Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Tempo
Ordinario
XVIII Domenica
(4 agosto
2013)
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Qo
1, 2; 2, 21-23; Sal
94; Col 3,1-5. 9-11; Lc 12,13-21
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La risposta
di Gesù all’uomo che gli chiedeva di usare la sua autorità per ottenere
giustizia in una questione di eredità svela l’intenzione nascosta di tante
nostre domande: cercare giustizia presso Dio nel nostro interesse non è forse
un diritto? Ma tale domanda è evangelica? In altri termini: il cuore può
trovare davvero soddisfazione? È fin troppo evidente che non si può vivere bene
senza giustizia, ma quale giustizia
assicura il vivere bene?
La
riflessione sapienziale della prima lettura, tratta dal libro del Qoelet, lo evidenzia molto bene: tutto è vanità. Vale a
dire: è fatica vana cercare nei beni di questo mondo la felicità. Il salmo
responsoriale fa ben intendere che l’illusione non deriva solo dalla
inconsistenza dei beni ma anche dalla fugacità del tempo: “Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del
cuore” (Sal 89/90, 11). Potremmo spiegare: chi
confida nelle cose si percepisce eterno e l’ansietà rispetto ai beni della
vita, con l’affanno per il cuore che porta, rivela la coda di paglia di un uomo
di poca fede. Anche Gesù lo rimarca chiaramente e la risposta a quell’ansietà
che divora e prostra il mondo si trova nelle parole riportate poco dopo il
brano di oggi: “Cercate piuttosto il suo
regno e queste cose vi saranno date in aggiunta” (Lc
12,31). Gesù l’aveva apertamente dichiarato: “Voi valete più di molti passeri” (v. 7); “quanto più degli uccelli valete voi” (v. 24), che pure Dio nutre; “quanto più farà per voi, gente di poca fede”
(v. 28), se Dio si premura di vestire così splendidamente l’erba nel campo!
L’illusione deriva dallo spostare la confidenza da Dio alle cose, con
l’aggravante che l’affanno per le cose impedisce la solidarietà con i fratelli.
È quanto si
deduce dalla risposta di Gesù che fa riformulare le domande in modo più
pertinente. Che tipo di giudizio Gesù formula? Il suo giudizio non riguarda
questo mondo, ma il mondo futuro, che però si gioca in questo mondo, come
illustra anche la seconda lettura. L’uomo cerca i beni di questo mondo per
vivere bene, ma – ricorda Gesù – il vivere bene non dipende dai beni di questo
mondo. La parabola dell’uomo ricco che aveva accumulato molti beni, nel suo
significato più immediato, è chiara. Corrisponde al senso di molti altri passi
evangelici: che giova all’uomo guadagnare il mondo se poi rovina se stesso o
muore? (cfr Lc 9,25). Non si tratta però di scegliere
tra la povertà evangelica e la ricchezza, ma tra la cupidigia e la solidarietà:
“Così è di chi accumula tesori per sé e
non si arricchisce presso Dio”. Ecco la domanda meglio posta: come
arricchire davanti a Dio? I beni di questo mondo, di cui abbiamo assoluto
bisogno per vivere, portano vita se ci fanno arricchire presso Dio, ci
rimandano cioè alla confidenza in Lui e alla solidarietà in umanità perché Lui
sia benedetto come Padre di tutti.
Sembra che
l’uomo non possa evitare questa contraddizione: i beni affascinano, ma non
soddisfano; il regno di Dio è proclamato soddisfarci, ma non ci affascina più
di tanto, almeno come noi ci immaginiamo o vorremmo! La profondità della
portata delle parole di Gesù risalta più avanti, nel v. 32: “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre
vostro è piaciuto dare a voi il Regno”. Contrapposto ai beni sta il Regno. Noi siamo ancora nella condizione
di percepire la natura dell’offerta di Gesù con il suo parlare della
benevolenza del Padre che in lui ci fa gustare il suo Regno? Riusciamo ancora a sognare cosa possa comportare l’invito: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in
eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo” (Mt 25,
34)? In effetti, si tratta di una rivelazione singolare, che risalterà ancora
di più quando leggeremo domenica prossima il seguito del nostro brano.
