Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Solennità
e feste
Ss. Trinità
(26 maggio
2013)
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Pro
8, 22-31; Sal
8; Rm 5, 1-5; Gv 16, 12-15
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L’antifona
di ingresso definisce bene la prospettiva nella quale accostare il mistero
della Trinità: “Sia benedetto Dio Padre, e l’unigenito Figlio di Dio, e lo
Spirito Santo: perché grande è il suo amore per noi”. Se possiamo accedere al
mistero di Dio è perché Dio si è rivelato come ‘amore per noi’. È però il Padre
che è indicato come amore, di cui il Figlio è rivelatore e testimone e della
cui vita d’amore lo Spirito è donatore. Gesù, che pur rappresenta per noi
l’espressione stessa dell’amore (“li amò
sino alla fine”, Gv 13,1), non si definisce mai
come amore, termine che invece è riservato al Padre, come la preghiera stessa
della Chiesa sottolinea: “Ti glorifichi, o Dio, la tua Chiesa, contemplando il
mistero della tua sapienza con la quale hai creato e ordinato il mondo; tu che
nel Figlio ci hai riconciliati e nello Spirito ci hai santificati, fa’ che
nella pazienza e nella speranza possiamo giungere alla piena conoscenza di te
che sei amore, verità e vita”, dove amore
fa riferimento al Padre, verità al
Figlio, vita allo Spirito Santo.
Se lo
Spirito è detto 'Consolatore, Spirito di verità', lo è in rapporto alla verità
che è Gesù, cioè farà vedere il vero volto di Dio nella persona di Gesù, rivelatore
del Padre, pieno di amore per gli uomini. Non per nulla Gesù emise lo Spirito dalla croce rivelando
quanto è grande l’amore di Dio per l’uomo e abilitando l’uomo a vivere del suo
stesso Spirito. Lo splendore di quell’amore manifestato da Gesù diventa così,
per la potenza del suo Spirito, radice di vita in coloro che ne accolgono la
testimonianza. Come dice Giovanni nel prologo del suo vangelo: “A quanti però l’hanno accolto, ha dato
potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali,
non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati
generati” (Gv 1,12-13). E quando Gesù dice che lo
Spirito guiderà alla verità tutta intera non allude tanto alla comprensione dei
vari aspetti del mistero di Dio ma piuttosto al fatto che quella verità di
rivelazione del vero volto di Dio, di cui Lui è il Testimone, risplenda in
tutto il suo splendore, che quella verità conquisti i cuori interamente, che
quella verità convinca i cuori della grandezza dell’amore di Dio, che
l’esperienza di quell’amore ci sveli i suoi segreti.
Segreti, che
attingono all’origine stessa della creazione, di cui costituiscono il
fondamento e lo scopo, come la lettura del capitolo 8 del libro dei Proverbi
suggerisce. Un’espressione è particolarmente suggestiva: “… io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le
mie delizie tra i figli dell’uomo”. Il Padre trovava delizia nel Figlio, la
Sapienza (possiamo rammentare le espressioni evangeliche al battesimo e alla
trasfigurazione di Gesù: ‘questi è il Figlio mio, l’amato’) e il Figlio trovava
delizia nei figli dell’uomo. Come a dire che il colloquio eterno tra il Padre e
il Figlio verte sulla salvezza dell’uomo, per il quale il mondo è creato,
colloquio che lo Spirito svelerà al nostro cuore rendendocene partecipi (anche
a questo allude la promessa di Gesù: lo Spirito vi guiderà alla verità tutta intera…). E la partecipazione avverrà stando sottomessi a
tutti nel nome di Cristo, che rivela l’amore di Dio, perché la sottomissione ha
a che fare con la delizia della
Sapienza che presiede alla creazione per amore dell’uomo.
Se è Gesù
che rivela compiutamente il desiderio di comunione con gli uomini da parte di
Dio e compie il desiderio di comunione con Dio da parte degli uomini, allora ne
deriva che la fonte della nostra dignità procede proprio dal fatto che Dio ha
reso l’uomo degno dei suoi misteri. Il salmo 8 proclama: “Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo,
perché te ne curi?”. In cosa consiste la cura di Dio per l’uomo? Nel passo
parallelo del salmo 144, v. 3, le antiche versioni greca e latina riportano: ‘Signore, che cos’è l’uomo, perché ti sia a
lui fatto conoscere?’ (Domine, quid est homo,
quoniam innotuisti ei?).
