Quarto ciclo
Anno liturgico C (2012-2013)
Tempo Ordinario
XI
Domenica
(16 giugno 2013)
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Sam 12,7-10.13; Sal 31; Gal 2,16.19-21; Lc 7,36-8,3
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“Ma
la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli” (Lc 7,35)
così l’evangelista introduce il racconto dell’incontro singolare e toccante
della peccatrice con Gesù, il quale si era appena descritto come “un mangione e un beone, un amico di pubblicani
e di peccatori”. Lei fa parte del numero di quei figli che danno lode alla sapienza riconoscendo i segreti di Dio.
Due sono gli episodi narrati nei
vangeli a proposito di una unzione di
Gesù da parte di una donna. Uno, riportato da Luca, nella casa di un fariseo,
per mano di una donna peccatrice che piange sui piedi di Gesù e li asciuga con
i suoi capelli e li cosparge di olio profumato insieme ai suoi baci. L’altro, a
Betania, poco prima della passione: Matteo e Marco riferendo di una donna che versa
sul capo di Gesù un olio profumato in casa di Simone il lebbroso; Giovanni, invece, riferendo di Maria, sorella
di Lazzaro, che unge con nardo genuino i piedi di Gesù, suscitando la reazione
dei discepoli che gridano allo spreco.
Le accentuazioni del racconto di
Luca sono assolutamente particolari. Anzitutto il contesto. Gesù accetta
benevolmente l’invito a pranzo da un fariseo che mostra buoni sentimenti verso
di lui. Il fariseo non sa bene con chi veramente ha a che fare e Gesù lo
istruisce sul mistero del regno dei cieli attraverso la sua parabola e il suo
comportamento. Il centro della scena in effetti non è dato dalle espressioni di
amore della donna, pur così tenerissime e espresse come se il mondo attorno non
esistesse nemmeno tanto era rapito il suo cuore, ma dal comportamento di Gesù
che accoglie quelle manifestazioni, le sa leggere svelandone il dinamismo
segreto e cercando di aprire il cuore all’amico fariseo. Il centro è dato dalla
grazia dell’amore ricevuto, dall’amore di Gesù che ha toccato e sanato il cuore
della donna peccatrice, secondo la verità proclamata dalle parole del canto al
vangelo: “Dio ha amato noi e ha mandato
il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4,10).
È la scoperta di una vita! Lei ne ha fatto esperienza viva e tutti i suoi
gesti, semplici e splendidi, rivelano proprio quell’esperienza e a questa Gesù
richiama il fariseo. Il dramma dell’uomo è dato dal fatto che si può nascondere
all’amore del Signore sotto il manto della propria millantata giustizia.
Quando Gesù racconta la sua parabola
per illustrare al fariseo l’agire di Dio, è come se ricordasse che l’uomo non
può dare in cambio a Dio qualcosa per saldare il suo debito. Non può dare
nulla, ma il suo amore sì. E l’amore è più grande tanto più grande è la
coscienza del proprio debito, perché Dio condona proprio tutto il debito. Tra
l’altro, l’episodio sembra rispondere all’accusa verso Gesù che è ‘un beone e
un mangione, un amico di pubblicani e di peccatori’. Sì, si tratta di quel
‘beone e mangione’ ma che conosce i segreti di Dio, che attende i cuori al
varco e che svela a tutti la misericordia perdonante di Dio, perché questa è la
sua gloria: vedere l’uomo riconciliato con Lui, convinto dal suo amore.
L’esperienza appare sicuramente desiderabile, ma non è affatto scontata, tanto
è vero che i pensieri del cuore degli uomini sembrano muoversi in altre
direzioni. Tutto il racconto del vangelo mostra la difficoltà per gli uomini di
accogliere la via di Dio. Ma non esiste un’altra via di Dio; la via è proprio
Gesù, perché svela in verità il volto di Dio, dandoci la Sua vita, che è tutta
la nostra vita.
Solo l’episodio raccontato da Luca
riporta il particolare delle lacrime e s. Ambrogio suggerisce: “Proprio per
questo, forse, Cristo, non ha lavato i propri piedi, affinché noi glieli
laviamo con le lacrime. Lacrime benedette, che non soltanto possono lavare la
nostra colpa, ma anche bagnare i piedi del Verbo celeste, affinché i suoi passi
abbondino dentro di noi”. Le lacrime non parlano soltanto della vergogna del
nostro peccato, ma del desiderio di Dio che ha toccato il nostro cuore; parlano
della bellezza del nostro cuore che è fatto per Dio e per rispondere al suo
amore. Quando il mondo scompare, quando anche l’io non è più ingombrante,
allora il cuore sta solo con il suo Signore e sa che può star lì perché il
Signore si è fatto solidale con la nostra umanità peccatrice. Ed è per questo
che quando ritorna alla vita quotidiana, un cuore siffatto non custodisce
semplicemente in sé la grazia dell’incontro, ma si fa memoria vivente di
quell’amore misericordioso per il mondo.
