Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Tempo
Ordinario
XII Domenica
(23 giugno
2013)
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Zc
12,10-11; 13,1; Sal 62; Gal 3,26-29; Lc 9,18-24
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Il mistero
della persona di Gesù non viene mai meno. Nonostante tutte le sue spiegazioni e
nonostante la confessione, pur sincera, degli apostoli, quel mistero permane,
come permane ancora per noi sia nel suo fascino sia nella sua insondabilità.
Gesù si avvicina gradualmente al cuore dei suoi apostoli. Prima chiede: “Le folle, chi dicono che io sia?” e poi:
“Ma voi, chi dite che io sia?”.
Matteo colloca l’episodio a Cesarea di Filippo, Marco nel viaggio di Gesù a
Gerusalemme, Luca è il solo ad annotare: “…mentre
Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui…”.
Come a sottolineare: è da dentro la preghiera che scaturiscono domanda e
risposta, perché le domande e le risposte vere non sono curiosità intellettuali
ma riguardano la verità di cui ha bisogno il cuore per vivere e solo nella
preghiera il cuore può lambire quella verità. Per Gesù, le domande nascono
dalla volontà di fedeltà al Padre e nascono nella preghiera perché qui si
esprime tutto il contenuto di intimità che quella volontà di fedeltà comporta.
Così è per i discepoli, con la differenza che per loro, che non conoscono
ancora quella intimità con il Padre, c’è bisogno prima di vedere come prega
Gesù, di restare affascinati dalla intensità della sua preghiera, per
desiderare a loro volta la stessa cosa. E anche per loro, la risposta
scaturisce da quel contesto di preghiera partecipato: tu sei “il Cristo di
Dio”, come a dire: tu sei Colui che viene da Dio, che ci sveli il volto di Dio,
tu sei il Messia. Ma Gesù sa fin troppo bene che dietro allo slancio del cuore,
non c’è ancora tutta la loro mente, non ci sono ancora tutte le loro energie
interiori perché i misteri di Dio hanno bisogno di tempo per conquistare
l’uomo, che non si rassegna mai a perdere le sue ‘idee’ di Dio.
La liturgia
accompagna la rivelazione da parte di Gesù della sua passione con il brano di
Zaccaria: “Riverserò sopra la casa di
Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di
consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto”, che Giovanni
sfrutterà nel suo racconto (Gv 19,37). Il misterioso ‘trafitto’ della visione
profetica richiama Gesù che annuncia ai suoi apostoli quello che gli accadrà a
Gerusalemme. Nel racconto parallelo di Matteo, Pietro rifiuta questa
rivelazione e viene aspramente rimproverato da Gesù: “Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi
secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Pietro ha voluto mettersi davanti a
Gesù, ma Dio, secondo la testimonianza di Es 33,20-23, si può vedere solo di
spalle. Il che significa: solo accettando di camminare per dove Dio indica lo
si potrà vedere in verità. E ancora: solo disponendoci a praticare la sua
parola si può scoprire la verità della promessa di vita che la sua parola
comporta. Solo stando dietro il Maestro si potrà scoprire il Volto di Dio in
verità nel suo amore per gli uomini.
Quando Gesù,
subito dopo, invita i discepoli a rinnegare se stessi, prendere la croce e
seguirlo, non fa che estendere a tutti il rimprovero rivolto a Pietro. Potremmo
intendere le cose così. Pietro, nel rimproverare Gesù, aveva probabilmente
temuto per sé. Se Gesù, il Messia, avesse dovuto subire tutti quei tormenti,
certamente sarebbe svanito il prestigio dell’essere ‘compagno’ del Messia. E
allora che ne sarebbe stato di lui? Il ‘rinnegare se stessi’ vale in rapporto
al mistero di Dio che in Gesù si fa prossimo agli uomini per la potenza del suo
amore tanto da far scaturire la vita proprio là dove gli uomini mai la
cercherebbero. Se gli uomini pensano in prospettiva mondana come potranno
vedere i segreti di Dio? La rinuncia a ogni prospettiva mondana è la condizione
per accogliere il mistero di Gesù che sulla croce rivela lo splendore
dell’amore, motivo di ogni rinuncia a qualsiasi cosa che non sia collegabile o
derivante da quell’amore. D’altronde qui risiede tutta la dignità della vita.