La tradizione ha colto bene in cosa consiste la cura di Dio per l’uomo: Dio
l’ha elevato alla sua conoscenza. Lo ricorda l’antifona alla comunione: “Voi
siete figli di Dio: egli ha mandato nei vostri cuori lo Spirito del Figlio suo,
che grida: ‘Abbà, Padre’ ”. Non viene detto in
generale: siamo tutti figli di Dio. Lo si proclama in senso ‘speciale’, secondo
il significato del vangelo di Giovanni: A
quanti però l' hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio.
Allude all’essere trovati in Cristo; allude a coloro che sono stati resi
partecipi della delizia della
Sapienza. E se tutti gli uomini sono figli di Dio lo sono in quanto tutti sono
chiamati alla stessa esperienza, tutti sono destinatari della stessa offerta,
tutti portano la ‘vocazione all’umanità’ secondo quel Figlio di Dio, che riceve
tutte le compiacenze del Padre perché in Lui tutti siano riuniti nella stessa
delizia.
Quando la
preghiera iniziale definisce Dio come ‘amore, verità e vita’, allude certamente
al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, di cui preghiamo di avere piena
conoscenza, nella pazienza e nella speranza. Ma tutto procede dalla verità del
Figlio che, dandoci il Suo Spirito, che è vita (cioè ci comunica quell’amore
che non è più rapibile da niente e da nessuno), ci fa conoscere l’amore del
Padre. Da parte nostra tutto procede dall’accoglienza del Figlio, perché il
Padre che desideriamo conoscere è il Suo Padre, e lo possiamo conoscere nel Suo
Spirito. In tal senso la ‘verità tutta intera’ di cui parla Gesù riferendosi
allo Spirito non riguarda tanto la verità nei suoi vari enunciati, ma la verità
come comunione con Cristo. Di quanta ‘pazienza’ e di quale ‘speranza’ necessita
allora l’uomo per realizzare radicalmente e totalmente nella sua vita quella
comunione con Cristo! Ma è a partire da quella comunione che la rivelazione del
Padre, del Figlio e dello Spirito costituirà la delizia del nostro cuore.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Pro
8, 22-31
Dal libro dei Proverbi
Così parla
la Sapienza di Dio:
«Il Signore
mi ha creato come inizio della sua attività,
prima di
ogni sua opera, all'origine.
Dall'eternità
sono stata formata,
fin dal
principio, dagli inizi della terra.
Quando non
esistevano gli abissi, io fui generata,
quando
ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua;
prima che
fossero fissate le basi dei monti,
prima delle
colline, io fui generata,
quando
ancora non aveva fatto la terra e i campi
né le prime
zolle del mondo.
Quando egli
fissava i cieli, io ero là;
quando
tracciava un cerchio sull'abisso,
quando
condensava le nubi in alto,
quando
fissava le sorgenti dell'abisso,
quando
stabiliva al mare i suoi limiti,
così che le
acque non ne oltrepassassero i confini,
quando
disponeva le fondamenta della terra,
io ero con
lui come artefice
ed ero la
sua delizia ogni giorno:
giocavo
davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul
globo terrestre,
ponendo le
mie delizie tra i figli dell'uomo».
Salmo Responsoriale
dal Salmo 8
O Signore nostro Dio, quanto è
mirabile il tuo nome su tutta la terra!
Quando vedo
i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le
stelle che tu hai fissato,
che cosa è
mai l'uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio
dell'uomo, perché te ne curi?
Davvero
l'hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e
di onore lo hai coronato.
Gli hai dato
potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai
posto sotto i suoi piedi.
Tutte le
greggi e gli armenti
e anche le
bestie della campagna,
gli uccelli
del cielo e i pesci del mare,
ogni essere
che percorre le vie dei mari.
Seconda Lettura
Rm 5, 1-5
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Romani
Fratelli,
giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro
Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l'accesso a
questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza
della gloria di Dio.
E non solo:
ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce
pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza.
La speranza
poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per
mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Vangelo Gv 16, 12-15
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il
momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà
lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà
da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.
Tutto quello
che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio
e ve lo annuncerà».