La
rivelazione di Gesù procede per due passaggi: prima risponde alla folla, poi ai
discepoli. Rispondendo alla folla indica come la discriminante per la giustizia
in questo mondo risulti dal fatto di stare solidali con l’umanità. Alla
domanda: come ci si arricchisce davanti a Dio, la Scrittura dà una risposta
univoca: dando al povero (Pr 3,27; Is 58,7). La
solidarietà con chi è nel bisogno rende la vita degna di essere vissuta. Allora chi è il ricco? È colui che
assomiglia a Gesù: “egli, pur essendo
nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò
se stesso assumendo una condizione di servo...” (Fil 2,6-7). Dietro
l’ammonizione di Gesù, si nasconde anche questa rivelazione.
Gesù
continua poi a spiegarsi con i discepoli e risponde alla domanda: qual è la
radice della confidenza nella vita? Sta forse nei beni di questo mondo? No! Sta
nell’alleanza con Dio, la cui fruizione permette quel vivere bene che il nostro cuore cerca, a volte troppo
affannosamente, solo nei beni di questo mondo. Se prima si sottolineava che i
beni vanno condivisi, adesso si sottolinea che il bene vero è l’accoglienza del
desiderio di prossimità all’uomo da parte di Dio, che in Gesù si fa manifesta:
al Padre è piaciuto dare a voi il regno. Tutte le parole di Gesù sono l’eco di
questa rivelazione. Qui si radica quella confidenza
capace di aprire la vita, capace di aprirci alla vita, attraversando l’usura
del tempo e l’inconsistenza dei beni. Qui si radica l’opposto di quella
cupidigia che scardina il cuore dell’uomo e che rende la vita una battaglia
persa per la felicità. Cercare prima di tutto il Regno è volere prima di tutto la compagnia di Dio, voler godere la
benevolenza di Dio nella nostra vita. Godere la benevolenza porta ad offrirla,
a condividerla, a vivere i beni nell’ottica di una benevolenza condivisa. Il
segreto? La possibilità di imparare a percepire, nelle parole della voce che
dice: “Non temere, piccolo gregge, perché
al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno”, la tenerezza con cui
quella voce risuona. Come a dire: il cuore dell’uomo cerca una pienezza che
nessuna delle ragioni del mondo soddisfa. Le ragioni del mondo non riescono a
dare ragione delle ragioni del cuore. Solo in quella voce quelle ragioni trovano quiete.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Qo 1,2; 2,21-23
Dal libro del Qoèlet
Vanità delle
vanità, dice Qoèlet,
vanità delle
vanità: tutto è vanità.
Chi ha
lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua
parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un
grande male.
Infatti,
quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del
suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che
dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è
vanità!
Salmo Responsoriale
dal Salmo 89
Signore, sei stato per noi un
rifugio di generazione in generazione.
Tu fai
ritornare l’uomo in polvere,
quando dici:
«Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni,
ai tuoi occhi,
sono come il
giorno di ieri che è passato,
come un
turno di veglia nella notte.
Tu li
sommergi:
sono come un
sogno al mattino,
come l’erba
che germoglia;
al mattino
fiorisce e germoglia,
alla sera è
falciata e secca.
Insegnaci a
contare i nostri giorni
e
acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna,
Signore: fino a quando?
Abbi pietà
dei tuoi servi!
Saziaci al
mattino con il tuo amore:
esulteremo e
gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di
noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda
per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera
delle nostre mani rendi salda.
Seconda Lettura
Col 3,1-5. 9-11
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Colossèsi
Fratelli, se
siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla
destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della
terra.
Voi infatti
siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo,
vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella
gloria.
Fate morire
dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri
cattivi e quella cupidigia che è idolatria.
Non dite
menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue
azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad
immagine di Colui che lo ha creato.
Qui non vi è
Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione,
barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.
Vangelo Lc 12, 13-21
Dal vangelo secondo Luca
In quel
tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida
con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o
mediatore sopra di voi?».
E disse
loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se
uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse
loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto
abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei
raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri
più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso:
Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati,
mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti
sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è
di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».