Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
di Pasqua
6a Domenica
(13 maggio
2012)
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At 10,
25-27. 34-35. 44-48; Sal 97; 1Gv 4, 7-10; Gv 15, 9-17
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Commentando
l’immagine della vite e dei tralci Gesù svela il suo segreto. Intesse il suo
discorso su tre come: “Come il Padre ha
amato me… come
io ho osservato i comandamenti del Padre mio… come io
ho amato voi” (vv. 9,10,12). A dire il vero, le
frasi di Gesù suonano piuttosto strane. Non ha molto senso infatti dire che uno
è amico se fa ciò che gli comanda l’altro oppure unire l’amare al fatto di
essere comandati. In questo intensissimo brano, dagli accenti estremamente
confidenziali, si aprono continuamente nuovi livelli di comprensione a seconda
di come le varie espressioni sono tenute insieme. La complessità è intenzionale
perché la densità di ciò che viene rivelato è tale da doverla accostare da più
punti e l’ascoltatore o il lettore è condotto, per accostamenti successivi, a
entrare sempre più nel profondo.
Gesù intesse
il suo discorso su tre ‘come’: “Come il Padre ha amato me… come io ho osservato i comandamenti del Padre
mio… come io vi ho amati” (vv.
9,10,12). Sgombriamo subito il campo da un equivoco. Il ‘come’ non ha valore di
paragone, quasi Gesù volesse additarci lui come esempio in modo da raggiungere
l’uguaglianza di intensità con lui nell’amore. Sarebbe oltremodo presuntuoso
per noi uomini. Non esprime uguaglianza, ma ragion d’essere, identità di
movimento, natura del movimento. Gesù riferisce tutto al Padre, come se
dicesse: tutta la compiacenza che il Padre ha posto su di me (si pensi al
battesimo e alla trasfigurazione) io l’ho posta su di voi. Voi, in me, siete
chiamati a entrare sotto questa compiacenza e a goderne i benefici. Tale
compiacenza dura dall’eternità e lungo tutta la storia.
Che
significato dunque ha quel come? Dice
almeno tre cose:
1) allude
alla radice dall’alto. È Dio che ha dato a noi il suo Figlio, lui ci ha amati
per primo. L’amore scaturisce dal Padre, rivela il suo desiderio di comunione
con gli uomini, di cui Gesù è il Testimone ed il Compimento per eccellenza;
2) si
riferisce ad una specifica dinamica, all’orientamento preciso di un movimento
che caratterizza l’azione di Dio Padre e del suo Figlio nei confronti degli
uomini: il Figlio è stato inviato, ha patito ed è morto e risorto per riunire i
figli di Dio dispersi;
3) rivela
una potenza, quella dello Spirito, che indica non solo la forza dell’amore ma
anche la condizione in cui si dà l’amore, cioè nello Spirito.
L’aspetto di
rivelazione delle parole di Gesù è da cogliere anche nel fatto che tale
dinamica di amore corrisponde all’intima struttura del cuore dell’uomo. Un
uomo, amando così, come Gesù dice, vive secondo la vocazione all’umanità che il
nostro essere uomini e donne comporta. Per questo Gesù potrà dire che la gioia
che tale dinamica ottiene non potrà essere rapita da nessuno perché si situa ad
un livello di profondità dove nessuno ha accesso, nemmeno i demoni e
costituisce l’eredità della vita. E l’uomo scoprirà che le radici di quella
gioia appartengono a Dio, di cui imparerà a condividere i sentimenti.
Sono
delineati come tre livelli concentrici di realtà: tra il Padre e Gesù, tra Gesù
e noi, tra di noi. Il comandamento dell’amore vicendevole pesca nell’intimità
di amore del Padre per il Figlio e del Figlio per noi. Fa da perno la persona
del Figlio, inviato dal Padre, che si dà a noi nel suo amore salvatore. Come
dice Giovanni nella sua prima lettera: “In
questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo
Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui” (1Gv 4,9).
