Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Solennità
e feste
Ss. Corpo e Sangue di Cristo
(2 giugno
2013)
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Gn
14, 18-20; Sal
109; 1 Cor 11,
23-26; Lc 9,
11-17
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L’origine di
questa festa, propria dell’Occidente latino, va messa in rapporto con il
possente risveglio della devozione eucaristica che dal secolo XII in poi si
sviluppò, accentuando particolarmente la presenza reale di Cristo nel
sacramento e quindi la sua adorazione. Furono le visioni di Giuliana di Cornillon, monaca agostiniana di Liegi, ad avere un
influsso decisivo nell’introduzione della festività, che per la prima volta si
celebrò nella diocesi di Liegi nel 1247. Urbano IV, già arcidiacono di Liegi e
confessore di Giuliana, la prescrisse per tutta la Chiesa nel 1264. Il simbolo
eucaristico più comune che vediamo sui paramenti sacri, tovaglie d’altare,
ostie, il cosiddetto trigramma del nome di Gesù, IHS, si impone invece con la
predicazione di s. Bernardino da Siena (1380-1444). Poco distante dal nostro
monastero, in una località denominata ‘San Bernardino’, campeggia ancora sul
muro esterno di un cascinale quel simbolo eucaristico: il trigramma in un sole
raggiante di dodici raggi, con la croce ricavata sulla lettera H, segno
evidente dei frutti della predicazione del grande frate francescano senese. Il
trigramma sta per ‘Iesus Hominum
Salvator’ (Gesù Salvatore degli uomini), ma anche per
le prime tre lettere del nome di Gesù in greco.
Non è
possibile cogliere il senso del mistero dell'Eucarestia senza riuscire a
percepire profondamente nel cuore l'eco delle parole di Gesù: “Quanto ho
desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima di patire!” (antif. ora terza). È il desiderio di Dio che va percepito.
Come sempre, in un legame d'amore, ciò che più conta è il desiderio dell'altro
per me. Il desiderio di Dio copre tutto lo spazio del mistero, l'attraversa e
ne segna la dinamica nella quale entrare a far parte. Nell'inno ai vespri si
canta: "Frumento di Cristo noi siamo .... In pane trasformaci, o Padre,
per il sacramento di pace: un Pane, uno Spirito, un Corpo, la Chiesa una-santa, o Signore". E Francesco d'Assisi, nel suo
commento al Padre Nostro, annuncia: "Il
nostro pane quotidiano, il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù
Cristo, dà a noi oggi: in memoria,
comprensione e reverenza dell'amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che
per noi disse, fece e patì".
La colletta
della festa di oggi esprime assai bene il timbro eucaristico di tutta
l’esperienza cristiana: “Dio, Padre buono, che ci raduni in festosa assemblea
per celebrare il sacramento pasquale del Corpo e Sangue del tuo Figlio, donaci
il tuo Spirito, perché nella partecipazione al sommo bene di tutta la Chiesa,
la nostra vita diventi un continuo rendimento di grazie, espressione perfetta
della lode che sale a te da tutto il creato”. Il mistero dell’eucaristia, dal
punto di vista della chiesa che la celebra, si colloca al centro della sua
azione e della sua tensione, della sua origine come del suo destino. Più la
nostra vita diventa un continuo rendimento di grazie, perché trova il suo senso
nella comunione con Dio e con tutti, del cui splendore l’eucaristia è la
celebrazione stessa, più il desiderio di vita che ci abita e ci muove trova il
suo fondamento e la sua realizzazione nella tensione al convito eterno, di cui
l’eucaristia è l’anticipazione.
L’eucaristia
ci implica nella dinamica stessa del Signore Gesù. Poco prima della sua
passione, nel racconto di Giovanni, Gesù è definito come colui che ha il
compito di ‘riunire insieme i figli di
Dio che erano dispersi’ (Gv 11,52), mentre di se
stesso dice: ‘viene il principe del
mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il
Padre’ (Gv 14,30-31). Ma perché il demonio non ha
alcun potere su di lui, se proprio contro di lui esercita tutto il suo potere?
Il demonio non ha potere su Gesù perché in lui non trova nulla che leda o
impedisca l’unità dei figli di Dio dispersi. È questa la volontà del Padre e
Gesù si muove secondo questa volontà: riunire i figli di Dio dispersi,
mostrando quanto è grande l’amore di Dio per gli uomini che li vuole commensali
alla mensa del suo amore, di cui l’eucaristia è il sacramento per eccellenza.
