Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Tempo
Ordinario
X Domenica
(9 giugno
2013)
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1Re
17,17-24; Sal
29; Gal 1,11-19; Lc 7,11-17
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Il brano di
vangelo di oggi con il miracolo del richiamo alla vita del ragazzo morto, per
la compassione che Gesù prova verso sua madre, vedova, va letto con la
conseguenza che ne deriva rispetto alla fede in lui. In effetti, subito dopo
Luca narra della risposta di Gesù ai due discepoli inviati da Giovanni
Battista: “Sei tu colui che deve venire o
dobbiamo aspettare un altro?”. È la domanda di una vita. Di Giovanni
Battista, anzitutto. Tutta la sua vita era consistita nel predisporre la via a
un Altro: ‘bisogna che lui cresca e io
diminuisca’. Accoglierne il mistero non significa però saperne in anticipo
l'esito. Significa, più semplicemente ma più sinceramente, stare disposto ad
accogliere comunque tutta l'esperienza umana e spirituale che quel mistero
comporta nel suo dispiegamento. Così Giovanni, in carcere, alla fine della
vita, riformula la stessa domanda con un risvolto angosciante: mi sono forse
illuso? È lui quel Tu che tutti attendono e che io sono stato chiamato a
svelare al mondo?
Coloro che
assistono al miracolo per la vedova di Nain
proclamano pieni di stupore: “Un grande profeta è sorto tra noi “ e “Dio ha
visitato il suo popolo”, richiamandosi evidentemente al profeta Elia, di cui la
prima lettura di oggi riporta un identico miracolo. Ma Gesù non è semplicemente
un grande profeta e quel miracolo è soltanto allusivo di quella ‘potenza’ di
salvezza che si compirà con la sua morte e risurrezione. Il miracolo è inserito
nella compassione che Gesù vive, compassione a cui spesso il racconto
evangelico rimanda come segno della grandezza dell’amore del Padre per tutti i
suoi figli, di cui Gesù è il Testimone per eccellenza. La compassione di Gesù
rimanda al desiderio che lavora il suo cuore in vista dello svelamento del
segreto di Dio nel suo amore per gli uomini (cfr Lc 12,50;
22,15) che apparirà in tutto il suo splendore nella sua morte e risurrezione. I
cuori, per aprirsi all’accoglimento del segreto di Dio per loro, sono invitati
sentire quella compassione di Gesù per loro, per la loro umanità, per la loro
storia. Compassione che, a sua volta, sarà provata dai cuori quando guarderanno
a Colui che hanno trafitto. L’incontro dei due sentimenti di compassione genera
il processo della salvezza.
Gesù chiude
la sua risposta agli inviati del Battista con l’affermazione: ‘beato è colui che non trova in me motivo di
scandalo’, che costituisce la firma apposta da Gesù in calce alla vita ed
alla persona del Battista. Il volto di Dio lo vedono coloro che non si
scandalizzano della sua piccolezza
quando, ormai sfigurato sulla croce, allorché nemmeno d'uomo aveva più
l'aspetto, accolgono tutto il mistero di Dio nel suo amore agli uomini, vedono
cioè la sua scelta di essere Dio per gli uomini, non di sembrarlo soltanto.
La domanda
di Giovanni Battista non è che l’eco dell'angoscia di Gesù al Getsemani e al Calvario dove la sua piccolezza raggiunge la punta massima, ma dove si rivela in tutto
il suo splendore la grandezza di Dio. E la domanda del Battista, come quella
che resta nascosta nel cuore di coloro che assistono al miracolo di Gesù, è
anche la nostra domanda di credenti che sempre ci troviamo confrontati, lungo
il percorso della nostra vita, con il mistero della scoperta del vero Volto di
Dio. L'esito dell'incontro con Dio non è mai scontato. L’esperienza che siamo
invitati continuamente a fare va sempre al di là di quello che ci immaginiamo o
ci aspettiamo: in gioco è l'incontro con il Dio Vivente e non con un simulacro
di Dio che risulterebbe soltanto la proiezione delle nostre pretese. Ma tutto
questo esige l'entrata nella piccolezza
di Dio a cui risponde, specularmente, la piccolezza
dell’uomo che trova vita, se la perde, che vive se è capace di morire, che si
ritrova libero se rinnega se stesso, ecc., al seguito ‘del più piccolo nel
Regno dei Cieli’, cioè Gesù.
