Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Tempo
di Natale
Battesimo del
Signore
(13 gennaio
2013)
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Is
40,1-5.9-11; Sal 103; Tt 2,11-14; 3,4-7; Lc 3,15-16.21-22
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Con la festa
del battesimo di Gesù si chiude il ciclo natalizio. L’Avvento si era aperto con
l’invocazione del profeta: “Se tu
squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19). I
cieli si sono effettivamente squarciati lasciando ‘piovere il Giusto’, come
oggi la scena del Battesimo di Gesù fa
intravedere: “il cielo si aprì e discese
sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una
voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio
compiacimento»”. I cieli che si aprono non preludono ad una visione del
mondo celeste, ma alla discesa sulla terra dei beni divini, beni che dovevano
caratterizzare il popolo di Dio dell’era messianica, dei quali il principale è
proprio lo Spirito Santo, effuso su tutti, attraverso quel Figlio che lo
possiede in pienezza.
Il
simbolismo della colomba sembra alludere al carattere escatologico della
visione che indica in Gesù il Messia e il punto di partenza della comunità
messianica. Ricorda la colomba del Cantico dei Cantici, sposa di Yahvé e Giovanni Battista potrà poi esclamare: “Lo sposo è colui al quale appartiene la
sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla
voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece,
diminuire” (Gv 3,29). Se nel racconto di Luca
sembra che Gesù solo veda in visione la colomba, in quello di Giovanni anche il
Battista vede lo Spirito discendere su Gesù sotto forma di colomba e comprende
che Gesù aveva la missione di far apparire la colomba, cioè il nuovo popolo di
Dio animato dallo Spirito Santo.
Il primo
gesto di Gesù, nel dare inizio alla sua missione, è quello di stare solidale
con i peccatori. Lui, l’Innocente, l’Agnello che toglie i peccati del mondo, è
in fila con i peccatori per ricevere il battesimo di penitenza di Giovanni. Non
ha bisogno del battesimo, eppure viene a farsi battezzare. Perché? Viene per
celebrare il suo sposalizio: nella
sua umanità oramai è lavata tutta l’umanità, che può stare unita a lui e
godere, come lui, di quello Spirito che come colomba si posa sul suo capo, capo
del suo corpo che siamo noi. Nessuno può ancora vedere lo Spirito però; solo
Gesù, uscendo dalle acque, lo può vedere perché ne è ripieno ed anche Giovanni,
che con quel battesimo dato a Gesù finisce la sua opera di battezzatore per
lasciare posto a lui, al suo nuovo battesimo nello Spirito. La cosa si farà
evidente a Pentecoste allorquando lo Spirito verrà effuso come lingue di fuoco
sugli apostoli.
La chiesa
prega che il Signore, come ha squarciato i cieli, si degni squarciare i nostri
cuori perché anche a noi appaia, finalmente, in tutta la sua bellezza, il volto
del Figlio di Dio, testimone supremo dell’amore di Dio per gli uomini. E come
dice Paolo a Tito “… nell’attesa della
beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e
salvatore Gesù Cristo”, noi aspettiamo la manifestazione del Signore al
nostro cuore in ogni circostanza della nostra vita, in ogni azione e non soltanto
alla fine della vita. Come se pregassimo: “fa’ che possiamo vedere il volto del
tuo Figlio, fa’ che il nostro cuore sia rapito dalla sua bellezza, apri il
nostro cuore alle sue parole perché venga rivelato al nostro cuore il tuo amore
e possiamo venire risanati, facci fare l’esperienza viva del tuo perdono perché
possiamo vivere un corpo solo e un’anima sola con tutti, nel suo Spirito, ormai
popolo nuovo”.
“Tu sei il Figlio mio, l’amato”. Nelle
Scritture si parla del figlio, l’amato, a proposito di Isacco, figlio
di Abramo (Gen 22,2), quando Dio gli chiede la sua
vita e nella parabola dei vignaioli assassini (Mc 12,6) quando il padrone della
vigna pensa di mandare loro il figlio, che poi mettono a morte. Quell’aggettivo
l’amato, se rivela la radicalità della
fede di Abramo, rivela a maggior ragione la radicalità dell’amore di Dio per
l’umanità.
