella città». Allora il re diede quest'ordine a Ebed-Melech l'Etiope: «Prendi con te da qui tre uomini e fà risalire il profeta Geremia dalla cisterna prima che
muoia».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 39
Vieni presto, Signore, a liberarmi.
Ho sperato:
ho sperato nel Signore
ed egli su
di me si è chinato,
ha dato
ascolto al mio grido.
Mi ha tratto
dalla fossa della morte,
dal fango
della palude;
i miei piedi
ha stabilito sulla roccia,
ha reso
sicuri i miei passi.
Mi ha messo
sulla bocca un canto nuovo,
lode al
nostro Dio.
Molti
vedranno e avranno timore
e
confideranno nel Signore.
Io sono
povero e infelice;
di me ha
cura il Signore.
Tu, mio
aiuto e mia liberazione,
mio Dio, non
tardare.
Seconda Lettura
Eb 12, 1-4
Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, circondàti da un gran numero di testimoni, deposto tutto
ciò che è di peso e il peccato che ci intralcia, corriamo con perseveranza
nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e
perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta
innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia, e si è assiso alla
destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro
di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate
perdendovi d'animo.
Non avete
ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato.
Vangelo Lc 12, 49-57
Dal vangelo secondo Luca
In quel
tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a portare il fuoco sulla
terra; e come vorrei che fosse già acceso! C'è un battesimo che devo ricevere;
e come sono angosciato, finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a
portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi in una
casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre
contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre,
suocera contro nuora e nuora contro suocera».
[ Diceva
ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite:
Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà
caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del
cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da
voi stessi ciò che è giusto?». ]