Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Tempo
Ordinario
XVII Domenica
(28 luglio
2013)
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Gn
18, 20-21. 23-32; Sal
137; Col 2, 12-14; Lc 11, 1-13
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La liturgia
ci introduce oggi al mistero della preghiera. Vedendo pregare Gesù, i discepoli
devono aver colto qualcosa del mistero
della sua preghiera, tanto da indurli a desiderare intensamente la stessa cosa
per loro. Quando Gesù risponde apre come una finestra sul suo mondo interiore e
contemporaneamente la apre sul nostro mondo interiore. E insegna la preghiera
del Padre Nostro. Se Gesù insegna il Padre
nostro, vuol dire che ciò che rendeva singolare la sua preghiera era
l’intensità di intimità con quel Padre
di cui custodiva i comandamenti, di cui annunciava la prossimità, di cui
svelava il volto, di cui mostrava la verità nell’amore all’uomo e di cui
suscitava la nostalgia in questo mondo.
La
profondità di tale rivelazione è svelata dalla preghiera di intercessione di
Abramo. Il brano è introdotto dal pensiero del Signore: “Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre
Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno
benedette tutte le nazioni della terra?”, secondo la proclamazione del
salmo: “Il Signore si confida con chi lo
teme: gli fa conoscere la sua alleanza” (Sal
25,14), che nel testo ebraico suona: “Il
segreto (o l’intimità) del Signore è per quanti lo temono”. Abramo, che si
sente polvere e cenere, può parlare al suo Signore da dentro l’alleanza che gli
è stata offerta e alla quale ha aperto il suo cuore in tutta fiducia.
Quando
intercede per Sodoma è come osasse richiamare il
Signore alla sua dignità di giustizia
e di misericordia, come a lui si era rivelato. Abramo sapeva che non erano
bastati otto giusti per salvare l’umanità dal diluvio (nell’arca si salvano
Noè e quelli della sua famiglia, otto in tutto). Nella sua intercessione
si ferma dunque a dieci: se ci fossero dieci giusti nella città, come potrà il
Signore distruggerla, proprio per riguardo a quei dieci? Ma l’umanità non ha
dieci giusti, ne ha uno solo: quel Figlio di Dio fatto uomo, l’unico Giusto.
Sarà per riguardo a lui che Dio abbandona la sua giustizia per mostrare la sua misericordia.
Ogni preghiera si fa forte presso Dio per la forza di quel Giusto che costringe
Dio alla misericordia. Sarà quel Giusto a mostrare il volto di misericordia del
Padre.
La
tradizione ebraica è unanime nel riconoscere ad Abramo la condivisione dei
sentimenti di Dio tanto che sembra che il servo custodisca il senso
dell’alleanza in favore di tutti i popoli in modo più sollecito dell’Altissimo.
E in questo piace all’Altissimo. Negli antichi racconti su Abramo si fa notare
che quando un uomo prega con devozione può star sicuro che la sua preghiera
sarà esaudita, perché è detto: “Il
desiderio degli umili tu sempre ascolti, Signore, disponi il loro cuore, fai
attento il tuo orecchio” (Sal 10,17). Nessuno ha
pregato con tale fervore come Abramo: “Lontano
da te agire in questo modo, il far morire il giusto con l’empio, così che il
giusto sia trattato come l’empio; lontano da te!”. Quando l’Altissimo vide
come intercedeva perché non distruggesse il mondo, lo lodò: “Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo,
sulle tue labbra è stata versata la grazia” (Sal
45,3).
Nella
tradizione cristiana si sottolinea costantemente che ogni nostra richiesta a
Dio, se non può essere ricondotta ad una domanda del Padre Nostro, non sarà esaudita. E tutte le richieste confluiscono
in una sola, come la conclusione della spiegazione di Gesù mostra chiaramente:
“ ... quanto più il Padre vostro del
cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!”. Raramente
abbiamo coscienza nella nostra preghiera che questa sia la domanda essenziale.
Probabilmente, perché non abbiamo né coscienza dell’urgenza che ci agita dentro
né della confidenza di cui ci è dato l’accesso.
L’invadenza
dell’amico importuno fa pensare alla mancanza di ritegno della donna cananea
(cfr. Mt 15, 28), all’insistenza della vedova presso il giudice disonesto (cfr.