La frase finale pronunciata da Gesù
: “La tua fede ti ha salvata; va’ in
pace!” si carica allora di un significato potente. La fede ha a che fare
con l’esperienza dell’essere perdonati, del vedere la propria verità di
peccatore, senza accampare ragioni di sorta, davanti a un Dio che ti circonda
della sua benevolenza, che non aspetta altro che di tirarti a sé. Tutto il
mondo circostante (pensieri, giudizi, eventi, persone) non ha più alcuna presa
sul cuore. Il perdono ricevuto non semplicemente acquieta ma ridà dignità nuova
per vivere nella grazia di quel perdono.
La donna non proferisce parola
alcuna; non ne ha bisogno. È tutta nei suoi gesti. Il suo cuore gode della
beatitudine descritta dal salmo responsoriale: “Beato l’uomo a cui è tolta la colpa e coperto il peccato. Beato l’uomo
a cui Dio non imputa il delitto e nel cui spirito non è inganno”. Gregorio
Magno annota che quella donna non poteva avere alcuna vergogna esteriore tanto
era assorta nella sua vergogna interiore. Il fariseo non interviene per
allontanarla perché non infastidisca l’ospite, in quanto si è reso conto
dell’accondiscendenza silenziosa e mite di Gesù verso di lei. Lei non vede
nessun altro se non Gesù; anzi, vede solo i suoi piedi, si è rannicchiata ai
suoi piedi, piange e asciuga e bacia e unge di profumo i suoi piedi. In quei
gesti passa tutta la sua anima; non ha bisogno di alcuna parola, di alcun
sguardo: sente il cuore di Gesù come lui sente il suo. La scena è così potente
che s. Ambrogio può interpretarla come immagine della Chiesa che risponde
all’amore del Cristo. Nell’offerta del suo amore la Chiesa è peccatrice non
perché ‘semper reformanda’, ma perché, come Cristo assume l’aspetto del
peccatore, così la Chiesa prende la figura della peccatrice: è la Chiesa che
ama in quella donna; è la Chiesa che ama in Paolo, che ama in Pietro, che ama
nei suoi santi.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
Prima
Lettura 2 Sam 12, 7-10. 13
Dal secondo
libro di Samuele
In quei giorni, Natan disse a
Davide: «Così dice il Signore, Dio d’Israele: Io ti ho unto re d’Israele e ti
ho liberato dalle mani di Saul, ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo
nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa d’Israele e di
Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi aggiungerei anche altro.
Perché dunque hai disprezzato la parola
del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Urìa
l’Ittìta, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli
Ammonìti.
Ebbene, la spada non si allontanerà
mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la
moglie di Urìa l’Ittìta».
Allora Davide disse a Natan: «Ho
peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha rimosso il
tuo peccato: tu non morirai».
Salmo
Responsoriale dal Salmo 31
Togli, Signore, la mia colpa e il mio peccato.
Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il
delitto
e nel cui spirito non è inganno.
Ti ho fatto conoscere il mio
peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le
mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio
peccato.
Tu sei il mio rifugio, mi liberi
dall’angoscia,
mi circondi di canti di liberazione.
Rallegratevi nel Signore ed
esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate
di gioia!
Seconda
Lettura Gal 2, 16. 19-21
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Fratelli, sapendo che l’uomo non è
giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù
Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la
fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge
non verrà mai giustificato nessuno.
In realtà mediante la Legge io sono
morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e
non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la
vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso
per me.
Dunque non rendo vana la grazia di
Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano.
Vangelo Lc 7,36 - 8,3
Dal vangelo secondo Luca
[In quel tempo, uno dei farisei
invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a
tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si
trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso
i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con
i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.
Vedendo questo, il fariseo che
l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e
di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
Gesù allora gli disse: «Simone, ho
da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva
due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo
essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo
amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di
più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene».
E, volgendosi verso la donna, disse
a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato
l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha
asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da
quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con
olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io
ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece
colui al quale si perdona poco, ama poco».
Poi disse a lei: «I tuoi peccati
sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui
che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha
salvata; va’ in pace!».]
In seguito egli se ne andava per
città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio.
C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti
cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti
sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e
molte altre, che li servivano con i loro beni.