Quarto
ciclo
Anno
liturgico C (2012-2013)
Tempo
di Avvento
3a Domenica
(16 dicembre
2012)
_________________________________________________
Sof 3,14-18a; Is
12,2-6; Fil
4,4-7; Lc
3,10-18
_________________________________________________
“Rallegrati,
figlia di Sion, grida di gioia, Israele; esulta e acclama con tutto il cuore,
figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il
tuo nemico”; “Siate sempre lieti nel
Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il
Signore è vicino!”. Così la liturgia, oggi, accoglie i fedeli: li chiama
alla gioia, insistentemente. Con quali ragioni?
Riferire la
gioia a Dio comporta due significati: Dio è pieno di gioia per noi (= noi siamo
la sua gioia) e Dio è fonte di gioia per noi (= Dio è la nostra gioia). La
colletta fa pregare: “O Dio, fonte della vita e della gioia, rinnovaci con la
potenza del tuo Spirito, perché corriamo sulla via dei tuoi comandamenti, e
portiamo a tutti gli uomini il lieto annunzio del Salvatore”. La potenza dello Spirito è collegata al
mistero della letizia che ci rinnova facendoci ‘correre’, non semplicemente
‘camminare’, sulla via dei comandamenti. Se il cuore non percepisce mai come
Dio non si dia pace finché noi vediamo quanto è contento di poter stare con
noi, come potremo fare esperienza che i suoi comandamenti sono la gioia del
nostro cuore? Il profeta Sofonia lo dice chiaramente:
è Dio ad esultare di gioia per noi. La cosa è tanto singolare che la nostra
psicologia interiore sembra non riuscire a produrre una sensazione del genere.
Eppure, la percezione della gioia di Dio per noi è la radice della nostra
dignità.
Essa è
appunto il frutto della conversione,
vale a dire della impossibilità di negare che Dio viene a noi con gioia, non si
stanca di venire a noi con gioia, gioia che è frutto del suo amore per noi che
conquista il nostro cuore. Quando il Battista riconosce in Gesù l’Inviato di
Dio lo riconosce appunto come riflesso della gioia che quell’incontro gli
procura. Fin dal grembo materno Giovanni ha esultato di gioia alla presenza di
Gesù. Da adulto, ormai al termine del suo cammino, di sé dice: “Ma l’amico dello sposo, che è presente e lo
ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo” (Gv
3,29). Così, quando Luca vuol descrivere la premura di Dio per gli uomini, non
ha di meglio che narrare la parabola del figlio ritrovato, della pecorella e
della dramma ritrovate (Lc 15) dove la rivelazione
del cuore di Dio si fa evidente proprio attraverso la sua gioia per noi. Ciò
vuol dire ancora che la nostra gioia non può derivare dalla nostra innocenza,
perché davanti a Dio suonerebbe solo come una pretesa di giustizia, mentre
deriva dal suo amore per noi.
Il brano del
vangelo odierno termina con l’annotazione: “Con
molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo”. Evangelizzare
comporta l’aprire il cuore alla gioia di una presenza, per la ragione che Paolo
dice ai Filippesi: “Il Signore è vicino”. È una gioia che si tradurrà in un
tratto di dolcezza verso tutti e tutto, tanto da gustare una pace che sovrasta
ogni afflizione e ogni contrasto. Il Battista esorta a fare frutti degni della
conversione e i frutti degni della conversione sono quelli accompagnati dalla
gioia di una Presenza amica. Ogni bene non lambito dalla gioia non è ancora un
frutto degno della conversione. La conversione non vuol semplicemente dire fare
azioni buone a differenza di prima che si facevano azioni cattive; comporta
accedere al fuoco del cuore che dà ragione di quel fare ‘diverso’, che dà senso
all’impegno del bene e che abilita a godere il dono di Dio.
La liturgia
mostra il motivo della gioia nella proclamazione che il Signore è in mezzo a
noi come un salvatore potente, dove potente
significa ‘capace di dare letizia’ e salvatore
‘pieno della gioia che arriva anche a noi’, capaci finalmente di condividerla.