Nel Corpo e
nel Sangue del Cristo, dato per noi, tutte le cose acquistano il sapore di
segni di un’alleanza con Dio, di cui non esiste una migliore, per cui è inutile
sognarne altre di nuove: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue…”. All’uomo non resta che far memoria, evidentemente
non nel senso di ricordare, ma di entrarne a far parte, di condividerne la
potenza, di celebrarla nella vita, così come recita la colletta. Due aspetti mi
sembrano importanti: 1) Se l’alleanza nuova ci è offerta, vuol dire che dipende
dall’iniziativa di Dio e non dal merito nostro. Questo acquieta l’ansia del
cuore che teme sempre di non essere raggiunto, per la sua indegnità, dall’amore
al quale anela e di cui avverte acutamente il bisogno; 2) L’alleanza nel Corpo
e nel Sangue di Cristo, è un ‘memoriale perenne’: non c’è altro evento così
significativo nella storia delle persone e del mondo da desiderarne il
compimento, in cui far risiedere tutte le tensioni del cuore per aver riposo e
pienezza. Il problema, caso mai, è portare la nostra coscienza a percepire
questa realtà, a sentirla, a viverne la potenza: è tutto il cammino di crescita
nella fede sia come singoli che come comunità.
Se ci
accostiamo ora al racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci, segno
dei tempi messianici (siamo nel deserto, luogo di incontro con Dio; è imbandita
la mensa del Signore, dove il cibo offerto da Dio assume il sapore più gradito
al palato di ciascuno; la sovrabbondanza è tale da avanzarne dodici ceste, perché
a tutte le nazioni è destinato quel pane), possiamo cogliere il ruolo della
chiesa, della fraternità, nel ruolo degli apostoli: “Voi stessi date loro da mangiare … e li dava ai discepoli perché li
distribuissero alla folla”. La Tradizione ha visto in questa distribuzione
ad opera dei discepoli il ruolo dei ministri nella chiesa invitati a spiegare
le Scritture come pane spezzato per nutrire l’intelligenza dei fedeli. Ma la
cosa può essere allargata. Ci può essere intelligenza della Parola di vita solo
in questo vicendevole servirsi comandato dal Signore Gesù. È la dimensione
della fraternità che diventa il luogo dell’intelligenza della fede. E ciò che
si partecipa nella condivisione, come ciò che si impara del mistero, è sempre
la stessa cosa: un entrare nella comunione con il Figlio di Dio dato per noi,
un renderci con il Cristo espressione di lode di tutto il creato senza più
divisioni. In realtà è proprio questo l’aspetto più significativo del mistero
dell’Eucaristia: l’Eucaristia fa l’unità, rende corpo unico, rende un cuor solo
e un’anima sola. L’Amen che il fedele risponde al ‘Corpo di Cristo’ detto dal
sacerdote al momento della comunione ha proprio questo significato: sì, credo
di far parte di quel Corpo e mi impegno a vivere in modo che quel Corpo non sia
mai diviso, in modo da non separarmi mai da quel Corpo, in modo da non impedire
a nessuno di vedere la bellezza di quel Corpo, in modo da favorire in ogni modo
la fraternità in Cristo, perché a Dio sia riconosciuta la sua gloria.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Gn 14, 18-20
Dal libro della Gènesi
In quei
giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino:
era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con
queste parole:
«Sia
benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del
cielo e della terra,
e benedetto
sia il Dio altissimo,
che ti ha
messo in mano i tuoi nemici».
E [Abramo]
diede a lui la decima di tutto.
Salmo Responsoriale
dal Salmo 109
Tu sei sacerdote per sempre, Cristo
Signore.
Oracolo del
Signore al mio signore:
«Siedi alla
mia destra
finché io
ponga i tuoi nemici
a sgabello
dei tuoi piedi».
Lo scettro
del tuo potere
stende il
Signore da Sion:
domina in
mezzo ai tuoi nemici!
A te il
principato
nel giorno
della tua potenza
tra santi
splendori;
dal seno
dell'aurora,
come
rugiada, io ti ho generato.
Il Signore
ha giurato e non si pente:
«Tu sei
sacerdote per sempre
al modo di Melchìsedek».
Seconda Lettura
1 Cor 11, 23-26
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Fratelli, io
ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore
Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso
grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo
in memoria di me».
Allo stesso
modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la
Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in
memoria di me».
Ogni volta
infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte
del Signore, finché egli venga.
SEQUENZA
[ Sion, loda
il Salvatore,
la tua
guida, il tuo pastore
con inni e
cantici.
Lauda Sion Salvatorem,
lauda ducem et pastorem,
in hymnis
et canticis.
Impegna
tutto il tuo fervore:
egli supera
ogni lode,
non vi è
canto che sia degno.
Quantum potes,
tantum aude:
quia major omni laude,
nec laudare sufficis,
Pane vivo,
che dà vita:
questo è
tema del tuo canto,
oggetto
della lode.
laudis thema specialis,
panis vivus et vitalis
hodie proponitur.
Veramente fu
donato
agli
apostoli riuniti
in fraterna
e sacra cena.