Il movimento
interiore del Battista esprime la traiettoria dello stesso movimento che
caratterizza il nostro cuore. Anche noi siamo nella sua condizione e, come lui,
per vivere fino in fondo la nostra vocazione all'umanità, abbiamo bisogno di
affidarci all'Inviato di Dio e di imparare a modellare le nostre attese sul
compimento effettivo delle opere di Dio che in Gesù si manifestano.
Quando
Paolo, nella sua lettera ai Galati, si richiama alla
potenza di rivelazione del vangelo che ha cambiato la sua vita vuole come invitarci ad attendere la
manifestazione del Salvatore al nostro cuore finché essa diventi radice di
letizia. Solo allora non scambieremo più le nostre opere con la pretesa di
giustizia o la nostra scienza con la rivendicazione di potere e sapremo
rapportarci a tutti nella condivisione di quella letizia che fa conoscere a
tutti l'amore salvatore di Dio. L’inizio dell’accoglimento dell’amore salvatore
di Dio è dato dallo stupore e dal timore che la gente prova nel vedere le
azioni di Gesù, nel notare i suoi sentimenti. E questo sarebbe uno degli esiti
della lettura del racconto evangelico per i nostri cuori.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura 1
Re 17, 17-24
Dal primo libro dei Re
In quei
giorni, il figlio della padrona di casa, [la vedova di Sarepta
di Sidòne,] si ammalò. La sua malattia si aggravò
tanto che egli cessò di respirare. Allora lei disse a Elìa:
«Che cosa c’è fra me e te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il
ricordo della mia colpa e per far morire mio figlio?».
Elia le
disse: «Dammi tuo figlio». Glielo prese dal seno, lo portò nella stanza
superiore, dove abitava, e lo stese sul letto. Quindi invocò il Signore:
«Signore, mio Dio, vuoi fare del male anche a questa vedova che mi ospita,
tanto da farle morire il figlio?». Si distese tre volte sul bambino e invocò il
Signore: «Signore, mio Dio, la vita di questo bambino torni nel suo corpo».
Il Signore
ascoltò la voce di Elìa; la vita del bambino tornò
nel suo corpo e quegli riprese a vivere. Elìa prese
il bambino, lo portò giù nella casa dalla stanza superiore e lo consegnò alla
madre. Elìa disse: «Guarda! Tuo figlio vive». La
donna disse a Elìa: «Ora so veramente che tu sei uomo
di Dio e che la parola del Signore nella tua bocca è verità».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 29
Ti esalterò, Signore, perché mi hai
risollevato.
Ti esalterò,
Signore, perché mi hai risollevato,
non hai
permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai
fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto
rivivere perché non scendessi nella fossa.
Cantate inni
al Signore, o suoi fedeli,
della sua
santità celebrate il ricordo,
perché la
sua collera dura un istante,
la sua bontà
per tutta la vita.
Alla sera
ospite è il pianto
e al mattino
la gioia.
Ascolta,
Signore, abbi pietà di me,
Signore,
vieni in mio aiuto!
Hai mutato
il mio lamento in danza,
Signore, mio
Dio, ti renderò grazie per sempre.
Seconda Lettura
Gal 1, 11-19
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Gàlati
Vi dichiaro,
fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti
io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù
Cristo.
Voi avete
certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo:
perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel
giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero
nel sostenere le tradizioni dei padri.
Ma quando
Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si
compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle
genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme
da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a
Damasco.
In seguito,
tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa
e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro,
se non Giacomo, il fratello del Signore.
Vangelo Lc 7, 11-17
Dal vangelo secondo Luca
In quel
tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con
lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu
vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico
figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola,
il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!».
Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse:
«Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise
seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono
presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra
noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo».
Questa fama
di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.