Lc 18,1-8). E dire che Dio esaudisce prontamente le suppliche dei suoi
eletti, quando la verità della storia è lì a provare il contrario, come tutti
ne facciamo amaramente esperienza, significa riconoscere che solo la richiesta
di Spirito Santo sarà esaudita. Vale a dire, sarà esaudito l'anelito del cuore
che non si accontenta delle cose che provengono da Dio, ma che cerca proprio
Dio, la confidenza con lui. Allora, per le cose di cui abbiamo bisogno, prima
che di richiesta, si tratta di affidamento: abbiamo fiducia che Dio dispone
ogni cosa per il nostro bene. Non
possiamo pregare se non da dentro quell’alleanza di benevolenza di cui ci ha
fatto dono. Fare la volontà di Dio significa prima di tutto fidarsi del proprio
Dio, dare credito al suo amore e cercare di stare con Lui, non di avere i suoi
doni. Se la preghiera è questo, allora non c'è preghiera che non venga
esaudita. Dio cerca adoratori e amici, non semplicemente 'consumatori',
'utenti', 'fruitori', 'clienti', termini che ben si addicono a quanti ricercano
prima di tutto le cose.
L’insistenza
di Gesù: “Chiedete e vi sarà dato,
cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” allude alla fatica della
preghiera che si muove su due direttrici, quella della profondità e quella
dell’intimità. In funzione della profondità lavora la pazienza. Pregare costa
fatica. Diversamente da quanto ci si
immagina, la preghiera, per diventare spontanea e forte, deve prima essere
tenace. Non è così facile pazientare con il proprio cuore, accettare i suoi
tempi, accettare i tempi di Dio, in tutta pace. Non è così agevole entrare nel
proprio cuore per poterlo offrire, tutto, a Dio. In funzione dell'intimità
invece lavora la sincerità. Non siamo mai sinceri davanti a Dio (ancor meno
davanti agli altri e spesso davanti a noi stessi). Dove non c'è sincerità non
c'è intimità e dove manca intimità l'incontro è freddo e banale. La sincerità
dà ali alla preghiera. Imparare ad essere sinceri, fino in fondo, senza barare,
è la credenziale migliore alla porta del cielo. E la sincerità migliore è data
da un’intercessione del genere: “O Signore del mondo. So che non ho virtù o
meriti che ti autorizzino a mandarmi in paradiso dopo la mia morte. Ma se è tua
volontà mandarmi all'inferno in mezzo agli empi, sai che non sono fatto per
intendermela con loro. Quindi, ti prego di portare fuori dall'inferno tutti i
malvagi prima di spedirmi laggiù”.
La
drammaticità della logica della preghiera (ottieni se chiedi, non
necessariamente ciò che chiedi) è la drammaticità di una relazione d’amore,
espressa proprio dalla preghiera di quel Giusto di cui viene detto: “Nei giorni della sua vita terrena egli offrì
preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da
morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio,
imparò l’obbedienza da ciò che patì” (Eb 5,7-8).
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Gn 18, 20-21. 23-32
Dal libro della Gènesi.
In quei
giorni, disse il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave.
Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto
il grido fino a me; lo voglio sapere!».
Quegli
uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma,
mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore.
Abramo gli
si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi
sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai
a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te
il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come
l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la
giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò
cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto
quel luogo».
Abramo
riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere
e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque
distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò
quarantacinque».
Abramo
riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta».
Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il
mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non
lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio
Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per
riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora
una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò
per riguardo a quei dieci».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 137
Nel giorno in cui ti ho invocato mi
hai risposto.
Ti rendo
grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai
ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli
dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro
verso il tuo tempio santo.
Rendo grazie
al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la
tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno
in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai
accresciuto in me la forza.
Perché
eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo
invece lo riconosce da lontano.
Se cammino
in mezzo al pericolo, tu mi ridoni vita;
contro la
collera dei miei avversari stendi la tua mano.
La tua
destra mi salva.
Il Signore
farà tutto per me.
Signore, il
tuo amore è per sempre:
non
abbandonare l’opera delle tue mani.
Seconda Lettura
Col 2, 12-14
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Colossèsi
Fratelli,
con Cristo sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede
nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.
Con lui Dio
ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non
circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il
documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo
ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce.
Vangelo Lc 11, 1-13
Dal vangelo secondo Luca
Gesù si
trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli
disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi
discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
“Padre,
sia
santificato il tuo nome,
venga il tuo
regno;
dacci ogni
giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a
noi i nostri peccati,
anche noi
infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non
abbandonarci alla tentazione”».
Poi disse
loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico,
prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla
da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la
porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per
darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo
amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene
occorrono.
Ebbene, io
vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà
aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà
aperto.
Quale padre
tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del
pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che
siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre
vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».