Quem in sacræ mensæ coenæ,
turbæ fractrum duodenæ
datum non ambigitur.
Lode piena e
risonante,
gioia nobile
e serena
sgorghi oggi
dallo spirito.
Sit laus plena, sit sonora,
sit jucunda, sit
decora
mentis jubilatio.
Questa è la
festa solenne
nella quale
celebriamo
la prima
sacra cena.
Dies enim solemnis agitur,
in qua mensæ
prima recolitur
Hujus institutio.
E il
banchetto del nuovo Re,
nuova,
Pasqua, nuova legge;
e l'antico è
giunto a termine.
In hac mensa novi
Regis,
novum Pascha novæ legis,
phase vetus terminat.
Cede al
nuovo il rito antico,
la realtà
disperde l'ombra:
luce, non
più tenebra.
Vetustatem novitas,
umbram fugat veritas,
noctem lux eliminat.
Cristo
lascia in sua memoria
ciò che ha
fatto nella cena:
noi lo
rinnoviamo,
Quod in coena Christus gessit,
faciendum hoc expressit
in sui memoriam.
Obbedienti
al suo comando,
consacriamo
il pane e il vino,
ostia di
salvezza.
Docti sacris institutis,
panem, vinum in salutis
consecramus
hostiam.
È certezza a
noi cristiani:
si trasforma
il pane in carne,
si fa sangue
il vino.
Dogma datur
christianis,
Quod in carnem
transit panis,
Et vinum in sanguinem.
Tu non vedi,
non comprendi,
ma la fede
ti conferma,
oltre la
natura.
Quod non capis, quod non vides,
animosa firmat fides,
Præter rerum ordinem.
È un segno
ciò che appare:
nasconde nel
mistero
realtà
sublimi.
Sub diversis
speciebus,
signis tantum, et non rebus,
latent res eximiæ.
Mangi carne,
bevi sangue;
ma rimane
Cristo intero
in ciascuna
specie.
Caro cibus,
sanguis potus:
manet tamen Christus totus
sub utraque specie.
Chi ne
mangia non lo spezza,
né separa,
né divide:
intatto lo
riceve.
A sumente non concisus,
non confractus,
non divisus:
integer accipitur.
Siano uno,
siano mille,
ugualmente
lo ricevono:
mai è
consumato.
Sumit unus, sumunt mille:
quantum isti,
tantum ille:
Nec sumptus consumitur.
Vanno i
buoni, vanno gli empi;
ma diversa
ne è la sorte:
vita o morte
provoca.
Sumunt boni, sumunt mali:
sorte tamen inæquali,
vitæ vel interitus.
Vita ai
buoni, morte agli empi:
nella stessa
comunione
ben diverso
è l'esito!
Mors est
malis, vita bonis:
Vide paris
sumptionis
quam sit dispar
exitus.
Quando
spezzi il sacramento
non temere,
ma ricorda:
Cristo è
tanto in ogni parte,
quanto
nell'intero.
Fracto demum sacramento,
ne vacille, sed memento
tantum esse sub fragmento,
È diviso
solo il segno
non si tocca
la sostanza;
nulla è
diminuito
della sua
persona. ]
Quantum tot tegitur.
Nulla rei fit
scissura:
Signi tantum fit fractura,
qua nec status, nec statura
signati minuitur.
Ecco il pane
degli angeli,
pane dei
pellegrini,
vero pane
dei figli:
non dev'essere gettato.
Ecce Panis Angelorum,
factus cibus viatorum:
vere panis flliorum,
non mittendus canibus.
Con i
simboli è annunziato,
in Isacco
dato a morte,
nell'agnello
della Pasqua,
nella manna
data ai padri.
In figuris præsignatur,
cuni Isaac immolatur,
Agnus Paschæ deputatur,
datur manna patribus.
Buon
pastore, vero pane,
o Gesù,
pietà di noi:
nutrici e
difendici,
portaci ai
beni eterni
nella terra
dei viventi.
Bone pastor, panis vere,
Jesu, nostri
miserere:
Tu nos pasce, nos tuere,
tu nos bona fac videre
in terra viventium.
Tu che tutto
sai e puoi,
che ci nutri
sulla terra,
conduci i
tuoi fratelli
alla tavola
del cielo
nella gioia
dei tuoi santi.
Tu qui cuncta seis et vales,
qui nos pascis hic mortales:
Tuos ibi commensales,
coheredes
et sodales
fac
sanctorum civium.
Amen. (Alleluia).
Vangelo Lc 9, 11b-17
Dal vangelo secondo Luca
In quel
tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti
avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si
avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle
campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona
deserta».
Gesù disse
loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che
cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta
questa gente». C'erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse
ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e
li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i
cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la
benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla
folla.
Tutti
mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.