L’aggiunta:
“in te ho posto il mio compiacimento”,
si può tradurre: ‘in te il mio Amore è perfetto’. In te, però, non è più solo rivolto al Figlio nella sua divinità,
ma nella sua umanità: l’amore di Dio e dell’uomo si corrispondono ormai
perfettamente. Oppure, si può anche tradurre: ‘in te la mia volontà si compie,
perfetta’. E la volontà di Dio non è che l’amore per l’uomo e nella vita e
nella persona di Gesù questo amore risplende nella sua radicalità e totalità.
Se noi stiamo in lui, allora anche in noi la volontà del Padre si compirà
perché anche in noi il suo amore risplenderà. É ciò che comporta l’essere nati
dallo Spirito, il vivere mossi e guidati dallo Spirito di cui Gesù è ricolmo e
che ci ha effuso con la sua morte e risurrezione. Proprio come s. Francesco di
Assisi proclamerà della nostra vita in Cristo: “ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del
Signore e la sua santa operazione”.
La figura di
Gesù, nel racconto del battesimo, è definita da tre termini:
figlio/servo/agnello. Il compiacimento del Padre si risolve nel fatto che Gesù
viene a fare la sua volontà, vale a dire fa riferimento all’obbedienza del
servo che accetta fino in fondo il compito affidatogli, ma allude anche
all’intimità ed alla libertà del figlio che condivide intensamente con il Padre
la sua passione d’amore per gli uomini. Per noi accogliere i due riferimenti
contemporaneamente è proprio difficile! Per noi la volontà di Dio non suona
subito come una volontà di Bene, come un Bene che vuole condividere con noi,
come una gioia di Bene che riposa i cuori e di Dio e degli uomini. Ma se
riconosciamo lo splendore dell’amore di Dio che rifulge dal volto di quel
figlio/servo/agnello, potremo anche noi, come lui e in lui, cogliere e compiere
il volere di bene di Dio in favore degli uomini e godere della sua gioia che
consiste nell’unire ‘i figli di Dio dispersi’. Quando il cuore dell’uomo non si
lascia guidare da alcun’altra ragione nel suo agire, saprà che la fraternità
con gli uomini è il supremo desiderio di Dio e il luogo di manifestazione del
suo splendore. Così si compiono i misteri di Dio, così l’uomo torna alle radici
della sua gioia, nel suo Dio. Cose misteriose, certo, ma veritiere e fondanti
il senso stesso del nostro vivere e del nostro desiderare.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Is 40,1-5.9-11
Dal libro del profeta Isaia
«Consolate,
consolate il mio popolo - dice il vostro Dio. - Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta la sua colpa è scontata, perché
ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati».
Una voce
grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la
strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle
siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso
in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme
la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato».
Sali su un
alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu
che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia
alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con
potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e
la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con
il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le
pecore madri».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 103
Benedici il Signore, anima mia.
Sei tanto
grande, Signore, mio Dio!
Sei
rivestito di maestà e di splendore,
avvolto di
luce come di un manto,
tu che
distendi i cieli come una tenda.
Costruisci
sulle acque le tue alte dimore,
fai delle
nubi il tuo carro,
cammini
sulle ali del vento,
fai dei
venti i tuoi messaggeri
e dei
fulmini i tuoi ministri.
Quante sono
le tue opere, Signore!
Le hai fatte
tutte con saggezza;
la terra è
piena delle tue creature.
Ecco il mare
spazioso e vasto:
là rettili e
pesci senza numero,
animali
piccoli e grandi.
Tutti da te
aspettano
che tu dia
loro cibo a tempo opportuno.
Tu lo
provvedi, essi lo raccolgono;
apri la tua
mano, si saziano di beni.
Nascondi il
tuo volto: li assale il terrore;
togli loro
il respiro: muoiono,
e ritornano
nella loro polvere.
Mandi il tuo
spirito, sono creati,
e rinnovi la
faccia della terra.
Seconda Lettura
Tt 2,11-14; 3,4-7
Dalla lettera di san Paolo apostolo
a Tito
Figlio mio,
è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna
a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con
sobrietà, con giustizia e con pietà, nell'attesa della beata speranza e della
manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli
ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un
popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone. Ma quando
apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini,
egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua
misericordia, con un'acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che
Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore
nostro, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella
speranza, eredi della vita eterna.
Vangelo Lc 3,15-16.21-22
Dal vangelo secondo Luca
In quel
tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si
domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti
dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui
non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito
Santo e fuoco».
Ed ecco,
mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il
battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito
Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei
il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».