Giovanni chiama Gesù ‘colui che è più forte di me’ e mette in relazione quella
forza allo Spirito Santo nel quale Gesù battezzerà. Come riporterà Luca più
avanti, cap. 11, v. 22, il definire Gesù ‘il più forte’ significa riconoscergli
la dignità di Messia. E la forza del Messia sta nel fatto che fa vedere Dio
presente, che fa vedere il Regno che si compie. Ma il Regno che si compie è proprio
l’amore di Dio che si fa condiviso, apertamente e fraternamente condiviso con
tutti gli uomini, nello Spirito, cioè nella letizia che non viene più tolta. E
la letizia che non viene più tolta (si pensi alla ‘perfetta letizia’ di s.
Francesco di Assisi) è proprio quella che custodisce la gioia di Dio per noi
perché il suo amore ormai risplende senza farsi più turbare o distrarre da
altro. È la letizia come segno del Regno che viene, come l’opera di Dio che si
fa manifesta. I nostri peccati annegano in questa gioia di Dio per noi.
Insieme allo
Spirito Santo viene nominato il fuoco. È l’altra faccia della medaglia:
condividere la gioia di Dio per l’uomo comporta evidentemente il bruciare tutto
quello che a quella gioia si oppone o che quella gioia contraddice. E poi
scopriamo che ciò che contraddice alla gioia di Dio è la chiusura nei confronti
dell’umanità, prima di tutto del nostro Dio, poi nostra e di tutti i suoi
figli, per cui l’indicazione delle varie opere che il Battista indica come
segno dell’incipiente conversione si muove nella prospettiva di una dinamica di
solidarietà con gli uomini. Essere solidali in umanità significa ricreare
quell’ambiente umano che fa concludere a s. Benedetto la sua famosa Regola con
queste parole che si applicano alla vita comune di tutti i credenti in Cristo:
“… c’è anche uno zelo buono, che allontana dai vizi e avvicina a Dio e
all’eterna vita. Questo è lo zelo che i monaci devono coltivare con il più
ardente amore. Essi dunque, si prevengano nello stimarsi a vicenda (Rom 12,10);
sopportino con instancabile pazienza le loro infermità fisiche e morali;
facciano a gara nell’obbedirsi a vicenda; nessuno cerchi il proprio vantaggio,
ma quello degli altri; amino con cuore casto tutti i fratelli; temano Dio con
trasporto d’amore; vogliano bene al loro abate dimostrandogli una carità umile
e sincera; nulla assolutamente antepongano al Cristo; ed egli ci conduca tutti
insieme alla vita eterna”.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Sof 3,14-18a
Dal libro del profeta Sofonìa
Rallegrati,
figlia di Sion,
grida di
gioia, Israele,
esulta e
acclama con tutto il cuore,
figlia di
Gerusalemme!
Il Signore
ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico.
Re d'Israele
è il Signore in mezzo a te,
tu non
temerai più alcuna sventura.
In quel
giorno si dirà a Gerusalemme:
«Non temere,
Sion, non lasciarti cadere le braccia!
Il Signore,
tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente.
Gioirà per
te, ti rinnoverà con il suo amore,
esulterà per
te con grida di gioia».
Salmo Responsoriale
Is 12,2-6
Canta ed esulta, perché grande in
mezzo a te è il Santo d'Israele.
Ecco, Dio è
la mia salvezza;
io avrò
fiducia, non avrò timore,
perché mia
forza e mio canto è il Signore;
egli è stato
la mia salvezza.
Attingerete
acqua con gioia
alle
sorgenti della salvezza.
Rendete
grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate
fra i popoli le sue opere,
fate
ricordare che il suo nome è sublime.
Cantate inni
al Signore, perché ha fatto cose eccelse,
le conosca
tutta la terra.
Canta ed
esulta, tu che abiti in Sion,
perché
grande in mezzo a te è il Santo d'Israele.
Seconda Lettura
Fil 4,4-7
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Filippési
Fratelli,
siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità
sia nota a tutti. Il Signore è vicino!
Non
angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre
richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.
E la pace di
Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti
in Cristo Gesù.
Vangelo Lc 3,10-18
Dal vangelo secondo Luca
In quel
tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?».
Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da
mangiare, faccia altrettanto».
Vennero
anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa
dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato
fissato».
Lo
interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose
loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle
vostre paghe».
Poiché il
popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro
se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo
con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di
slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene
in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo
granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte
altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.