Gesù annuncia la condizione per goderne i benefici: “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho
osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore”. Ma i
comandamenti del Padre sono la salvezza dell’uomo, veicolano la partecipazione
alla sua compiacenza in funzione di una comunione nell’amore e questo è il
senso della nostra storia. Chi non coglie questa dimensione troverà senza senso
o troppo dura la vita perché non riposa in un’intimità (è la sfumatura di
significato del termine ‘rimanere’). Osservare i comandamenti comporta il
vedere l’amore di Dio costituire la radice di vita, comporta l’opzione di
vivere secondo questa radice, fonte della nostra gioia e dignità. Ma questo non
si limita a me solo, come se Dio riempisse il mio bisogno di amore e quindi
potessi starmene sazio. Per questo Gesù subito dopo parla del ‘dare la vita’.
La dinamica dell’amore è tale che si estende a tutti o si perde, nel senso che
non è possibile limitare a qualcuno l’amore e negarlo ad altri. Non sarebbe più
un amore ‘come’ quello di Gesù. E l’estensione a tutti ha una concretezza che
ne qualifica la verità: “Questo è il mio
comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”.
L’amore a tutti comporta il trascinare tutti dentro quell’amore vicendevole che
è tipico dell’esperienza di comunione con Gesù, rivelatore dell’amore del Padre.
Tanto che Gesù può riassumere i comandamenti in uno solo: l’amore vicendevole,
che deriva dall’intimità di vita con il proprio Dio Salvatore. Se alla fine non
si parla più di comandamenti, ma di un solo comandamento, vuol dire che quel
comandamento non solo riassume tutti gli altri, ma di tutti mostra lo scopo
unico, il sigillo di autenticità e di vigore. L’amore vicendevole è
direttamente dipendente dall’esperienza dell’amore salvatore del Signore. Non
si accede all’amore per entusiasmo, ma per intima compassione, goduta e condivisa.
La
partecipazione alla dinamica dell’amore avviene per la conoscenza dei segreti
di Dio che Gesù svela ai suoi discepoli in amicizia. Gesù definisce l’amicizia
come la condivisione dei suoi segreti. Ma nel parlare di Gesù, si conosce solo
dopo aver osservato i comandamenti; eppure, si possono davvero osservare solo
se si diventa amici. Ciò vuol dire che l’amore deriva in primo luogo dall’esperienza
dell’incontro con il Signore, dall’accoglierci perdonati e guariti e non dipende
dalle qualità umane; si alimenta con il rimanere in lui, con il tessere
continuamente le sue parole con i nostri pensieri, con l’affondare i nostri
desideri nella sua promessa di vita per noi. In secondo luogo, l’amore fa
vivere dello stesso desiderio di Dio. In terzo luogo, fa vivere dello e nello
stesso Spirito di Gesù, di cui è detto: “Nessuno
ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”.
Dare la propria vita non comporta tanto il morire per l’altro, ma il mettere a
disposizione la propria vita per l’altro di modo che la propria vita diventi
per l’altro alimento, calore, rifugio, riposo, senza alcun limite, perché si
realizza la promessa: “se uno mi ama,
osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e
prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).
Se davvero
questa è la nostra fede, come non darne annunzio a tutto il mondo, come canta l’antifona
di ingresso: “con voce di giubilo date il grande annunzio, fatelo giungere ai
confini del mondo: il Signore ha liberato il suo popolo”?
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura At
10, 25-27. 34-35. 44-48
Dagli Atti degli Apostoli
Avvenne che,
mentre Pietro stava per entrare [nella casa di Cornelio], questi gli andò
incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò,
dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!».
Poi prese la
parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di
persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione
appartenga».
Pietro stava
ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro
che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro,
si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo;
li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio.
Allora
Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che
hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati
nel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 97
Il Signore ha rivelato ai popoli la
sua giustizia.
Cantate al
Signore un canto nuovo,
perché ha
compiuto meraviglie.
Gli ha dato
vittoria la sua destra
e il suo
braccio santo.
Il Signore
ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi
delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è
ricordato del suo amore,
della sua
fedeltà alla casa d’Israele.
Tutti i
confini della terra hanno veduto
la vittoria
del nostro Dio.
Acclami il
Signore tutta la terra,
gridate,
esultate, cantate inni!
Seconda Lettura
1 Gv 4, 7-10
Dalla prima lettera di san Giovanni
apostolo
Carissimi,
amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato
da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.
In questo si
è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio
unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo
sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha
mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Vangelo Gv 15, 9-17
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho
amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti,
rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e
rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e
la vostra gioia sia piena.
Questo è il
mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno
ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi
siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi,
perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici,
perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi
avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e
portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete
al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni
gli altri».