Il portare la croce non si riferisce primariamente alla fatica del vivere, ma
alla condizione perché la fatica del vivere risulti fruttuosa: la rinuncia ad
ogni prospettiva mondana ci apre alla rivelazione dell’amore di Dio nella
nostra vita, amore che possiamo cogliere in tutto il suo splendore proprio
nella croce di Gesù. Seguire Gesù significa essere partecipi di questa
rivelazione fino a viverla nel concreto della propria vita per dare spazio alla
stessa dinamica di amore.
Un esempio
dell’immensità di orizzonte e quindi della sfida che comporta per l’uomo la
verità che viene da Dio ci è riportato dal brano della lettera ai Galati: “Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né
libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”.
Quale sfida per l’uomo! Eppure quella verità fa parte dei segreti di Dio
svelati all’uomo da Gesù. Nell’accogliere quei segreti sperimentiamo
l’intensità e la profondità di quell’amicizia con l’uomo che Gesù ci ha offerto
da parte di Dio. Tra il desiderio del cuore e l’accoglimento del mistero di
Gesù si pone con tutto il suo peso la sfida di Dio che spesso si presenta
debole, disprezzato, capace di mettersi nelle mani degli uomini per essere
vilipeso e condannato. I comandamenti del Signore, rispetto alla sapienza del
mondo che pervade la nostra carne, non hanno spesso quella stessa risonanza,
quella per la quale non ci sentiamo attirati, ma come impauriti, respinti?
I discepoli
accettano con gioia Gesù, ma faticheranno molto ad accettare la sua passione e
morte. Accettare la realtà di Dio non è così agevole per l’uomo, perché l’uomo
non ha mai abbandonato la ‘pretesa di bene’ dimenticando che il bene è tale
solo se rivela Dio. Così il mistero di Gesù si riflette nel mistero della vita
del discepolo di Gesù. Ma se il discepolo, oltre allo slancio del cuore, avrà
la pazienza di misurare le sue ‘idee’ fino ad accantonarle pur di accogliere la
verità che viene da Gesù, a dispetto di ogni altra aspettativa, allora
incomincerà a godere di quella ‘amicizia’ che lo mette a parte dei segreti di
Dio. E una volta che si sente custodito in quella offerta di amicizia, non
basterà il mondo intero a dissuaderlo, pur sapendo che sarà proprio la
‘debolezza’ di Dio a custodirlo e non la sua forza.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Zc
12, 10-11; 13.1
Dal libro del profeta Zaccarìa
Così dice il
Signore:
«Riverserò
sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia
e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto. Ne faranno il
lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il
primogenito.
In quel
giorno grande sarà il lamento a Gerusalemme, simile al lamento di Adad-Rimmon
nella pianura di Meghiddo.
In quel
giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una
sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 62
Ha sete di te, Signore, l'anima mia.
O Dio, tu
sei il mio Dio,
dall’aurora
io ti cerco,
ha sete di
te l’anima mia,
desidera te
la mia carne
in terra
arida, assetata, senz’acqua.
Così nel
santuario ti ho contemplato,
guardando la
tua potenza e la tua gloria.
Poiché il
tuo amore vale più della vita,
le mie
labbra canteranno la tua lode.
Così ti
benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome
alzerò le mie mani.
Come saziato
dai cibi migliori,
con labbra
gioiose ti loderà la mia bocca.
Quando penso
a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di
gioia all’ombra delle tue ali.
A te si
stringe l’anima mia:
la tua
destra mi sostiene.
Seconda Lettura
Gal 3, 26-29
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Gàlati
Fratelli,
tutti voi siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti
siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo.
Non c’è
Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché
tutti voi siete uno in Cristo Gesù.
Se
appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la
promessa.
Vangelo Lc 9, 18-24
Dal vangelo secondo Luca
Un giorno
Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed
egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi
risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi
profeti che è risorto».
Allora
domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di
Dio».
Egli ordinò
loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse –
deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e
dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Poi, a
tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso,
prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita,
la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà».